«Che cos'è un grimaldello di fronte a un titolo azionario?
Che cos'è l'effrazione di una banca di fronte alla fondazione della banca stessa?
Che cos'è l'omicidio di un uomo di fronte alla sua assunzione? »
- "L'opera da tre soldi" - Bertolt Brecht -
Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
Mi domando perché, in questa calda estate, debba accadere che il vice-ministro Visco, già ministro delle finanze ed, in quanto tale, autore insieme ai tre sindacati di una riforma che diede luogo alle sedicenti agenzie delle entrate (riforma che in campagna elettorale venne osteggiata da Tremonti, che ne minacciava l'abrogazione e che, invece, una volta nominato, a sua volta, super-ministro dell'economia pensò bene di tenersi). Dicevo, mi domando perché un vice-ministro debba “minacciare” l'attuazione di una “anagrafe tributaria” in possesso di tutti i dati “incrociati” e in grado di fornire una “fotografia” del contribuente, scatenando, da destra a sinistra (con l'eccezione “morbida” di Robecchi, su “il manifesto”) una gara a sposare o a condannare il mesto annuncio. Quando, come dice Robecchi, basta inserire nel posto giusto il codice fiscale (ma basta anche solo il nome ed il cognome) per sapere cosa possiede il “cittadino”(non la stampante, robecchi, che oggi costa meno di una stecca di Gitanes!).
Certo che ad uno come me, che non si pone tanto il problema di essere paranoico quanto se lo sia abbastanza, viene il sospetto, come nel più feroce dei luoghi comuni qualunquisti, se siano ... tutti d'accordo.
A cercare di prenderci per il culo!
Ciascuno con i suoi mezzi: l'inghilterra con gli aereoporti, l'italia con il fisco....
Due guardie mi vennero a prendere a casa
c'era mia madre vestita di nero.
Di corsa le scale coi polsi legati
su un cellulare: una gabbia di ferro.
Gli occhi fissavano nella mia mente
quel pezzo di strada della mia borgata.
Ti senti un oggetto, ti danno del tu
tu non puoi parlare, non puoi pensare.
un numero al posto del nome di sempre,
le impronte invece di firmare.
Non puoi far niente
ascolti e taci
fino a negare te stesso.
Spiare la luce del sole da terra
con gli occhi fissi senza speranza.
nella cella gelata non puoi fare un passo,
ti guardi intorno: niente e nessuno.
E non hai più sole non hai più luna,
solo un pezzo di cielo, solo dei sogni.
Percosse e grida rimbombano sui muri
in un silenzio più vuoto del buio.
Nell'arsa mia gola un grido si ferma,
coscienza che sale di cose mai pensate:
un'ingiustizia,
non puoi accettarla;
voglio la mia libertà.
- Giovanna Marini -
Gli oggetti non sanguinano.
Coloro che pesano del peso morto delle cose, moriranno come delle cose
Come quelle porcellane che i rivoluzionari mandavano in pezzi, al
"sacco Razumovsky".
Venne loro rimproverato! Ed essi risposero - riferisce Victor Serge -
"Noi romperemo tutte le porcellane del mondo per trasformare la vita.
Voi amate troppo le cose e non abbastanza gli uomini...Voi amate
troppo gi uomini come cose e non abbastanza l'uomo".
"La crescita per la crescita è l'ideologia della cellula cancerogena"
- Edward Abbey (1927 - 1989) -
Niente male l'Inghilterra di Blair! Quasi letteraria. Un bell'intreccio fra "1984" di Orwell e "V for Vendetta" di Alan Moore. Fantomatici terroristi che viaggiano imbottiti di nitroglicerina, rischiando di farsi saltare in aria ad ogni pié sospinto ben prima di poter condurre a termine il super-attentato che trabocca da tutti i servizi giornalistici.L'effetto è altrettanto deflagrante, come se fosse davvero avvenuto. Il super-stato di polizia comincia negli aereoporti e il terrore generalizzato è quello che viene orchestrato dagli esperti mediatici americani e inglesi.Niente male il governo Blair. Di sinistra! Come è di sinistra quel sindaco che, a Padova, ha fatto alzare un bel muro intorno ad una zona ritenuta "a rischio".
Il gatto in un appartamento vuoto
Partire - questo a un gatto non si fa.
Perché cosa può fare il gatto
in un appartamento vuoto?
Arrampicarsi sulle pareti.
Strofinarsi tra i mobili.
Qui niente sembra cambiato,
eppure tutto è mutato
Niente sembra spostato,
eppure tutto è fuori posto.
E la sera la lampada non brilla più.
Si sentono passi sulle scale,
ma non sono quelli.
Anche la mano che mette il pesce nel piattino
non è quella di prima.
Qualcosa qui non comincia
alla sua solita ora.
Qualcosa qui non accade
come dovrebbe.
Qui c'era qualcuno, c'era,
poi d'un tratto è scomparso
e si ostina a non esserci.
In ogni armadio si è guardato.
Sui ripiani si è corso.
Sotto il tappeto si è controllato.
Si è perfino infranto il divieto
di sparpagliare le carte.
Che altro si può fare.
Aspettare e dormire.
Che provi solo a tornare,
che si faccia vedere.
Imparerà allora
che con un gatto così non si fa.
Gli si andrà incontro
come se proprio non se ne avesse voglia,
pian pianino,
su zampe molto offese.
E all'inizio niente salti nè squittii.
