La sostanza del capitale (2 di 10)
- Il lavoro astratto come metafisica reale sociale ed il limite interno assoluto della valorizzazione -
di Robert Kurz
Prima parte: La qualità storico-sociale negativa dell'astrazione "lavoro".
*** L'Assoluto [Absolutheit] e la relatività nella Storia. Per la critica della riduzione fenomenologica della teoria sociale *** Il concetto filosofico di sostanza e la metafisica reale capitalista *** Il concetto negativo di sostanza del lavoro astratto nella critica dell'economia politica di Marx *** Il concetto positivo di lavoro astratto nell'ontologia del lavoro marxista *** Per la critica del concetto di lavoro in Moishe Postone *** Il lavoro astratto ed il valore come a priori sociale *** Che cosa è astratto e che cosa è reale nel lavoro astratto *** Il tempo storico concreto del capitalismo ***
*** Il concetto filosofico di sostanza e la metafisica reale capitalista ***
Per poter determinare il carattere ideologico del pensiero borghese suppostamente metafisico e, in particolare, il suo risultato pseudo-relativistico, bisogna porre il concetto filosofico di sostanza in relazione con la costituzione capitalista della modernità. Infatti, nella storia della filosofia non esiste un significato generalmente accettato del concetto di sostanza. Nella filosofia antica ed in quella medievale, la sostanza è il nucleo essenziale, in opposizione alle mere qualità (accidenti), è quello che perdura e rimane, ossia, l'identità in opposizione agli "stadi" o sviluppi. In Aristotele, il concetto di sostanza sembra significare materia, nel senso di un substrato delle "cose", che è anche forma, nel senso dell'essenziale delle cose materiali.
Tuttavia, i diversi significati, o piani di significato, della maggior parte dei concetti filosofici pre-moderni della sostanza hanno in comune il fatto che non postulano necessariamente una generalità, o un Assoluto sostanziale astratto, per lo meno nel mondo fisico e sociale conosciuto. Esplicitamente o implicitamente, prevale la supposizione che esistano sostanze qualitativamente diverse che possono stabilire relazioni le une con le altre. Di conseguenza, la stessa sostanza sarebbe in un certo qual modo qualcosa di relativo. Sia per quanto riguarda la forma che il contenuto - per la filosofia antica o per le teologie - le stelle, le pietre, gli alberi, i cani, gli esseri umani, ecc. rappresentano sostanze distinte. E l'identico di una determinata sostanza, per esempio di un individuo umano, può essere rappresentato anche come la totalità delle sue relazioni naturali, sociali, culturali, personali, ecc. nell'unicità individuale della sua struttura. Solo Dio figura come istanza assoluta, generale, "suprema"; ma questa sostanza rimane trascendente al mondo.
Tuttavia, già nelle teorie atomistiche si insinua un momento di assoluto, o di generale ed astratto, con riferimento al mondo terreno e, concretamente, attraverso il modus della riduzione. Per Democrito, per esempio, non "esiste" niente se non il vuoto e i corpi composti di atomi - i più piccoli componenti in gran parte qualitativamente uguali - i quali si distinguono solo per la forma e la dimensione. Questo anticipa la concezione di un'unità assoluta e sostanziale del mondo come principio immanente. Non è un caso che questo riduzionismo fisico si ripeta sistematicamente nella scienza naturale moderna, dove celebra il suo vero trionfo. "L'universo-orologio" meccanico di Newton consiste, come egli stesso scrive nella sua 'Ottica', di "particelle magiche, ferme, rigide, impenetrabili e mobili" le quali, per l'intermediazione di "forze" agiscono esternamente le une sulle altre. In questo Universo omogeneo, Dio è ormai soltanto una specie di orologiaio; però, una volta data la corda, il mondo-sistema meccanico si muove da solo, e l'Illuminismo, alla fine, fa a meno di qualsiasi sostanza creatrice trascendente "suprema e prima".
