martedì 16 dicembre 2014

La teoria della padella di teflon

teflon

TABULA RASA
- Fino a che punto è auspicabile, necessario o lecito criticare l'illuminismo -
di Robert Kurz

Gli artefatti della storia
Tuttavia, non intendo negare che la questione della delimitazione della critica del soggetto in sé, a fronte del principio di tabula rasa della logica del valore e della dissociazione, abbia una sua legittimità. Per quanto poco sia accettabile l'atto di "rileggersi dal principio" il vero riferimento alle metafore demolitrici, bisogna anche riconoscere allo stesso tempo che una tale delimitazione ancora non si trova completata con il mero riferimento all'oggetto dell'impeto demolitore, ossia, la forma del soggetto maschile, capitalista e occidentale. L'unica domanda legittima che si riesce ad isolare è la seguente: Qual è la relazione tra la forma del soggetto - e, con essa, quella della rispettiva negazione - ed i contenuti culturali, nel senso più ampio, della storia umana? Questi contenuti, possono essere designati come artefatti della storia, sia moderna che premoderna. Si tratta di prodotti di ogni tipo, intellettuali e materiali, di cosiddette forze produttive, di tecniche culturali nel senso più lato, di "potenziali" che sono stati il risultato della storia del confronto umano e sociale con la materia terrena e con l'esistenza fisica, ma anche con sé stessi, con la forma stessa dello stare in società, così come coi problemi metafisici riguardo la propria provenienza, riguardo la morte, ecc..
Per il momento, bisogna mantenere l'accento sul concetto di contenuto. Si tratta di contenuti (anche le forme artistiche architettoniche ecc. possono qui essere considerate come contenuti) che, pur essendo soggetti ai dettami di una determinazione formale sociale feticistica e, quindi, di una forma di coscienza (la forma del soggetto della modernità), non si riducono ad essa. Fa parte dell'essenza della "storia delle relazioni di feticcio", il fatto che i contenuti non coincidano con la forma, che la forma ed il contenuto entrino in mutua opposizione e che i contenuti finiscano sempre per adattarsi alla forma, come nel letto di Procuste, fino alla loro distruzione.
Questa tensione ed opposizione fra la forma ed il contenuto evidentemente non significa che i contenuti (culturali) di qualsiasi tipo siano sempre di per sé "buoni", o che siano, in rapporto alla coazione formale, da sempre la parte migliore dell'esistenza, autonomi nei confronti della forma e sempre chiaramente separabili da questa. Nonostante tutta la tensione, la forma del feticcio permea, colora e conferisce il suo conio ai contenuti che, da parte loro, non solo possono alterare tale forma, ma possono anche romperla; questo lo si trova illustrato in maniera più chiara nella nota formulazione di Marx - ma applicabile solamente al capitalismo moderno - secondo la quale le "forze produttive" (contenuto) romperebbero le "relazioni di produzione" (forma). Così come con questo non viene determinato (contrariamente alla stessa opinione di Marx) qualsivoglia giudizio di valore di per sé positivo del contenuto, ma solamente la sua forza esplosiva, la stessa cosa è valida in termini generali per la relazione tra i contenuti culturali e le forme sociali in seno a quella che è stata fino ad oggi la "storia delle relazioni di feticcio".
Per esempio, sarà difficile invocare la mutilazione sessuale delle bambine come "contenuto culturale" positivo, e ancor meno come un meraviglioso potenziale di resistenza da parte di una cultura agraria pre-moderna ancora non contaminata dalla relazione di valore, contro le vergogne moderne; visto che, in maniera generale, le relazioni di feticcio più antiche sono altrettanto relazioni di violenza e dominazione, e devono essere perciò negate nella loro forma di coscienza che include dominio, soggezione ed auto-soggezione, con la medesima durezza con cui si nega la forma moderna del soggetto. La critica radicale di questa forma reca in sé la critica radicale di tutte le forme di feticcio preesistenti. Da sempre e fino ad oggi, la relazione asimmetrica tra la forma (forma di coscienza come forma di pensiero e di azione) ed il contenuto ha portato, nella "storia delle relazioni di feticcio", anche a determinazioni distruttive di contenuto, repressive e auto-repressive, senza che per questo ogni e qualsiasi contenuto dovesse essere soggetto a questa, o solo a questa qualità negativa.
