Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
lunedì 16 aprile 2007
solitudini e fortezze
"Come un fiammifero acceso in una stanza buia.
Due bambine bianche in camicia da notte di flanella e pattini a rotelle in similpelle rossa con stringhe bianche che tracciano cerchi esitanti su un marciapiede blu ardesia pieno di crepe alle sette di una sera di luglio.
Le bimbe sussurravano rime, erano rime sussurrate, con i loro capelli diafani rosa cielo che ondeggiavano come se non fossero mai stati tagliati. I genitori avevano dato loro il permesso di uscire dopo cena, purché in camicia da notte e con i denti lavati, a godersi il crepuscolo estivo rosa-arancio, la luce e l'aria che sovrastavano la via, tutta Gowanus, come il palmo di una mano o l'interno di una conchiglia I portoricani seduti sulle casse del latte davanti alla bodega all'angolo rumoreggiavano, vedendole, incerti sulla vera natura di quell'apparizione. Divaricarono le labbra, mostrandosi l'un l'altro i denti; una smorfia che significava pazienza, silente sopportazione. La via cosparsa di tappi di bottiglia mezzi calcati nell'asfalto rammollito: Yoo-Hoo, Rheingold, Manhattan Special.
Le bambine, Thea e Ana Solver, splendevano come fiamma appena accesa."
Così, l'incipit di "La fortezza della solitudine", capolavoro assoluto scritto nel 2003 da Jonathan Lethem. Un libro doloroso e bellissimo, ricolmo di quella che lo stesso Lethem, altrove, ha definito "rabbia ferita". E magari non parlava di sé. C'è rabbia in Jonathan Lethem, e nei suoi libri. Rabbia a trecentosessanta gradi. Anche se lui la chiama ... delusione. E venerdì, finalmente, ci ho potuto mettere le mani, e buttarci gli occhi, sopra le "Memorie di un'artista della delusione", appena uscito per i tipi di Minimum Fax. E anche qui, come nella "fortezza", il protagonista è un bambino che non vede l'ora di diventare adulto. Più adulto dei genitori. Sì, perché la "rabbia ferita", per l'appunto, attiene soprattutto ai bambini. E al loro voler essere migliori! Una serie di romanzi, in forma di saggio; o un saggio in forma di una serie di piccoli romanzi. Ciascuno sgelga quale Lethem preferisce. Tanto lui ha già scelto. Ha scelto l'amore. L'amore per i libri di Dick, per i film di Cassavetes, per i fumetti di Jack Kirby, per le canzoni dei Talking Heads, e l'amore per New York. Una New York come in un libro, come in un film. Meglio che in un libro, meglio che in un film. Oppure forse quello che ho fra le mani, e che sto leggendo e rileggendo, non è un libro. E' un disco! C'è perfino una "bonus track": su James Brown! Un disco che parla di amore, e di morte. Già, perché sono tutti morti. Dick e Cassavetes, Brown e Kirby. Come è morta l'illusione di Lethem, di poter e dover scrivere tutti i libri che Philip Kindred Dick non fece in tempo a scrivere, finché era vivo. Per il semplice motivo che ciascuno ha fatto nella sua vita, per quanto sia durata, tutto quello che aveva da fare. Non ci sono libri che Dick avrebbe dovuto scrivere, nemmeno quelli che giacciono dentro le carte di Paul Williams, e che ogni tanto fanno gridare il mercato all'inedito. I libri da scrivere, per Lethem, sono i libri che Lethem scrive, e scriverà. Uno in meno da scrivere, ogni volta che lo avrà fatto. Ma per arrivare a questa conclusione. bisogna diventare adulti, fino ad accorgersi che "il fatto di dichiarare uno scrittore, un musicista o un regista il mio preferito, a quanto pare, implicava una specie di patto suicida con il mio entusiasmo."
Johnatan Lethem, nato nel febbraio del 1964, undici anni esatti prima di me, ha scoperto Dick all'età di quindici anni. Anno più anno meno di quando l'ho scoperto io. Era il suo "scrittore preferito" già dieci anni (vent'anni prima, per quanto mi riguarda) prima del suo boom editoriale. La sua "top ten" di Dick non coincide con la mia!
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1 commento:
Estimado Franco:
Te comunico, en carta abierta, por este medio, y para
general conocimiento , que mi manía por el plagio
ha experimentado una recidiva, y que soy, a estas
alturas, ya, multireincidente.
Ahora bien, lo peor de todo es que de nuevo las víctimas
de mi robo (de propiedad intelectual) habéis sido tú
y tu blog.
Anoche copié sin piedad tu post sobre "solitudini
e fortezze".
Lo que pongo en tu conocimiento a los efectos
oportunos.
Para eventuales querellas , te ruego me contactes
privadamente y te facilito el teléfono de mi abogada
( que, como siempre explico, tiene una hija que
alimentar y siempre estoy encantado de darle
tarea ).
Esperando tus acciones al respecto, recibe
un abrazo con el mayor afecto de
Sergio
http://dondesergio.blogia.com
En mi defensa, por ejemplo:
http://www.hipatia.info/index_it.php
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