Bob Dylan e Van Morrison, a quel tempo, avevano lo stesso impresario, il quale aveva decisa che avrebbero dovuto conoscersi fra di loro, e per questo motivo organizzò una cena in un ristorante di Londra. Sarebbe stata una magnifica opportunità, mettere faccia faccia due simili personalità musicali e studiarne quella che poteva rivelarsi una combinazione esplosiva. Qualcosa di simile allo storico incontro, che avvenne al Majestic, fra James Joyce e Marcel Proust! Chi lo sa, magari ne sarebbe scaturita una splendida e fruttuosa collaborazione! I due arrivarono al ristorante, si sedettero ed ordinarono educatamente da mangiare. I piatti cominciarono ad arrivare, e vennero consumati, in completo silenzio. Non si scambiarono una sola parola per tutta la cena. Quando Dylan ebbe finito il dessert, si alzò e andò via. Van Morrison si rivolse all'impresario: " Era in gran forma, oggi, giusto?"
Tre anni fa, Bob Dylan venne arrestato dalle parti del New Jersey. Solo, sotto la pioggia, un vecchio confuso, il compositore più famoso del pianeta camminava con addosso dei pantaloni di una tuta, un paio di stivali da pioggia e due impermeabili sopra la testa. L'agente di polizia si diresse verso di lui, per identificarlo, e quando cominciò a pensare che quel barbone poteva procurargli gli stessi problemi di un John Rambo, il vecchio protestò di essere Bob Dylan e di stare cercando una casa da comprare. Venne subito caricato sulla macchina della polizia, per controllare se era vero che viveva "nel tour bus vicino ad un grande albergo sulla riva dell'oceano". Un sergente, informato del fatto che Dylan era ospite della polizia, andò a controllare. Lo guardò dall'alto in basso, e sbottò: "Questo non è Bob Dylan". Probabilmente non lo era.
Ma, alla fine, Bob Dylan è solo un nome, un nome inventato. E poi, si è perso il conto degli anni in cui Bob Dylan ha continuato ad essere Bob Dylan. Le celebrità della sua grandezza tendono a campare di meno! Quand'era giovane, ed era già un'icona in vita, i capelli arruffati, i lineamenti infantili e insolenti, sempre barricato dietro gli occhiali da sole e il fumo delle sigarette; quand'era giovane scappava via dai suoi concerti, inseguito da centinaia di persone che volevano toccarlo. La scena che si ripeteva era la solita: Dylan chiuso in macchina, l'aria annoiata, circondato da una moltitudine che credeva di vedere in lui una sorta di coscienza rivoluzionaria. A quei tempi, per John Cordwell, Dylan si era trasformato nell'autore di grido più famoso della storia del rock. E lo aspettava al varco. Durante un giro di concerti, in Inghilterra, Dylan collegò la sua chitarra ad un amplificatore e, così facendo, traumatizzò tutti i puristi del folk. I quali le provarono tutte: da tagliargli i cavi, fino a chiamarlo "traditore". Cercavano di zittirlo. "Siamo venuti per ascoltare un cantante folk e ci ritroviamo un gruppo pop! Dove hai lasciato Woody Guthrie?".
Gli urlavano di tornarsene a casa. "Go home", gridavano. E Dylan rispondeva con "No direction home!". Durante un concerto a Manchester, Cordwell gli urla "Giuda". Dylan si avvicina al microfono e sputa un "Io non ti credo". Poi fa un paio di accordi con la chitarra ed esplode un "Tu sei un bugiardo!" Poi si gira verso la band e grida loro "Suoniamola fottutamente alta!".
C'è una scena in "Don't look back", il documentario girato da Pennebaker durante il tour inglese del 1965, in cui si vedono Bob Dylan e Joan Baez che corrono verso un furgone inseguiti da un centinaio di ragazzi. Dylan entra nel furgone e si siede con le spalle contro il finestrino. La folla circonda la vettura e grida e professa il proprio amore. Dylan guarda nell'obiettivo, un'espressione neutra sulla sua faccia da adolescente inquieto. Gli è rimasta sul viso, ancora oggi.
1 commento:
Quanto amore e quanta rabbia per quello che per me è stato ed è il più grande anche nelle contraddizioni musicali e di vita,ma Dylan è Dylan e quando suono c'è sempre un po' di lui e della sua musica qualunque brano eseguo.
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