Tuttavia, anche i contenuti - le potenziali e positive conquiste culturali di questa storia - che non possono essere puramente e semplicemente negati, recano in sé per sempre le stimmate delle condizione del loro futuro che non può essere rimosso, specialmente in quelle situazioni in cui tali potenzialità vengono necessariamente proiettate su un'umanità liberata dalle strutture feticistiche di coazione. E' in tal senso che dovrà essere intesa, nella prospettiva della critica del valore e della dissociazione e della critica dell'illuminismo, il celebre passo di Walter Benjamin: "Come da sempre è usanza, il bottino viene innalzato nel corteo trionfale. Viene designato con il nome di patrimonio culturale. Rispetto ad esso, il materialista storico dovrà essere un osservatore distaccato. Perché tutto il patrimonio culturale che egli abbraccia con lo sguardo, per lui ha immancabilmente una provenienza cui non riesce a pensare senza orrore, dal momento che la sua esistenza è dovuta non solo agli sforzi dei grandi geni, ma anche alla schiavitù del lavoro anonimo dei loro contemporanei. Niente di quello che assomiglia al patrimonio culturale costituisce un documento della cultura senza essere simultaneamente un documento della barbarie" (Walter Benjamin - Tesi di Filosofia della Storia).
In realtà, questo punto di vista può essere invocato unicamente per il cosiddetto materialismo storico, il quale altro non è se non la proiezione della dialettica specificamente capitalista sulla storia, e la positivizzazione di questa nel continuum di un "progresso" cui presiede una logica di formazione. Dopo la rottura con l'eredità dell'illuminismo, il problema si presenta in maniera totalmente differente. La rottura con la forma del soggetto capitalista implica necessariamente la rottura generale con le relazioni di feticcio in seno alla società. Un'umanità liberata in tal senso si trova di fronte ad un gigantesco deserto di macerie di contenuti passati di ogni tipo, a partire dai quali essa deve creare - sulla spinta della necessità, in parte attraverso l'appropriazione, in parte attraverso il ripudio, e probabilmente accompagnata da un enorme sforzo di "riciclaggio" - un rapporto differente con la natura e con sé stessa.
Il suddetto deserto di macerie non è evidentemente il risultato di un'iconoclastia perpetrata dalla critica dell'illuminismo ma, semmai, dallo stesso illuminismo, dalle forze distruttive del capitalismo e dalla sua furia distruttiva, probabilmente potenziata ancora una volta di più. Il recupero selettivo dei contenuti, d'altra parte, è inevitabile in termini sia logici che pratici; un regresso ad Adamo ed Eva, una tabula rasa della storia, sul piano dei contenuti, sarebbe del tutto impossibile. Anche all'interno delle relazioni di feticcio, nessuna rottura col passato, nemmeno quello illuminista e capitalista, potrebbe spazzare via "tutto" e ricominciare da un tempo zero virtuale, per quanto cieca fosse stata la rabbia con cui si sarebbe compiuta tale rottura; in passato, in realtà, gli artefatti della storia sono sempre stati appropriati, raggruppati e reindirizzati. Nel punto di rottura della storia delle relazioni di feticcio, le cose non si sono svolte in  modo diverso, con l'unica differenza che la stessa questione ora si pone in un quadro mutato e in maniera molto più cosciente.