Wislawa Szymborska
L'avevo visto da ragazzo, non era ancora il 1968, questo film. E l'ho rivisto ieri sera. Non l'avevo mai dimenticato, ricordo che mi colpì allora con la forza di un pugno allo stomaco. L'ho guardato stasera, voracemente, a ricercare il pugno di allora, e l'ho ritrovato. L'ho ritrovato nelle sembianze di Pietro Germi, così simili a quelle di mio padre di allora, e nei percorsi. Ho visto la lunga presentazione de “la valigia dei sogni” su La7, e mai titolo mi è apparso più appropriato mentre mettevo sui piatti della bilancia i miei sogni di allora e i miei sogni di ora. Ho sentito chiudere scusa all'anima di Pietro Germi, per averlo tacciato di anti-comunismo per aver messo in scena ... la classe operaia. La classe operaia, con la sua grandezza. E con la sua miseria. Perché questa era la classe operaia degli anni cinquanta, uscita dalla guerra e dal dopo-guerra. Le battute contro i sindacati e contro i giornali come “L'Unità” bastavano per l'infamante accusa. Anti-comunismo. No, non ne farò questioni patrimoniali, come più volte ha avuto modo di dire il mio amico Oreste. Se lo tengano il “comunismo”. Più del nome conta la sostanza. Conta la “classe”, che non è acqua. E la “classe” è tutto, il fine è nulla. Forse aveva ragione Bernstein!
Delirio e castigo. Il disco è un po' che me lo rigiro fra le mani, e che torno ad ascoltarlo. Poi, ieri, mi è arrivato un sms che annuncia, per oggi 7 luglio, la presentazione ufficiale del lavoro degli Apuamater, insieme a Claudio Lolli. Il cd, un supporto masterizzato e con le note di copertina scritte a mano, Davide me lo ha dato mesi fa, all'Istituto De Martino, durante una splendida serata. E' un “concept disk” dal titolo “Delirio e Castigo”, quello inciso dagli “Apuamater indiesfolk; e di concept disk (che Vonnegut mi perdoni per il punto&virgola!) sono anni che non se ne sentono, ragion per cui non mi riesce di non considerarlo un bel punto a suo favore, questo! Ma, assai più che un “concept”, lo si potrebbe definire un'opera folk! Una cadenza quasi teatrale, e qui le esperienze di Davide, da “il nipote di bakunin”alla rappresentazione fatta in Versilia quest'ultimo fine-settimana, sull'opera di uno scultore anarchico, hanno giocato un loro importante ruolo. Il disco comincia con l'unica canzone che già conoscevo, delle tredici che lo compongono. Si chiama “Arca”. Quasi suddivisa in due parti, passa da una foto impietosa del presente, molto dura anche da un punto di vista “musicale”, alla riappropriazione di un passato non troppo lontano dove la musica e le voci, quasi a sottolinearla la valenza di quel passato, si fanno corali e quasi struggenti. Stranamente, “arca” precede il breve prologo che annuncia il disco e che riazzera il tempo alla metà del diciassettesimo secolo. Poi, da “Albatro”all'ironica (fin dal titolo) “etica del sedentario” si passa – introdotti da un breve ma efficace recitativo – ad un “Amleto” che paga il suo debito al “bombarolo”. Dalla Danimarca a Pietroburgo, lo stesso delitto e lo stesso movente. “Raskolnikoff” viene a render conto del suo delirio/delitto. Niente secondini da imprigionare nell'ora di libertà, la pena in “e qualcuno poi disse...” si sconta in qualcosa che sta a metà fra un manicomio e un centro di disintossicazione, come se la libertà fosse una droga di cui bisogna liberarsi (con un gioco di parole). Il viaggio finisce a “Cadice”, finisterrae, dove una volta si diceva finisse il mondo. Prima di scoprire un nuovo .... oltre. E l'augurio, a Davide Giromini e agli Apuamater, è che possano continuare ad andare sempre oltre. Come stanno facendo.
Non è “facile” Claudio Lolli, nel senso che non sono "facili" le sue canzoni. Non è facile, piùcchealtro perché la musica, spesso, suona come un di più. Moltissime delle sue canzoni sono come se le parole fossero state costrette a seguire una musica inutile, più che brutta. Così si finisce ad ascoltare le parole, quasi in un genere che si potrebbe etichettare come una sorta di rap raffinato!
Ogni tanto, però e per fortuna, viene meno alla sua consegna di “scrittore mancato” riuscendo a regalare un qualcosa di inestimabile, anche se per goderne tocca pagare un piccolo prezzo. Così, ad aver la pazienza di ascoltare tutta una canzone come “Anna di Francia”, si viene premiati! Passati gli oltre due terzi della canzone, a sentirsi raccontare con voce cantilenante, in una serie di diapositive, la storia di Anna - storia magari datata che risale agli anni settanta – ecco che cambia registro e si rimane sorpresi da un Claudio Lolli in grande spolvero capace di mettere in versi ed in musica le più belle parole d'amore che un uomo possa pronunciare, riferendole ad una donna. Forse è per il fatto che adesso si limita a fare dei “reading” con sottofondo musicale, anziché concerti, forse è per questo che, dopo averla stralciata e fatta diventare una canzone a sé stante, nella rilettura fatta insieme a “il parto delle nuvole pesanti” del suo disco sugli “zingari felici”, l'ha abolita dalla versione che dà adesso della canzone. Peccato!