1492: Colombo in America / Muore Piero della Francesca
1493: Nasce Paracelso
1494: Nasce Rabelais / Muoiono Memling e Poliziano
Questa doppia deriva presente nel rinascimento europeo: da un lato, in direzione dell'Antichità; e dall'altro, in direzione del Nuovo Mondo, verso l'insolito, l'esotico. E non bisogna dimenticare come l'uno complementi ed interferisca con l'altro, di modo che l'Antichità viene sempre attraversata dal Nuovo Mondo, e viceversa. Ecco, da qui la saggezza di Aby Warburg che, nel 1923, lo porta a tradurre Atene in Oraibi, modificando il verso del Faust di Goethe ("Da Harz alla Grecia, tutti sono cugini"). Non esiste disciplina o discorso che ignori il Nuovo Mondo, e si riconfigurano termini e procedimenti (come scrive Carlo Ginzburg: «L'incontro con gli indigeni Pueblo aveva permesso a Warburg di analizzare il Rinascimento italiano sotto una prospettiva vigorosa e originalissima, oggi più viva che mai».
Per esempio, è possibile rintracciare questa concatenazione di situazioni perfino nell'opera di Saul Bellow, nel romanzo "Il re della pioggia", del 1959. Bellow mostra la trasformazione che è avvenuta nell'idea di cultura, negli Stati Uniti del dopoguerra: cultura non più come "raffinatezza", bensì come un'organizzazione complessa di modi di vita. Così come in un altro suo racconto, "Cugini" [pubblicato in "Quello col piede in bocca e altri racconti", Mondadori], del 1984, dove il narratore, Ijah Brodsky, trascorre molto tempo impegnato a studiare il materiale etnografico prodotto da Franz Boas, nel 1900, nel corso della Spedizione Jesup North Pacific in Siberia con le tribù Chukchee e Koryak. Del resto, Bellow divenne critico di quello che chiamava "multiculturalismo", sostenendo un conservatorismo culturale alla Harold Bloom. Nel corso di un'intervista avrebbe dichiarato: «Chi è il Tolstoy degli Zulu? Il Proust dei Papuasi? Sarei lieto di poterlo leggere!» (qualcosa del genere di quello che fa pensare al procedimento di Colombo, che voleva trovare nelle Americhe ciò che immaginava si trovasse lì ad aspettarlo). In un'altra nota correlata, possiamo ricordare come Christopher Hitchens (ne "I nuovi comandamenti", Piemme) definisca Bellow come "The Great Assimilator").
«Per un giudizio comparativo delle due culture politiche (quella latino-americana e quella statunitense) nel loro riferirsi alla nazionalità, difficilmente potremmo trovare qualcosa di meglio del "Viaggio negli Stati Uniti nel 1847" di Domingo Faustino Sarmiento (1811-1888), insieme a "Facundo o civilizacion y barbarie" il suo libro più conosciuto. L'interpretazione superficiale di "Facundo" (1845), che rappresenta una terra divisa fra la civiltà incantata delle città e la barbarie imperante nelle campagne, il cui corollario politico è quello del repubblicanesimo contro la tirannia, personificati, rispettivamente, dall'uomo d'affari in giacca e cravatta e dal gaucho, o dal caudillo selvaggio. La visione di Sarmiento, tuttavia, era assai più ricca. Difficilmente ci si sarebbe potuto aspettare che i termini della sua dicotomia, ispirati a Sir Walter Scott e a James Fenimore Cooper, potessero corrispondere alle sue pulsioni interiori in quanto argentino. Lo scenario da lui descritto, richiama L'Arabia, o le pianure tartare dove le due "civiltà" si affrontano: una cultura "feudale" del XII secolo, ancora nella sua infanzia, e l'altra, quella che rappresenta le realizzazioni europee contemporanee.
Sarmiento approfondisce il confronto, contrapponendo la moderna Buenos Aires, nutrita di Bentham, Rousseau e Montesquieu, a Cordoba, rifugio degli spagnoli fuggiaschi, catacomba della neo-scolastica aristotelica del XVI secolo. Nonostante la sua predilizione programmatica per lo statista utopico Bernardino Rivadavia, in contrasto al selvaggio caudillo Juan Manuel de Rosas, anche i suoi contemporanei riconobbero l'identificazione di Sarmiento con il tellurico caudillo, con il Tamerlano, o con il Maometto, americano, per il suo genio, la sua passione ed il suo intelletto di nativo. In alcuni momenti Sarmiento supera la sue esplicite dicotomie e si eleva arrivando ad un linguaggio hegeliano in cui si parla dell'infusione della "intelligenza" nella "materia" grezza dell'America del Sud. Questo significa che, negli anni critici che seguiranno all'indipendenza, Sarmiento aveva accompagnato la transizione occidentale che dall'enciclopedismo portava allo storicismo.