Del resto, si possono già sviluppare alcuni criteri, a partire da quelli di cui si è detto qui fino a questo punto. Così, l'appropriazione degli artefatti della storia precedente non rimuoverà né nasconderà la provenienza barbara degli stessi, conservandola, nel senso di Benjamin, come "memento" [Eingedenken]. In secondo luogo, quest'appropriazione viene accompagnata da un processo di ripudio, proprio perché non esistono contenuti "innocenti", ed una determinata parte degli stessi si trova, in tal modo, inquinata dalla forma che, così come (e insieme a) la forma, devono essere completamente negati. Ma questo - e così siamo arrivati al terzo punto - dev'essere ancora messo in piatti puliti; perciò non può esistere un qualche modello astratto e generale di selezione, che alla fine non rappresenterebbe, da parte sua, altro che una forma di feticcio. Infine, e in quarto luogo, non può esistere, per questo stesso motivo un qualche preconcetto rispetto ad una divisione dei contenuti in moderni e pre-moderni; e questo non può avvenire, né nel senso che gli artefatti premoderni non possono essere scoperti e non si può attribuire ad essi una forma nuova, e neppure nel senso inverso per cui gli artefatti moderni dovrebbe essere rifiutati in blocco in quanto capitalisti, ossia che dovrebbe essere fatta tabula rasa da questo punto di vista. Insieme alla forma di feticcio, un qualsiasi apriorismo astratto e generale in relazione ai contenuto non avrebbe alcun effetto come criterio.
In questo ambito si possono distinguere tre livelli, o manifestazioni, di artefatti della storia: opere di riflessione intellettuale e, in senso più lato, filosofica (inclusa la riflessione religiosa, politica, ecc.); prodotti artistici di tutti i generi e nelle varie aree e forma (musica, letteratura, pittura, architettura, ecc.); ed infine abbiamo le tecniche culturali e produttive nel senso più ampio.
Mentre non esiste una separazione netta tra questi livelli e manifestazioni, siamo in grado di poter affermare, in relazione alle opere intellettuali ed artistiche, che esse sono impossibili da riprodurre, nel senso più stretto della creazione di contenuti (contrariamente alla loro riproduzione meramente tecnica); si tratta di monumenti. Già non siamo più capaci di pensare come Aristotele o Sant'Agostino, e neppure completamente come Marx; ma possiamo leggere le loro opere e conoscere i loro pensieri, seppure da una posizione storica differente. Allo stesso modo, non possiamo produrre musica come quella dei canti gregoriani, come le composizioni di Mozart o di Beethoven, o come la "musica popolare" (anonima) chiamata tradizionale, dal momento che tutti questi stili musicali si trovano associati ad un tempo determinato e al rispettivo relazionarsi con il mondo; ma possiamo suonare queste musiche, ascoltarle e, in un certo modo, goderne, prenderne degli elementi per introdurli in altri contesti ecc.. Le tecniche culturali e produttive, al contrario, a causa della loro stessa natura vengono concepite per essere tecnicamente riproduttive, ma naturalmente anch'esse possono essere sottomesse ad un ulteriore sviluppo (o addirittura abolite).
Cosa ci dice questo in rapporto alla forma di coscienza feticista in generale, e in rapporto alla forma moderna del soggetto in particolare? Tutti questi contenuti ed artefatti sono apparsi nel contesto di una determinata forma di feticcio, ma la loro concordanza con una tale forma non è la stessa, né essi sono necessariamente costituiti in maniera simile. Certamente i prodotti intellettuali sono i primi a costituire frequentemente, in maniera del tutto immediata, la forma di feticcio e la relativa affermazione come forma della riflessione. In questo senso si tratta, per così dire, di monumenti negativi. Come tali non possono venire aboliti, dal momento che la loro distruzione, o la "proibizione" di trarre conoscenza da essi, costituirebbe, alla fine, una ricaduta nelle relazioni di coazione feticistica. Oltre le forme di feticcio non può essere più proibito alcun contenuto. La distruzione di questi monumenti negativi del pensiero, da parte sua, consiste nel rifiutarli intellettualmente e praticamente. In questo caso, essi si conservano allo stesso modo in cui i prodotti anti-umani delle architetture autoritarie del passato vengono preservati come una sorta di memorie.
