La guerra civile spagnola cominciò il 18 luglio 1936, con il colpo di stato guidato dal generale Francisco Franco contro il governo repubblicano. Meno di un anno dopo, il 21 maggio 1937, quasi quattro mila bambini dei Paesi Baschi, nel nord della Spagna, tra cui Juanita, 8 anni e la sorella di 9, partono dal porto di Santurce, nei pressi di Bilbao, diretti a Southampton, in Inghilterra, come rifugiati. La loro storia è forse uno dei capitoli meno noti della guerra.
"Fu mio padre a volere che ce ne andassimo. Pensavo che il viaggio sarebbe stato molto interessante, un'avventura. Ma non fu così" - racconta Juanita Vaquer, che oggi ha quasi 82 anni, seduta nella sua casa a nord di Londra.
Messico, Francia, Belgio ed Unione Sovietica avevano già ricevuto dei rifugiati in fuga dalla fame e dalla violenza, ma fino ad allora, il governo britannico li aveva sempre respinti, con la motivazione che il gesto sarebbe andato contro il patto di non intervento sottoscritto dalle maggiori potenze europee. Ma il 26 aprile, si era verificato un evento destinato a cambiare il modo in cui veniva percepita la guerra di Spagna dall'esterno, e che avrebbe fatto sì che Londra assumesse una posizione leggermente diversa: il bombardamento di Guernica.
Gli aerei della Legione Condor tedesca, al servizio dell'esercito di Franco, rase al suolo la città, di circa cinque mila abitanti, punto di riferimento per la cultura e per la politica basca. L'attacco provocò centinaia di morti, e molti lo considerano uno dei primi bombardamenti indiscriminati di civili nella storia ed una prova prima della seconda guerra mondiale.
"Il governo britannico non ci voleva accettare, poi ci furono i bombardamenti. Dopo di ché accettò i bambini, però senza dare nessun contributo. Tutto doveva essere a cura dei volontari. E insistettero sul fatto che i profughi fossero, in percentuale, rappresentativi del governo basco: molti socialisti, molti nazionalisti e molti anarchici " - racconta Herminio Martinez, 83 anni, che viaggiava insieme al fratello.
La mattina del 21 maggio, i moli del porto di Santurce sembravano un alveare.
Molti libri di storia sulla guerra civile liquidano questo episodio in poche righe. A quei bambini, il viaggio avrebbe cambiato la vita.
L'Havana, una nave in grado di imbarcare, e trasportare, 400 persone salpò con a bordo con più di 4.200 passeggeri, tra bambini, educatori ed altro personale. La "spedizione per l'Inghilterra" - come venne chiamato il viaggio - era iniziata.
"Siamo saliti sulla nave. Era piena di bambini e noi non ne conoscevamo nessuno. Soffrivamo tutti di mal di mare, e una ragazza vicino a noi trascorse la notte urlando che voleva tornare a casa, che andassero a dire al capitano che voleva tornare dai suoi genitori " continua a raccontare Herminio. Dopo due giorni di viaggio, la nave attraccò a Southampton.
"Sul molo ci aspettava l'Esercito della Salvezza, con tanto di banda"
"Siamo stati portati in un campo. E mi ricordo che c'erano degli altoparlanti che continuavano a dire che dovevamo andare in un dato posto a mangiare, e ci dovevamo andare di corse", dice Juanita.
Due mesi più tardi, i bambini erano stati sparpagliati in decine di colonie distribuite per tutto il Regno Unito.
Fedele al suo impegno, il governo non si lasciò coinvolgere nella gestione dei rifugiati, gestione che venne organizzata da gruppi diversi, come i sindacati dei minatori, i quaccheri e numerosi comitati di aiuto.
Leonard Palmer oggi ha 91 anni, e ricorda che accompagnava suo padre, uno di quei volontari, in una colonia vicino alla foresta di Epping, a nord di Londra. "Andavamo in bici fino a Woodberry, al confine con la foresta di Epping e portavamo loro tavolette di cioccolato e sigarette (queste ultime per gli accompagnatori). Avevamo poco, ma loro non avevano niente. Sono contento del tempo che ho trascorso con loro".
Dal momento in cui vengono inviati alle colonie, il destino dei bambini si diversifica. E a partire da quel momento, le loro esperienze in Gran Bretagna sarnno diverse, le une dalle altre.
Herminio comincerà un pellegrinaggio che, alla fine, lo porterà prima a Swansea, nel Galles, e da lì a nord, a Leicester, quindi a Margate, all'estremità orientale ... Un periplo dell'isola che lui definisce "felice".
Juanita, invece, trascorrerà sei anni imprigionata in un convento cattolico, e prova ancora rabbia quando ricorda il suo trattamento ricevuto dalle suore. "Dopo essere stati felici con le nostre famiglie, per noi era una cosa terribile. Si comportarono molto male".
All'inizio, la spedizione in Inghilterra avrebbe dovuto durare solo tre mesi, ma per la maggior parte dei bambini la cosa andò avanti per diversi anni.
Molti vennero richiesti indietro, dalle loro famiglie, e restituiti dopo la fine della guerra di Spagna, nel 1939.
Ma altri, i cui genitori erano morti, o erano stati imprigionati, come nel caso dei genitori di Herminio, oppure esiliati, in questo caso rimasero nel paese che li aveva accolti.
Nel 1945, oltre 200 continuavano a vivere nel Regno Unito. Juanita era fra di loro. Suo padre era morto in guerra. Sua madre si era risposata, ma la situazione familiare non era l'ideale perché lei tornasse. Su consiglio delle autorità basche in esilio, decise di restare in Inghilterra, dove ora
vivono i suoi figli e i suoi nipoti, e molti la credono inglese.
"Solo per tre mesi ... only for three months. Chi avrebbe mai detto che avrei vissuto qui per 75 anni. Per molte notti mi sono chiesta, cosa sarebbe successo se non avessero ucciso mio padre? E se non avessimo lasciato la Spagna?"
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