L'unificazione fisica, che riduce il mondo in componenti o unità morte ed uguali inserite in un continuum di spazio-tempo assoluto ed unificato - nell'antichità soltanto abbozzata - viene, nella modernità, per così dire, radicalizzata e generalizzata come un dogma. In questo caso, il concetto atomista di sostanza si estende oltre che alla natura fisica, a tutte le aree dell'esistenza, per esempio nel concetto di "monadi senza finestre" di Leibniz. A questo corrisponde una concezione della società umana che ormai non parte dalla comunità, quale che sia la sua definizione, ma al contrario parte dalla separazione dei suoi membri, i quali possono soltanto mediarsi gli uni con gli altri, a posteriori ed in maniera esterna-meccanica. Qui, diventa già chiaro che la conoscenza della natura, apparentemente pura, della modernità, ossia, il "costrutto" dell'universo-orologio di Newton, riflette in realtà una determinata relazione sociale, la quale include un paradigma di individui atomistici o astratti - dal momento che tale paradigma contiene, nella sua astrazione apparentemente omogenea della "individualità in generale", una particolarità storicamente ben relativa, segnatamente quella del soggetto maschio bianco occidentale (MBO). Detto ciò, però, non ci troviamo davanti ad una mera idea di attori della conoscenza de "IL" mondo, senza presupposti, ma semmai ci troviamo davanti ad una determinata costituzione storico-sociale, vale a dire, davanti all'incipiente costituzione capitalistica del moderno sistema produttore di merci.
Probabilmente, non si tratta di superare [Überwinden] la metafisica, come sempre si suppone con l'avanzare di questa formazione sociale. Sia la scienza naturale moderna, sia anche la filosofia e la teoria sociale - apologetiche - ad essa legate hanno evidentemente basi metafisiche. Queste basi potevano venire man mano nascoste, per poi essere apparentemente gettate via, dal momento che non rappresentano una metafisica nel senso di una riflessione meramente filosofica o teologica, ma una relazione sociale reale, ossia, una metafisica reale, in una certa maniera incarnata o incorporata nel processo di riproduzione sociale. Nella misura in cui questa metafisica reale si va imponendo storicamente e viene interiorizzata, la sua forma di riflessione filosofica può svanire, una volta che l'apparentemente evidente, assiomatico e quotidiano, non dev'essere più pensato a parte, e non si presenta più come un'essenza distinta.
In un certo senso, forse può essere lecito dire che tutte le costituzioni sociali di feticcio - quindi anche quelle pre-moderne - rappresentano una sorta di metafisica reale, nella misura in cui la rispettiva metafisica non si esaurisce mai in delle mere idee o delle rappresentazioni mentali ma tali costituzioni sociali di feticcio, attraverso questa metafisica, regolano allo stesso tempo la riproduzione sociale reale, le relazioni sociali ed il "processo di metabolismo con la natura" (Marx). Tuttavia, la metafisica reale sociale pre-moderna delle relazioni sociali, delle condizioni di riproduzione e delle strutture di potere, è in un certo qual modo "determinata al di là", è mediata attraverso la proiezione di una sostanza assoluta semplicemente trascendente, di un'essenza divina assoluta ed esterna al mondo, la quale è rappresentata in maniera personalizzata; in particolare, come un sistema di relazioni personali di dipendenza e di obbligo.
Il concetto di "dipendenza personale", tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi, viene profondamente malinteso (anche in Marx, che non se ne occupa a fondo per quanto riguarda le condizioni pre-moderne) quando per "persone" - in questo senso delle costituzioni sociali pre-moderne di feticcio - si intendono "persone naturali", o perfino soggetti-di-interesse secondo l'utilizzo moderno del linguaggio. Sembra così che la struttura "dipendenza personale" configuri una forma di dominio diretta e non mediata, in opposizione a quella moderna, indiretta e mediata. Per la verità, le condizioni pre-moderne sono ugualmente mediate; solo che lo sono in un altro modo, dal momento che in quel caso le stesse persone diventano piani di proiezione e quindi rappresentazioni della trascendenza feticistica. Tali persone trascendentali e tali relazioni di dipendenza personale sono, in questo senso, strettamente separate dalle persone naturali e dalle loro relazioni personali; del resto, questo finisce per creare delle bizzarre contraddizioni fra la personalità trascendentale e la personalità naturale, che non hanno niente da invidiare alle assurdità della moderna socializzazione del valore, come nel caso del concetto dei "due corpi del re" (Ernst H. Kantorowicz, I due corpi del Re, 1957).