Ora, lo stesso avviene, in maniera molto particolare ed in forma accresciuta, con le opere dell'illuminismo, ed è tanto più così, quanto più chiaramente concordano, o coincidono direttamente, con la costituzione della forma del soggetto capitalista, maschile e dissociatrice. Possiamo leggere Kant con la stessa attitudine con cui visitiamo lo spazio delle convenzioni del partito nazista a Norimberga. Tuttavia, quanto più il pensiero del passato si è concentrato su contenuti culturali, estetici, naturali, ecc., e si è dibattuto circa i problemi corrispondenti, tanto meno esso ha coinciso con la forma di riflessione del soggetto del feticcio e tanto meno è stato influenzato dalla "tabula rasa" della critica del soggetto. Nel pantheon della filosofia illuminista, questo assai spesso non ha portato molto lontano dalle contraddizioni e dalle aporie di tale pensiero che hanno rivelato la sua mancanza di veridicità ed il suo carattere apologetico.
Ma, del resto, dovrebbe esser preso sul serio, e non "saltato", l'enunciato secondo cui "L'epoca dell'illuminismo non si riduce in alcun modo all'illuminismo" (Robert Kurz - Ontologia negativa. Le eminenze brune dell'illuminismo e la metafisica storica della modernità - in Krisis 26/2003 [N.d.T.: di prossima traduzione]); vale a dire, che non si esaurisce nel pensiero illuminista della forma di riflessione della soggettività borghese. Quanto più si allontana lo sguardo dal pantheon degli illuministi, tanto più si manifestano momenti contrari ed antagonisti che non possono essere equiparati alla reazione immanente della controriforma borghese ed al romanticismo. Quel che unisce il pensiero romantico e controriformista allo stesso illuminismo in un'identità negativa e polare, è precisamente il riferimento positivo comune - solamente connotato ed accentuato in forme diverse - alla "forma soggetto" che costituisce un inquinamento comune della forma. Nella misura in cui si tratta di negazione fondamentale di questa forma, il contro-illuminismo non sfugge allo stesso verdetto emesso nei confronti dell'illuminismo, del quale costituisce un mero derivato.
Tuttavia, dappertutto, dovunque il pensiero raggiunge il limite della forma del soggetto maschile e permeata dalla logica della dissociazione in quanto tale, ed ha il coraggio di affrontare i contenuti poco compatibili con tale forma, esso può contenere questo o quell'elemento positivo del quale ovviamente non deve fare "tabula rasa", senza che questo voglia dire che può sostituire la critica del soggetto, oggi necessaria, o che questa possa essere composta a partire da questi elementi. In tal senso, l'investigazione della dissidenza storica (ossia, trasversale all'opposizione apparente borghese ed immanente tra l'illuminismo ed il contro-illuminismo) costituisce un campo importante, in una teoria storica ed in una storiografia critica del valore e della dissociazione, e critica dell'illuminismo, che deve ancora essere messa in evidenza (materiali su questa tematica si possono trovare nelle investigazioni storiche femministe che fino ad ora sono state in gran parte ignorate dalla critica del valore). Ma su di questo non può essere costruita un qualche lignaggio tradizionale ed una galleria degli antenati della critica, ma si possono solo rendere visibili le tracce di una non-concordanza defunta.
In questo modo si possono incontrare, tanto nel pensiero moderno come in quello premoderno - e con ogni probabilità preferibilmente nelle sue ramificazioni collaterali e dissidenti - momenti di riflessione di una storia della sofferenza delle relazioni di feticcio. Questo si applica tanto più ai contenuti artistici, che non coincidono con le riflessioni filosofiche dell'illuminismo nell'affermare la forma di feticcio e che da sempre hanno dato espressione alla sofferenza causata da tale forma; ma non per questo sono state risparmiate in alcun modo dall'inquinamento maschile e sono state permeate dalla logica di dissociazione. Dopo tutto non è stato invano che Adorno ha voluto scoprire nell'arte una possibile roccaforte del possibilmente "non identico", anche se l'arte, come sfera separata del processo di vita residuo della società, in questo suo stato in fondo separato si incontrava già contaminata dalla forma. Anche sotto quest'aspetto bisogna indagare e rivelare le contraddizioni e segnalare la tensione tra il contenuto e la forma del soggetto, senza affermare il contenuto come neutro o come privo di influenze esterne, ed apparentemente innocente.
