« Cercavo evasione, territori d'avventure: la baraccopoli della Courneuve mi permise di incontrare un domatore d'orsi e la sua famiglia. Intorno a dei pneumatici abbandonati che bruciavano, dei ragazzini irsuti ridevano selvaggiamente di me. Al di là delle baracche tirate su in fretta e furia si stagliavano nel cielo lunghe catene di edifici residenziali. In cambio di qualche abito, venni ammesso nel loro territorio. Le mie prime immagini furono intense, senza miseria alcuna. Quest'esperienza mi ha insegnato molto. Senza saperlo, tracciavo già, e la definivo, una scrittura visuale. Mi inventavo uno sguardo.»
« E poi ci furono gli avvenimenti del maggio 1968. Parigi che scoppietta, che brucia, che urla. Frequentavo il bello, l sublime, il fiammeggiante, la brutalità, la menzogna dei politici. A quel tempo mi resi conto a che cosa fossi destinato: impegnarmi a costruire un lungo murale sull'uomo e sul suo quotidiano. Definire un quadro, uno spazio dentro il quale egli si muove. Tentare di coglierne le armonie segrete.»
« Oggi, la luce delle strade è cambiata: le torri, le catene interminabili di edifici senza sapore, a compartimenti stagni, ruvidi, che diffondono una luminosità fredda, opaca. Doisneau, Ronis, Boubat, Cartier- Bresson ecc ... sono stati gli ultimi testimoni di quella particolare atmosfera degli anni '50. Un sole che si aggrappa ai muri fatiscenti e in rovina e che riluce sui marciapiedi sudici. I ragazzi con le galosce e i pantaloni corti, i portinai loquaci e curiosi davanti alla loro portineria,le campane, sacro Doisneau! Ti abbraccio. Quelle atmosfere domenicali quando le famiglie partivano schiamazzando. Nei quartieri popolari, la miseria era implacabile, ma si sprigionava un'arte di vivere, di aiuto reciproco e la malizia negli sguardi e sacri sogni dentro la testa.»
CLAUDE DITYVON
[1941 - 2008]
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