Perciò, le persone qui, nel contesto della costituzione feticistica, non si presentano a sé stessi come portatori autonomi di volontà ed azione, ma come rappresentazioni in seno al mondo dell'essenza della sostanza trascendente proiettata. Dal momento che la sostanza rimane trascendente, in quanto non assume una forma terrena immediata (se non nelle rappresentazioni simboliche), essa non può includere totalitariamente il mondo reale. Generalmente, non vi è alcuna generalità sociale astratta, ma esiste semmai una sequenza di più gradi di rappresentazioni personali e di situazioni relazionali a tutti i livelli.
Diverso è il caso della metafisica reale capitalistica della modernità. Qui la trascendenza viene in un certo qual modo superata; la sostanza feticistica proiettata - o l'essenza come Assoluto - diventa immediatamente terrena e sociale, sotto la forma della "valorizzazione del valore" (e, solo in questo senso di una sua immanenza al mondo, "diretta" e non più "determinata da altrove", cioè non più derivata da un principio esterno al mondo). Anche se il momento di trascendenza continua ad esistere, nella misura in cui la figura essenziale del feticismo, il "valore", non costituisce alcuna essenza direttamente fisica o sociale, ma un'astrazione non palpabile, che paradossalmente, per così dire, è incarnata nel "processo di metabolismo con la natura" e nelle relazioni sociali. In questo senso, la relazione sociale così costituita rappresenta un'astrazione reale, e non una proiezione meramente ideologica di idee o (nel senso premoderno) religiosa, mitologica, ecc., né tanto meno rappresenta una mera astrazione nominale.
In un certo senso, la proiezione diventa immediatamente reale, e con questo anche palpabilmente terrena, sebbene continui ad essere mediata, nella misura in cui si manifesta soltanto nelle relazioni sociali e nelle cose reali (merce e denaro), in quanto l'essenza del "valore" come astrazione non può essere immediata, né quindi, tanto meno, palpabile. Il paradosso dell'astrazione reale consiste nel fatto che l'astrazione, in sé non fisica/materiale/corporea - la cosa del pensiero, o per altro, un prodotto socialmente oggettivato del cervello in quanto proiezione feticista - si presenta così come una relazione sociale reale ed ha un'oggettività fisica reale, soprattutto in oggetti che in sé non sono astratti, ma che diventano oggetti realmente astratti in virtù del meccanismo di proiezione sociale.
La "cosa del pensiero", il "prodotto della testa", non devono qui essere malintesi come qualcosa tipo "pensiero proiettato", per esempio nel senso di un "contratto sociale" (primordiale) come quello presente nell'ideologia dell'illuminismo, come problema di volontà, o come ideologia; un meccanismo di proiezione feticistica è al contrario qualcosa di sempre presupposto alla "proiezione", che deve ancora essere decifrato.
In un certo modo si potrebbe quasi parlare di una regressione, dacché il meccanismo di proiezione moderno regredisce ad una sorta di animismo secondario, dove non sono più le persone ad essere trascendentalmente rappresentative, ma sono le cose inanimate a presentarsi come animate, così come lo ha esposto ironicamente Marx nel suo capitolo dedicato al feticcio, tramite l'esempio del tavolo che in quanto merce diventa preda di capricci metafisici. Tuttavia, in questo caso non si tratta più di un'animazione individuale delle cose, bensì di un'animazione riprodotta in maniera identica nella sempre uguale forma del valore e del prezzo, in cui si manifesta la socialità negativa dell'anima della merce, e la relazione sociale come relazione reificata. Quest'animismo secondario non anima soltanto le cose (la natura) ma per così dire cosifica l'anima (la situazione reale umana).