Rispetto ai riferimenti ai contenuti filosofici ed artistici, a condizione che si tratti di monumenti, la loro esistenza continuata, positiva o negativa, può sembrare relativamente poco problematica. Tuttavia non è la stessa cosa che avviene con quegli artefatti della storia che, sotto forma di tecniche culturali e di produzione, continuano a venire applicate nella pratica o ritornano, nel contesto di un rinnovamento critico, con lo statuto di riscoperte, integrando il processo reale di riproduzione e di vita. Sotto questo punto di vista, si pone il problema della negazione critica dei contenuti, o della loro manutenzione o del loro ulteriore sviluppo in una direzione del tutto diversa.
Da una parte, il riferimento ai contenuti ha qui un significato perfettamente esistenziale ai fini dello sviluppo ulteriore della società, dipendendo dalla decisione che viene presa. Visto che non si tratta di meri monumenti - ma, semmai, e in maniera assai immediata, di questioni pratiche e, anche, della vita - non possono continuare ad essere negative, e possono solo essere abolite nella loro negatività, cioè, cessare di esistere puramente e semplicemente. In caso contrario possono unicamente essere recuperate, in quanto considerate positive o necessarie, aggregate in forme nuove ed ulteriormente sviluppate.
Dall'altra parte, non può avvenire per questo stesso motivo che gli artefatti della storia, nella loro forma in termini di contenuto di tecniche culturali e di produzione, coincidano senza eccezioni con la forma del feticcio, sotto il cui dominio erano stati prodotti. La fabbricazione della birra e la fermentazione del vino sono state inventate da millenni, probabilmente in Mesopotamia, ma noi non siamo obbligati ad avere la forma della coscienza sociale delle antiche culture dell'Asia Minore, né dobbiamo credere nel suo pantheon, per essere capaci di riprodurre tali tecniche per quanto riguarda le loro caratteristiche fondamentali. La stessa cosa si applica ovviamente alla scrittura, così come a molte altre cose. Si leggerà e si scriverà fino alla fine dei giorni. Numerose tecniche culturali e di produzione, conoscenze naturali, matematiche, ecc., sono state trasmesse e sviluppate attraverso forme di feticcio molto diverse, e lo stesso certamente si applica anche ad una società liberata dalle catene della forma del soggetto. Per quanto poco, i contenuti siano indipendenti dalla forma sociale, non è affatto vero che possono essere rappresentati, necessariamente ed assolutamente, solo in quella forma.
Soprattutto in relazione agli artefatti capitalistici, un "programma di abolizioni" dovrebbe certamente abbracciare un ambito assai ampio, dal momento che l'inquinamento capitalista delle cose, per mezzo della forma, ha avuto un progresso sorprendente. Nonostante tutto, anche in relazione agli artefatti capitalistici nel senso più ampio, questo non può significare che bisogna avviare un programma di tabula rasa. C'è tanto poca necessità di abolire la bicicletta e la torcia elettrica insieme alla forma del soggetto maschile del valore e della dissociazione, quanto quella di abolire la chiusura-lampo (o sarà perché i bottoni sono più erotici da aprire?). E perché dovrebbero scomparire il telefono o Internet oppure, in maniera generale, l'uso dell'elettricità? Oppure determinate tecniche mediche, anche se i fondi pensione e gli ospedali hanno finito per essere forme di restrizione e di alienazione? L'abolizione del trasporto individuale, a sua volta, non deve necessariamente significare che nessuno, e in nessun modo, torni ad usare un motore a combustione interna.
