giovedì 19 aprile 2007

Abbiamo bevuto ...



A volte, ai tempi del vinile, mi è capitato di essere attratto a tal punto da una copertina, da comprarlo, il disco, senza nemmeno sapere di che genere di musica si trattasse! Da quando i cd hanno soppiantato i vecchi 33 giri, è diventato quasi impossibile ripetere simili esperienze, date le dimensioni della copertina. Ma il disco di Gill Landry ce l'ha fatta a sortire questo effetto che credevo oramai dimenticato. Con la sua copertina, in rigoroso bianco e nero, che sembra illustrare un episodio di "Ai confini della realtà, o di "Hitchcock presenta". Con sopra, a colori, degli strani inserti; un prezzo di 25 centesimi, la proclamazione di una notte al chiaro di luna. E gli strilli "pubblicitari": "Tradimento in alto mare", "Brutale omicidio in camera da letto". "Un uomo e una donna - Soli con un pericolo invisibile": è la copertina di una pubblicazione pulp!
E il disco, l'ho divorato, quasi come fosse un antologia di racconti di Cornell Wollrich. Anzi, meglio.
"The Ballad of Lawless Soirez", fin dal titolo del disco, è una sapida miscela dei vari generi che a New Orleans, città natale di Gill Landry, hanno cittadinanza e che qui vengono offerti in varie commistioni, in ciascuna delle dodici canzoni che si dipanano. Un nocciolo folk, costituisce l'anima del disco, che di volta in volta si impreziosisce di altri apporti. Country, Jazz, tex-mex, soul e rhytm and blues. Senza, ovviamente, dimenticare il blues.
"Poor boy" apre il disco, un folk blues "acquitrinoso". Le chitarre eletrriche ballano, tenendosi strette per la mano, insieme ad un organo, che sussurra le sue note in modo sinistro, e ad un violino. La voce ci aggiunge la sua, di disperazione. "The Ballad of Lawless Soirez", la canzone (ascoltatela!!!! su myspace), impreziosita dallo squillo di un paio di trombe mariachi, racconta i pensieri di un vagabondo ormai stanco e della sua nottata di un sabato in una città di frontiera. Una splendida ballata, polverosa e desertica. E ancora, "Dixie", una canzone ubriaca, che prende il nome da una famosa bevanda di New Orleans, giocata tutta, e solo, su chitarra, mandolino e violino. Non romanticizza affatto su come ci si sente...il giorno dopo!

"Abbiamo bevuto al futuro/abbiamo bevuto al passato/abbiamo bevuto ai momenti che sapevamo non sarebbero durati/Piegati sotto il peso delle strade che avevano approfittato della nostra amicizia/Abbiamo preso quei treni come si prende una malattia/con le nostre teste nelle nuvole e i nostri cuori in ginocchio/In cerca di qualcosa che non avremmo mai trovato"

Si torna ai tempi del proibizionismo, con "Loneliness". Quasi sospesa fra soul e rag. E poi al rhythm and blues di "Ugly Town". E ancora, "Desiree", liquida e pianistica. Morbida. Un tessuto perfetto per una canzone che, nel testo, vuole trasmettere disgusto e desiderio, allo stesso tempo.
"Anjolie", chitarre spagnole in bell'evidenza che, d'un tratto, esplodono , sorrette da una tempesta di percussioni, in un tango che fino all'ultimo resta indeciso se essere un ritratto o una caricatura. E ancora avanti e avanti.In "Coal Black Heaven" c'è perfino una viola che suona. Una misteriosa viola che accompagna Landry mentre prega per una salvezza di cui lui è il primo a dubitare! In "Mexico", una chitarra quasi funerea si accompagna ad un clarinetto - come in un classico - ad un ritmo piacevolmente asimmetrico su cui si stendono parole sconnesse.
No, non starò a dirle tutte. Chè vanno bevute, alcune centellinate, altre tracannate, senza risparmio.
Fino all'ultima, "Mutiny" che ci riporta indietro, alla vita di tutti i giorni, e che chiude il disco con le parole: "Don't worry love, everything's gonna be all right."

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