Nella misura in cui la trascendenza della proiezione viene superata - in quanto tale proiezione ora si presenta immediatamente nelle cose stesse e nelle relazioni terrene - essa non può più essere personalizzata, ma deve presentarsi sotto forma cosificata, "oggettivata", regolando in tal modo, sotto tutti gli aspetti, il processo di produzione sociale, la mediazione sociale. Per meglio dire: essa "è" tale mediazione, ed è per questo che non necessita più di un'istanza trascendente esterna al mondo, né di mediatori-persone come rappresentanti di quest'istanza assoluta; alla fine è essa stessa stabilizzata come assoluta. Il valore, la proiezione del feticcio che si presenta come realmente oggettivo nel denaro, si costituisce come Assoluto terreno, sociale, attraverso il movimento di riaccoppiamento del denaro a sé stesso in quanto capitale, in quanto processo di valorizzazione, o "soggetto automatico" (Marx), al quale viene sottomessa tutta la riproduzione sociale e tutta la comprensione del mondo. Qualsiasi coesistenza colorata di situazioni relazionali naturali, culturali e sociali (relazioni) finisce e viene sostituita dalla pretesa di Assoluto del principio essenziale astratto di unico "valore", e dalla sua sostanzialità negativa.
Ideologicamente o "filosoficamente", come forma di riflessione nel processo, o nel senso di un'apologetica al seguito e fiancheggiatrice, il pensiero di questo meccanismo di proiezione dell'astrazione reale ricorre a determinati contenuti significativi del concetto di sostanza religioso e filosofico pre-moderno, che tuttavia si presentano in una configurazione del tutto nuova, corrispondente alla metafisica reale capitalistica. Al posto della divinità trascendente ed assoluta, viene posto il principio essenziale immanente e assoluto del "valore" o del processo di valorizzazione. Tuttavia, dal momento che si tratta della proiezione di un processo di astrazione socialmente oggettivato, questo principio essenziale - sebbene si presenti immediatamente nelle cose e nelle relazioni, essendo quindi immanente - non può avere ancora un'esistenza materiale e sociale di per sé. In quanto tale continua a non essere palpabile, ad essere "intangibile" o "non empirico", nonostante la sua indubitabile immanenza. In questa misura, la riflessione positiva, apologetica, della metafisica reale capitalistica può fare ricorso al filone "idealista" della metafisica religiosa e filosofica primordiale, soprattutto di origine platonica. L'idealismo trascendente delle forme essenziali di Platone e dei suoi seguaci si presenta ora, nella modernità, come idealità immanente del principio essenziale, particolarmente nell'idealismo tedesco.
Tuttavia c'è qui di nuovo una differenza importante nel concetto di questa idealità. In Platone e nei suoi seguaci, si trattava di idealità trascendente delle forme essenziali nella pluralità; di forme ideali delle diverse cose, che nella materia terrena si presentano solo come "ombre". Sotto questo aspetto, l'idealismo formale di Platone rimane pluralista e, quindi, relativista in quanto al concetto tradizionale di sostanza, del quale è parte integrante. "Al di sopra" dell'idealità del mondo plurale delle forme, tuttavia, si erge ancora la sfera del "puro e semplicemente buono", il grado più elevato ed origine di tutto l'Essere, un tutt'uno, che tuttavia è talmente perso nella sua trascendenza, che non si presenta più come tale nell'immanenza.
L'idealità della forma immanente della modernità, al contrario, ormai non conosce più alcun pluralismo di forme, né, di conseguenza, una qualche corrispondente relatività; la forma del valore, o il "soggetto automatico", non tollera nessun altro dio accanto a sé. L'Assoluto trascendente del tutt'uno ideale è disceso in terra come l'Assoluto immanente del principio essenziale "valore". Proprio come in Platone, le cose empiriche terrene non posseggono un'esistenza indipendente, essendo la mera "espressione" dell'idealità della forma; ma si tratta innanzi tutto, e in primo luogo, di un'idealità della forma già non più trascendente, bensì immanente, la quale si manifesta nella socializzazione del valore e, in secondo luogo, di un'idealità della forma ormai non più plurale, bensì monistica, assoluta, totalitaria. Che essa sia la "la forma pura e semplice" kantiana o lo "spirito del mondo" hegeliano", o la "volontà assoluta", ecc., si tratta sempre di un principio di immanenza della forma totale nella sua ultima istanza determinante, rispetto alla quale tutte le cose e tutte le relazioni devono solo essere "forme di apparenza". Il mondo non è costituito dalla razionalità delle diverse entità, ma semmai, monisticamente, da un tutt'uno terreno della valorizzazione del valore.