Fu solamente dopo aver scritto "Facundo" che Sarmiento viaggiò per la prima volta in Europa e negli Stati Uniti. I suoi viaggi gli permisero di chiarire le precedenti confusioni, e dislocare l'antinomia fra civiltà e barbarie verso le basi politiche, ora percepite con maggior chiarezza. La sua chiave primaria per la comprensione degli Stati Uniti fu la mobilità spaziale dei suoi abitanti. Se Dio avesse chiamato il mondo a rispondere, suppone Sarmiento, avrebbe sorpreso i due terzi della popolazione nordamericana mentre era in marcia, come delle formiche.» (Richard "Dick" McGee Morse)
Nelle sue "Note per una definizione del lettore ideale" - un breve articolo poi antologizzato nel libro, "Al tavolo del Cappellaio Matto [(At the Mad Hatter's Table) (2006), Archinto, 2008] - Alberto Manguel scrive:
«Pinochet, che aveva vietato il Don Chisciotte in quanto pensava che questo libro incitasse alla disobbedienza civile, ne era il suo lettore ideale!»
L'articolo di Manguer è costituito di brevi frasi, è fatto di tentativi di definire quest'entità provvisoria ed informe chiamata «lettore ideale».
Fra le altre definizioni, possiamo leggere: «Il lettore ideale è il personaggio principale di un romanzo»; «Uno scrittore non è mai il proprio lettore ideale»; «Il lettore ideale fa proselitismo»; «Il lettore ideale è volubile, e non si sente in colpa di esserlo»; «Il lettore ideale non si preoccupa dei generi letterari»; «Il lettore ideale legge tutta la letteratura come se fosse anonima»; e così via.
- Queste definizioni data da Manguel funzionano come una sorta di summa dei suoi interessi, in quanto lettore e scrittore, poiché è possibile riconoscere in tutti quegli indizi che lui ci fornisce, la presenza di vari autori, che Manguel commenta nei suoi libri. Innanzitutto, Cervantes, che si colloca al centro del suo canone, come è dimostrato dalla prima frase che ho citato a proposito di Pinochet. Ma non si tratta solo di Cervantes e Chisciotte, bensì delle strategie di lettura del Chisciotte, fin dal suo inizio - e questo è un tema che proviene direttamente da Borges (già, solo menzionare Pinochet, al centro di questo tema borgesiano, è degno di nota, a causa del controverso incontro avvenuto nel 1976 fra lo scrittore cieco ed il dittatore).
- Del resto, la stravaganza di unire Cervantes, Borges e Pinochet in un'unica frase si riferisce a quel che la letteratura latino-americana ha di meglio da offrire: il fantastico che emerge dall'assurdo quotidiano, le libertà che si prende con - e a partire dalla - Storia, dalla familiarità tesa con l'eccezione brutale e con la speranza cinica. È evidente che l'idea di Pinochet come lettore del Chisciotte ci porta direttamente nell'universo di Roberto Bolaño, e più specificamente in quello di Notturno Cileno, che ci mostra Pinochet e i vertici della Giunta militare che apprendono i rudimenti del marxismo insieme a padre Lacroix.
- Andando un po' più indietro, sempre avendo presente la letteratura latinoamericana e le libertà che essa si prende con - e a partire dalla - storia, e insieme a questa anche la scena di Pinochet in veste di censore del Chisciotte, possiamo arrivare fino a Respirazione Artificiale di Ricardo Piglia. Il romanzo di Piglia ha a che fare, fra le altre cose, con le deviazioni estreme della lettura, e con la diligenza altrettanto estrema dei censori nei confronti della scrittura. In Respirazione Artificiale, così come nella frase di Manguel, il censore è il lettore ideale (poiché delira, e così si lascia sprofondare nell'abisso del significato).
La frase di Manguel è però, a sua volta, una sorta di glossa delle idee a proposito della poetica espresse da Paul Valéry. E Valéry occupa, a sua volta, una posizione importante nell'opera di Ricardo Piglia (la sua idea secondo la quale il primo romanzo moderno sarebbe Il Discorso sul Metodo di Descartes, poiché esso racconta la storia di un'idea, non di una passione).
«Il lettore ideale legge tutta la letteratura come se essa fosse anonima», è una delle idee di Valéry che Borges decantò a lungo in tutta la sua carriera. Nel suo saggio, "Il fiore di Coleridge" del 1952, poi antologizzato in "Altre Inquisizioni", scrive a proposito di Valéry:
«Verso il 1938, Paul Valéry scrisse: La Storia della letteratura non dovrebbe essere la storia degli autori e degli incidenti della loro carriera o della carriera delle loro opere, bensì la Storia dello Spirito come produttore o come consumatore di letteratura. Questa storia potrebbe essere portata a termine senza che si menzioni un solo scrittore.».
Se il lettore ideale legge tutta la letteratura come se fosse anonima, allora la storia di una tale letteratura dovrebbe essere scritta senza che venga menzionato un solo scrittore!
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