Sicuramente, le forze produttive capitalistiche sono aggregate e socializzate in misura molto superiore a tutte quelle precedenti; ogni tecnologia individuale si trova inserita in un più ampio contesto di concatenamento. E, in accordo con l'astrazione del valore, che nega ogni sensualità, questo contesto costituisce allo stesso tempo un sistema di forze distruttive. Tuttavia, questo non può voler dire che si rifiuta di per sé ed in blocco ogni e qualsiasi aggregazione di tecnologie, di abilità e di conoscenze. Così facendo, si andrebbe a configurare una negazione a sua volta totalitaria, secondo il medesimo principio di una logica che pretende di far tabula rasa dei contenuti, senza passare per l'inversione del feticismo ingenuo delle forze produttive del marxismo del movimento operaio. La negazione dei contenuti e degli artefatti non può cominciare in forma aprioristica, indipendentemente dalla definizione di tali contenuti. Anche le aggregazioni e i contesti di concatenamento devono essere rivisti uno ad uno, tenendo conto delle loro specificità, selezionati, raggruppati, in parte negati ed in altra parte ricomposti in maniera diversa.
La critica, o al contrario il recupero, dei contenuti, degli artefatti della storia, può essa stessa sempre solo tornare a riferirsi ai contenuti, ossia, essere specifica rispetto ad essi, dipendente dalle qualità e, per determinati motivi, mai puramente astratta in generale in relazione alla forma del soggetto. La padella di teflon non può essere rifiutata perché è un prodotto collaterale della tecnologia spaziale capitalistica e, quindi, del complesso militare ed industriale e, in forma generale, della forma del soggetto borghese; però dovrebbe essere evidentemente rifiutata se fosse cancerogena. Tuttavia, non se ne può far derivare nessuna teoria, sotto pena di essere solamente la "teoria della padella di teflon", la quale, per mancanza di generalizzabilità, non potrebbe essere una teoria. Anche le aggregazioni dei processi di produzione industriale, delle diverse reti di informazioni e delle tecnologie di gestione non sono di per sé così unidimensionali e monolitiche per cui si possa emettere un verdetto indipendentemente dalla penetrazione, dalla selezione, ecc., dei loro rispettivi contenuti se non sulla base di alcuni enunciati aridi ed aprioristici sulla concatenazione della forma con il contenuto.
Così, il problema in questione può essere, per ora, riassunto nella formula: tabula rasa sì, in particolare della forma del soggetto che si regge sulla logica del valore e della dissociazione (così come della forma di coscienza solo dissociata e, quindi, ridotta e connotata in maniera femminile); tabula rasa, pertanto, della generalità astratta o dell'astrazione reale che viola l'esistenza e, in maniera generale, della forma di relazione di feticcio. Tabula rasa no, al contrario, per quel che concerne i contenuti, gli artefatti della storia. In questo senso non esiste una definizione univoca, ma solo un processo di trasformazione, di selezione, di rifiuto e di ulteriore sviluppo, di penetrazione critica senza positivizzazione o negativizzazione assoluta.
Né possiamo, perciò, rifiutare per principio i contenuti o gli artefatti della storia solo perché sono stati prodotti, in maniera generale, da una forma di coscienza feticista e, nella modernità, dalla forma del soggetto. Né, tuttavia, può essere invece giustificata minimamente la forma del soggetto e, in fin dei conti, "salvata" perché ha eventualmente creato, in maniera generale, contenuti ed artefatti da adottare. Una tale cosa non sarebbe molto più intelligente dell'argomento della coscienza del progresso fordista, secondo il quale i nazisti non potevano poi essere così male visto che avevano costruito l'autostrada; anche se determinati artefatti del capitalismo - contrariamente all'autostrada - possono venire trasformati, in una società post-feticista.

- Robert Kurz  -

- 5 – continua … -

fonte: EXIT!

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