Si può riconoscere a prima vista che l'universo-orologio fisico di Newton, con i suoi componenti atomistici unitari ed il suo continuum unitario ed assoluto di spazio tempo, corrisponde con sufficiente precisione a questo idealismo della forma, assoluto e totalitario. L'apparente contraddizione fra "idealismo" della forma e "materialismo" del mondo fisico, scompare, non appena entrambi i costrutti vengono decifrati nel loro contesto storico-sociale. Probabilmente, lo stesso vale già per le vecchie forme incipienti di contraddizione tra l'idealismo platonico della forma ed il materialismo atomistico della sostanza, nella misura un cui la filosofia occidentale dell'antichità ormai rappresenta soltanto una riflessione ancora incompiuta nel contesto della relazione non maturata fra la forma merce e la forma pensiero.
Nella modernità si è completata la complementarietà fra questi due costrutti, i quali dal punto di vista storico-sociale corrispondono alla costituzione della formazione sociale "basata sul valore" (Marx) del capitalismo. L'idealismo formale della filosofia moderna (che nelle teorie positiviste esprime soltanto il suo volgare stato di decadenza) può essere decifrato come il principio essenziale del valore, della forma sociale del feticcio paradossalmente secolarizzata; il sostanziale materialismo della fisica meccanicistica, come mondo naturale modellato ed in un certo modo "gestito" da questo dettato della forma, è un mondo fatto di elementi e "forze" meccaniche uguali, che nella sua condizione fisica e biologica si pretende che venga visto degradato ad una mera "forma di apparenza" dell'astrazione reale sociale. L'ambiente culturale ed il mondo della vita odierni della società capitalista, sempre più unificata su scala planetaria, si avvicinano fantasmaticamente al costrutto newtoniano di un Universo meccanico uniforme; per la biosfera planetaria, così come per la cultura umana nel senso più lato, però, questo significa il successivo annichilimento.
Il concetto filosofico classico di sostanza, nella metafisica reale capitalista della modernità, chiaramente si differenzia soltanto in forma (forma ideale immanente-trascendente o "trascendentale", forma del valore) e contenuto (mondo modellato in modo meccanicistico, fisicamente ridotto). Tuttavia, in questa relazione fra la forma ed il contenuto della sostanza reale metafisica manca ancora l'agente sociale di tutta l'organizzazione della metafisica reale, il momento mediatore del movimento. La relazione fra forma del valore e sostanza naturale meccanicisticamente ridotta non può essere statica, ma può essere solamente un processo dinamico, nel quale la natura in sé non ridotta viene realmente ridotta solo dall'astrazione del valore, attraverso la mediazione sociale, per mezzo di una forza sociale specificamente capitalista, nel "processo di metabolismo con la natura".
Questa forza è essa stessa una sostanza materiale, però non naturale, bensì sociale. La sostanza naturale dell'astrazione reale moderna, in quanto astrazione della forma del principio essenziale di "valore", è la materia fisica astratta e meccanicisticamente ridotta; la sostanza sociale di questo principio della forma della metafisica reale è il "lavoro astratto" (Marx). Il "lavoro", come forma di attività e allo stesso tempo come sostanza del capitale, costituisce la forza sociale-materiale ed il processo solo attraverso il quale può affermarsi nel mondo terreno il principio della forma della metafisica reale, con la sua pretesa negativa e distruttiva di Assoluto. Il movimento mediatore del lavoro astratto è l'auto-mediazione della sostanza ed è, di conseguenza, un fine in sé ed una auto-aggregazione nella forma del valore (che si manifesta nella forma del denaro), ed in quanto "alienazione" permanente della materia naturale e delle relazioni sociali, dalla sua costituzione fino alla rispettiva distruzione, trasforma tutto quello che processa in sé stesso in semplici immagini dell'astrazione reale.
