TABULA RASA
- Fino a che punto è auspicabile, necessario o lecito criticare l'illuminismo -
di Robert Kurz
La distruzione di chi tutto distrugge
Prendiamo pertanto congedo dall'illusione di voler imputare alla forma del soggetto in quanto tale un qualche potenziale positivo e "redentore". Concentriamoci sull'organizzare, da un lato, il dibattito concreto e mirato al contenuto, intorno alla selezione, l'appropriazione o la negazione dei potenziali, in termini di contenuti, degli artefatti della storia. Questo si riferisce, di già e soprattutto, alla questione delle forze produttive nel senso più ampio, alla relazione specifica tra la forza produttiva e la forza distruttiva nella modernità produttrice di merci. E concentriamoci, simultaneamente, dall'altro lato, sul far avanzare la critica radicale della forma moderna del soggetto e della riproduzione, per fare davvero tabula rasa a questo riguardo. In tal senso bisogna definire la coerenza di un procedimento che voglio chiamare logica della negazione.
Questa logica, in fondo, è molto semplice, ma è oscurata dall'indefinizione della relazione tra forma e contenuto. La società del valore e della dissociazione rappresenta in sé un programma di tabula rasa; essa è in sé una negazione, finendo segnatamente per essere la negazione brutale di tutto il mondo sensibile e sociale. Si tratta unicamente di liberare il mondo da questa diabolica negazione oggettivata. L'emancipazione costituisce sempre la liberazione da qualcosa di negativo, rendendo così in maniera molto determinata, la negazione emancipatrice, una negazione della negazione. In questa misura, quello che è in questione è precisamente fare tabula rasa della logica capitalista della tabula rasa. Non si tratta di nient'altro.
Com'è noto, Kant è stato definito, con un misto di ammirazione e di orrore di anticipazione, come il "distruttore del tutto" filosofico. Questa caratterizzazione può essere benissimo presa alla lettera, poiché il raziocinio di Kant non rappresenta altro che la forma riflessiva pura del soggetto del valore, della dissociazione e dell'illuminismo, e non la sua critica. La critica, se pretende di esser seria, consiste quindi proprio nel radere al suolo lo stesso "distruttore di tutto" e, come conseguenza pratica, a sua volta, la "distruzione di tutta" la società reale.
Ora, è del tutto evidente che la distruzione del distruttore di tutto non può costituire, essa stessa, una distruzione di tutto, dal momento che il distruttore del tutto non è puramente e semplicemente "tutto", sebbene egli (la sua logica) sia proprio la tendenza a diventare tutto e, con ciò, dissolvere il mondo nel vuoto della forma, per distruggerlo nella sua qualità sensibile. La stessa distruzione del distruttore del tutto è identica alla salvezza del "tutto", nella misura in cui possa essere negata la distruzione del tutto illuminista e capitalista. Si tratta di avere la capacità di distacco di fronte alla capacità di distacco capitalista, e allo stesso tempo prendere le distanze ugualmente da una forma reale e radicale. La capacità di distacco capitalista, anteriore e fondata, è un puro potenziale distruttivo, ed elogiarla come positiva e trasformabile significa proprio mancare la distanza decisiva e tradire i veri potenziali. Solamente la negazione emancipatrice della negatività capitalista produce una tale libertà positiva del trattamento adeguato della qualità propria dei contenuti, invece di continuare ad esporre quest'ultimi alla distruzione del tutto, proprio della logica del valore e della dissociazione.
Da qui si rende evidente la sofisticazione e la distorsione dei fatti che fondamentalmente accuserebbero la negazione emancipatrice di non essere in fondo altro che una "distruzione del tutto" - dal momento che vuole distruggere il distruttore del tutto! Che altro può voler dire questa anti-critica se non difendere in maniera indiretta la forma del soggetto o la forma del feticcio in termini generali e, con esse, il distruttore del tutto? L'argomento stranamente associativo procede dall'immaginare il mondo solo nei modi della logica della dissociazione perché, diversamente, tutto finirebbe suppostamente per essere niente, cosa che, tuttavia, ne fa conseguire di voler conservare almeno un momento, proprio di quella logica che realmente converte "tutto" in "niente".
Siamo qui davanti ad una negazione della negazione perfettamente rovesciata - nel caso della negazione quanto meno parziale della negazione emancipatrice - ossia, il tentativo di bloccare i distruttori del distruttore del tutto, al fine di salvare "qualche cosa" di questo distruttore, un qualche "potenziale" che sempre e di nuovo potrebbe solo rivelarsi come momento della distruttiva devastazione del tutto. Una negatività assoluta che si definisce come positiva totalitaria, segnatamente di quel soggetto maschile del valore e della dissociazione cui va dato il colpo di grazia, e nient'altro. E su questo, in ogni caso, non ci può essere alcuna relativizzazione, e quindi non possiamo evitare di prendere una decisione chiara.
- Robert Kurz -
- 9 – continua … -
fonte: EXIT!
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