A partire da Joseph Conrad, Edward Said osserva come, col passare del tempo, ci sia un aspetto che si fa sempre più pronunciato: se, in un primo momento, in Conrad, il viaggio è ancora necessario per poter riuscire ad incontrare l'Altro e la perversione dell'Altro (il Congo di ‘Cuore di Tenebra’, o l'America Latina di ‘Nostromo’), questo genere di necessità va a poco a poco diluendosi in una sorta di attenzione riflessiva, autoimmune verso la perversione dell'Altro che si trasforma in perversione dello Stesso. In ‘Cuore di Tenebra’, nonostante che Kurtz si trovi dall'altra parte del mondo, distante dal cuore dell'Impero, i suoi "eccessi" sono in tutto e per tutto inerenti alla logica dell'Impero. Il vero shock, così, è lo shock interno alla propria civiltà, laddove la ricerca della perversione dell'Altro diventa un'investigazione fatta davanti allo specchio, in un esercizio di sovrapposizione, dove le due parti non sono realmente opposte, ma appartengono alla stesso campo. Al di là del Kurtz di Conrad, in tal senso, ritroviamo la riflessione di Dostoevskij a proposito del "terrorismo interno" dei Demoni, che poi diventa certamente, e non per caso, il contesto riscattato da Coetzee ne "Il Maestro di Pietroburgo".
Nessun commento:
Posta un commento