lunedì 6 giugno 2011

Brazil

uruguay-nazi

 

Era trascorso poco più di un mese dall'attacco giapponese a Pearl Harbour, quando il presidente degli Stati Uniti, Franklin Roosvelt, convocò una riunione, a Rio de Janeiro, di tutti governi del continente americano, al fine di mettere a punto la rottura unilaterale delle relazioni con l'Asse Roma-Berlino-Tokio. Questo, dal momento che Uruguay, Argentina, Brasile e Cile non l'avevano ancora fatto, ed i nordamericani erano preoccupati a causa delle velleità filo-naziste del presidente brasiliano, Getulio Vargas.
Tanto che il suo ministro della guerra, Eurico Gaspar Dutra, aveva festeggiato la caduta di Parigi e il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, il generale Goes Monteiro, avrebbe trascorso i suoi ultimi anni con la certezza della vittoria nazista e con la Gran Croce dell'Aquila tedesca appuntata sull'uniforme.
Gli Stati Uniti non riuscivano a dormire tranquilli per tre motivi: la possibilità di un attacco tedesco sulla costa brasiliana, un colpo di stato filo-nazista in Argentina e un'insurrezione delle comunità tedesca ed italiana nel sud del Brasile. Di fronte a questa ipotetica catena di eventi fatali, il governo degli Stati Uniti aveva messo a punto il piano "Pentola dell'Oro", che prevedeva l'occupazione di tutta la costa brasiliana, da Belem a Rio de Janeiro, per mano di un contingente di non meno di 100.000 marines. Il piano venne sospeso, ma ne vennero messi a punto altri, nei quali si pensava di occupare le basi aeree di Belem, Natal, Recife e Salvador, riducendo ad una cifra che variava da 15.000 a 65.000, il numero dei marines coinvolti in queste azioni.
Alla fine, tutti questi piani non vennero attuati, a causa dell'attacco giapponese, e 150 Marines vennero dislocati presso le basi di Belem, Natal e Recife. E, per mezzo di un'offerta di una grossa partita di armi, i brasiliani accettarono, a malincuore, di rompere le relazioni con l'Asse. E così si salvarono ...

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