TABULA RASA
- Fino a che punto è auspicabile, necessario o lecito criticare l'illuminismo -
di Robert Kurz
La rottura ontologica: la defeticizzazione
La controversia intorno ai contenuti riproduttivi, che già in questa fase si manifesta in una discussione virtuale SU un processo di esame, di selezione, di rifiuto o di appropriazione, non può porsi, in base ai suoi oggetti, a livello di una generalizzazione astratta. Gli è che gli oggetti del mondo, gli oggetti della natura e della società, non si incontrano, essi stessi, in uno stato di generalità; questo stato viene sempre imposto loro solamente dalla forma sociale del feticcio. Rispetto al contenuto, esiste solo lo stato definito di quello che è individuale e particolare, ovvero il generale non esiste come qualcosa di astratto, ma solo come generalità interiore in seno ad una determinata area oggettuale; per esempio, la generalità relativa alla relazione col dominio vegetale ed al modo di rapportarsi agli esseri viventi vegetali - un livello in cui esistono determinati punti in comune, ma senza che essi costituiscano, nel reale, una generalità assoluta o astratta. E questo per non parlare di un ordine ancora superiore, come quello che è stato prodotto unicamente dalla forma di feticcio totalitario della socializzazione del valore.
Con ciò viene anche data un'indicazione riguardo quello cui si riferisce il dibattito che va oltre le relazioni di feticcio: precisamente la definizione concreta dei contenuti, la ponderazione ed il processo di ricerca a questo riguardo, e non le definizioni astratte e generali della vita in società, che per allora saranno sparite dal processo di vita reale.
Certamente, la rottura con la forma delle relazioni di feticcio costituisce, in generale, qualcosa di simile ad una rottura ontologica. In tal senso si può dire con Walter Benjamin che quello che è in causa è "far saltare il continuum della storia", anche se ci sono delle riserve riguardo al termine religioso benjaminiano di "messianico". In ogni caso, l'ultima cosa che può essere in causa è la creazione di un "uomo nuovo", per così dire prelevato dalla provetta di una sorta di meta-modernizzazione. L'ideologia dello "uomo nuovo" è una costruzione positiva, una cattiva utopia del come dev'essere l'uomo, per di più con criteri che sono facilmente decifrabili come stimmate della coazione attraverso la forma del valore e della dissociazione e delle loro pretese totalitarie. Il far saltare il continuum delle relazioni di feticcio, al contrario, è in sé puramente negativo; si tratta unicamente di sbarazzarsi di qualcosa, in particolare della forma di coazione di una generalità formale astratta, che viola qualsiasi riferimento ai contenuti.
Questa negatività della liberazione è una liberazione per mezzo di una manipolazione disinvolta della qualità propria dei contenuti di ogni tipo. Nasce così solo attraverso la negazione svolta sotto la cappa positiva di un criterio che, rispetto ai contenuto, giustamente non trasmette una qualche pretesa totalitaria, non edificando in tal senso una qualche muraglia cinese fra passato e futuro. In questi contenuti si iscrivono gli stessi esseri umani, tanto nel loro essere divenuti quanto nel loro divenire, nella loro diversità. Ma rimane la consapevolezza del fatto che le malattie e le sofferenze, seppur possono essere mitigate, non possono essere abolite nella loro totalità; e che la la morte pure può essere rinviata, ma non può essere definitivamente superata. Quello che è in gioco è l'abolizione delle sofferenze inutili prodotte dalla stessa società, il modo adeguato di affrontare i contenuti sia naturali che storico-sociali; e non la positività astratta e distruttiva di un mondo totalmente nuovo come risultato unicamente dell'arroganza dell'imperativo della valorizzazione e della sua forma vuota ed autoreferenziale.
La rottura ontologica, il "far saltare il continuum" della storia precedente, non crea alcun "superuomo" nietzschiano, così freddo, così superiormente inumano e, in ultima analisi, pazzo, e che può rappresentare solamente l'apoteosi del soggetto sottomesso alla logica del valore e della dissociazione. La rottura, nella sua negatività, è molto più modesta, ma proprio per questo possiede una maggior copertura: non contiene altro che la defeticizzazione e, con questa, la deformalizzazione della coscienza sociale. La vecchia forma della generalità astratta non viene sostituita da alcuna forma nuova, né il vecchio principio è rimpiazzato da uno nuovo.
La coscienza sociale deprincipalizzata non è altro che la coscienza, il sapere e la sensibilità dell'homo sapiens esistente, ma senza l'anello di ferro di una relazione di coazione costituita per schiacciargli la testa. Le istituzioni di una società defeticizzata, i "consigli", non eseguono più un principio formale (l'autogestione sulla base della produzione di merci sarebbe una contraddizione in sé) ma negoziano senza previ requisiti formali la diversità qualitativa degli oggetti e della loro riproduzione. L'istanza della forma organizzata dello stare in società degli individui e, con essa, la sintesi della riproduzione, si presenta come una coscienza viva, aperta e non conclusa, con un riferimento libero agli oggetti; e non già come una forma chiusa e morta che pesa sulla coscienza come un incubo. E quest'incubo, dopo il suo attraversamento della storia della modernizzazione, ha finito per rendersi visibile nella sua forma finale di decadenza e, per così dire, "matura" per la sua abolizione. In tal senso, la defeticizzazione significa anche una deritualizzazione della società, dal momento che qualsiasi relazione feticizzata di coazione si accompagna a rigidi rituali, a tutti i livelli in cui l'alienazione si traduce in comportamenti grotteschi, siano essi atti di sottomissione religiosa o sia il rituale oggettivato alla cassa del del supermercato, all'ufficio anagrafe o ad un colloquio per l'assunzione di personale.
- Robert Kurz -
- 6 – continua … -
fonte: EXIT!
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