Già qui diventa chiaro che il marxismo tradizionale è rimasto completamente ostaggio della metafisica reale della modernità. Il suo "materialismo" - con l'eterna celebrazione della rispettiva corrente nella storia della filosofia occidentale - non rappresenta più altro che la riflessione affermativa di un lato della relazione di valore, o di capitale; soprattutto il materialismo sostanziale della riduzione fisica, in cui il mondo naturale già non appare più modellato dall'astrazione reale capitalista. E' il materialismo dell'annichilimento che sotto la forma della riproduzione feticista sta lacerando e triturando la biosfera terrestre. Di conseguenza, nel pensiero marxista, il materialismo sostanziale fisico positivo di una natura strutturalmente modellata corrisponde al materialismo sostanziale sociale positivo del "lavoro", che è l'agente di tale modellazione. Questo "materialismo" dell'ontologia del lavoro marxista, e della sua concomitante fede meccanicista nella scienza della natura, è ben lungi dal soppiantare l'idealismo formale della tradizione filosofica apparentemente contraria; a somiglianza di quanto accade nel pensiero borghese, e come suo prolungamento modificato, si comporta in maniera meramente complementare rispetto ad esso.
In questo senso, Hegel non è stato rimesso coi piedi per terra e con la testa per aria, ma i piedi continuano a seguire, sotto il comando della testa, il principio essenziale capitalista della forma ideale. Decifrate socialmente, le relazioni di feticcio in quanto "metafisica reale", sono sempre allo stesso tempo "idealismo reale" - portato in auge dall'idealismo reale capitalista del "soggetto automatico", per la prima volta immanente sotto la forma della valorizzazione del valore - del riaccoppiamento cibernetico dell'astrazione reale del valore con sé stessa. Ironicamente, in questo modo, il materialismo reale del lavoro e quello della scienza della natura capitalista non sono altro che la forma dell'apparenza pratica dell'idealismo reale del valore, e non il contrario. L'astrazione reale del valore rappresenta un'aggregazione o una forma di esistenza della pratica dell'astrazione reale del lavoro e viceversa; proprio per questo il lavoro astratto costituisce il modo in cui il principio sociale non-materiale essenziale, come un fantasma, mette le mani sul mondo materiale.
In questo modo, "l'idealismo oggettivo" di Hegel sotto un certo aspetto arriva più vicino alla cosa di quanto faccia il "materialismo oggettivo" del pensiero marxista; ma Hegel pensa l'idealismo reale capitalista in maniera apologetica, come movimento di auto-mediazione positiva dell'essenza dell'astrazione reale, sfuggendo così per principio alla sua qualità negativa, distruttiva ed annichilatrice della vita. Il materialismo marxista, al contrario, compra un biglietto dalla critica (in gran misura ridotta, non andando oltre l'immanenza) di modo che, da parte sua, gli sfugge il carattere di astrazione reale sociale. In quanto astrazione, il valore/lavoro astratto rimane in un certo qual modo una cosa del pensiero, e quindi un'idealità (negativa). Non si tratta, però, di un'idealità soggettiva, soltanto riflessiva, di un'idealità costituita per mezzo di mere astrazioni nominali (linguistiche e mentali), ma di un'idealità oggettivata dai processi storici, "materializzata" attraverso una pratica compulsiva.
Al fine di arrivare ad una piena critica della sostanzialità negativa della relazione di feticcio capitalistica, non è l'idealismo oggettivo di Hegel che va messo sui piedi, ma semmai è la testa dell'astrazione reale che dev'essere ghigliottinata. Solo questa sarebbe una prassi liberatoria e trascendente, per cui si smetterebbe di modellare compulsivamente il mondo sociale e naturale, ma si distruggerebbe il principio essenziale stesso di una tale prassi distruttiva.
- Robert Kurz - pubblicato sulla rivista Exit!, 1/2004 – (2 di 10 – continua…)
fonte: EXIT!
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