domenica 8 settembre 2019

Superfluo

« [...] e dunque non la riduzione del tempo di lavoro necessario per creare pluslavoro, ma in generale la riduzione del lavoro necessario della società ad un minimo, a cui corrisponde poi la formazione e lo sviluppo artistico, scientifico ecc.» (Marx, "Grundrisse").
Ma, dal momento che sotto il capitalismo non può esserci una riduzione generale completamente commisurata alle capacità produttive esistenti, ecco che la forma comincia ad imporre delle restrizioni relative al contenuto. La differenza tra quel tempo totale di lavoro definito socialmente necessario dal capitalismo, e quello che sarebbe necessario a partire dal livello di produttività, non è altro che quella che Marx chiama tempo di lavoro «superfluo», il quale, applicato alla produzione in generale, costituisce una nuova categoria storica. Fino a che non è stata raggiunta la fase attuale, il tempo di lavoro socialmente necessario, nei suoi due aspetti, ha definito ed ha riempito il tempo delle masse lavoratrici, permettendo a pochi di non lavorare. Ora, a causa dell'enorme potenziale produttivo sviluppato dal capitalismo, il tempo socialmente necessario in quelli che sono entrambi i suoi aspetti può essere talmente drasticamente ridotto da fare emergere per la maggioranza delle persone una nuova categoria storica di tempo «extra». Ma emerge solo come potenziale. Poiché il capitalismo tenta di predeterminarlo (nei propri termini e alle proprie condizioni), tenta di riempirlo come tempo di lavoro diretto, ecco che esso può esistere solo sotto la forma del lavoro «superfluo».
Questo termine riflette la contraddizione: si tratta del tempo, un tempo che, definito a partire dai vecchi rapporti di produzione, rimane come tempo di lavoro; ma una volta giudicato nei termini di quello che è il potenziale creato dalle nuove forze produttive, ecco che è, nella sua antica definizione, superfluo.

(da: Moishe Postone, "Necessità, tempo e lavoro", 1978. In corso di traduzione.)

4 commenti:

Sergio Falcone ha detto...

Per me, i marxisti sono troppo, troppo razionali. E, dopo il fallimento del modello di società che hanno costruito, dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza.
Tutte le cose umane sono fragili, opinabili, discutibili e non costituiscono una verità. La verità, quella vera, dio solo la sa. Ammesso e non concesso che esista una qualche divinità.

BlackBlog francosenia ha detto...

I "marxismi" più o meno tradizionali, Sergio, diversamente da Marx, e in quelle che sono tutte le sue sfaccettature, costituiscono una critica del «modo di distribuzione», e trascurano ogni critica della produzione, tant'è che continuano a ritenere che non ci sia altro modo di produrre ricchezza, con tutto quel che ne consegue, ivi compreso il problema ecologico. Ora non so se tutto questo attenga o meno alla «verità». Ritengo che, piuttosto, abbia a che fare col leggere e col pensare.

F.s.

Sergio Falcone ha detto...

Risposta sibillina.

BlackBlog francosenia ha detto...

Non pensavo che lo fosse!

f.s.