Chi soggiorna a lungo,in un paese di civiltà non cristiana si rende conto di quanto il cristianesimo abbia influito sul pensiero dell’uomo occidentale, sui suoi punti di vista, sulla sua mistica, sui suoi umori (anche se è ateo, e se si proclama anticristiano). Il nostro sangue è realmente imbevuto di cristianesimo, e non si tratta, come superficialmente si crede, di una questione di fede, di deferenza al dogma, ma di una scala di valori, di un atteggiamento spirituale, di un condizionamento del pensiero di cui non siamo coscienti, ma che possiede una gran forza. Profondamente, inseparabilmente legata al cristianesimo, la nostra cultura è parimenti legata al regime sociale di dominazione di una casta, che è il frutto secolare del cristianesimo. Le nazioni che volessero liberarsi da questo dominio dovrebbero eliminare non soltanto il cristianesimo, ma anche la nostra cultura e tutti gli elementi che la compongono. E' certo che se ne conserveranno anche solo uno, prima o poi diventerà il verme nel frutto, e farà ritornare quel regime che avevano tentato di abolire. Ritengo che per queste nazioni sia molto più pericoloso lasciare che sul loro territorio venga edificato un museo piuttosto che una chiesa. Un tempo erano i gesuiti che aprivano la strada alle navi da guerra, poi ai negrieri e alle banche, ora sono gli organizzatori delle esposizioni d’arte ad assumersi questo compito. D’altronde, essendo la nostra cultura intimamente legata al nostro regime sociale, il pensiero dei nostri intellettuali è influenzato da tutte le mistiche e da tutte le opinioni su cui tale regime si fonda, e questo vale anche per gli intellettuali che pretendono di dissociarsene, che in buona fede ritengono di esserci riusciti. Il condizionamento funziona nei riguardi degli intellettuali che si credono rivoluzionari nella stessa misura in cui il cristianesimo condiziona gli atei, senza che costoro ne siano coscienti.
da - Jean Dubuffet - da "Asfissiante Cultura"*** (pagg. 54-55)
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