La nazione non è semplicemente una "comunità immaginaria"
- Per una critica di Benedict Anderson -
di Clément Homs
Esattamente proprio come avviene per lo Stato, la forma-Nazione (e il suo principio di sovranità) non avvia un processo di profonda coesione sociale della formazione sociale moderna, ma, come vedremo, piuttosto agisce come un complemento necessario perché avvenga l'implementazione della coesione sociale, per mezzo del lavoro astratto e attraverso la riproduzione della sua forma di vita al livello di una totalità sociale che accumula capitale.
Capitalismo e Nazione non sono mai antitetici, in quanto la forma-Nazione non deriva in un momento qualsiasi dall'economia, bensì dal funzionamento logico della sintesi sociale per mezzo del lavoro astratto [*1].
Quello che qui va compreso, è la forma-Nazione e l'economia in quelle che sono le loro relazioni non estrinseche o accidentali, ma viste proprio nella loro simultaneità logica e storica, considerate nel livello soggiacente della nuova coesione sociale centrata sul lavoro astratto.
La forma-Nazione affonda le sue radici - come cercheremo qui di dimostrare - nella sintesi sociale e nella dinamica immanente al capitalismo.
La forma-Nazione è differente dal nazionalismo. Quest'ultimo è un principio politico che afferma che la sfera politica moderna e la forma-Nazione devono essere congruenti, e a questo titolo costituisce una forma fenomenica della forma-Nazione. Il sentimento nazionalista corrisponde al sentimento di rabbia suscitato dalla violazione di questo principio, ovvero il sentimento di soddisfazione che proviene dalla sua realizzazione e dalla sua affermazione isterica.
La forma-Nazione rientra in una genesi storica e logica che è il prodotto di individui che agivano a partire dall'ignoranza e la cui mancanza di conoscenza costituisce l'essenza propria del fenomeno. Mettere le popolazioni nelle "Nazioni", viene qui compreso come un processo essenzialmente inconscio, che si genera allo stesso interno della nuova forma di coesione sociale moderna, «dietro le spalle degli uomini», come se si trattasse di un imperativo oggettivo. Il nazionalismo non è altro che la dimensione affermativa, o addirittura fanatica, che avviene nella sfera ideologica, di questo stesso processo sociale inconscio, e quindi il suo modo di vedere partecipa dei fenomeni del moderno feticismo.
Tuttavia, diversamente da Benedict Anderson - che ritiene che le comunità etniche, religiose, nazionali, attengano al XIX secolo e siano delle "comunità immaginarie" costruite a partire da delle persone che in realtà non si conoscono affatto e presuppongono semplicemente la sostanza di un «legame fra di loro [...] immaginato» [*2] - bisogna, al contrario, sottolineare che esse non sono per niente dei semplici «artefatti culturali» (sic) e che questo «legame immaginario» possiede una sua oggettività assai reale all'interno dell'ontologia storica capitalistica e delle sue determinazioni di base.
La genesi della forma-Nazione è di per sé solo apparentemente - in superficie - un prodotto ideale realizzato da delle élite borghesi e da delle ideologie nazionaliste, e dalla loro diffusione. Non si tratta, alla maniera idealista dei Giovani Hegeliani, di una semplice "fiction" che scende dal cielo delle idee, e che «penetra pacificamente e continuamente nella realtà», come sembra credere Anderson [*3]. La «facoltà immaginaria» dei soggetti dell'accumulazione non compone delle «comunità immaginarie» fra delle persone che non si conosceranno e non si incontreranno probabilmente mai, dal momento che i soggetti atomizzati sono già socializzati a priori, ed in maniera asociale, dalla funzione socialmente mediatizzante (Postone), che nel capitalismo viene assunta dal lavoro. Questa funzione costituisce a priori una comunità astratta (la società dei soggetti della merce, e quindi del lavoro) formata da individui astratti, isolati e che non si conoscono, ed in tal senso essa costituisce lo spazio "naturale" della genesi logica della cosiddetta "comunità immaginaria". Nel suo modo rovesciato di pensare, Anderson si riferisce solo alle radici culturali-materiali di queste comunità immaginarie, sottolineando ad esempio il ruolo del "print-capitalism" [*4] e quello della rivoluzione dei dialetti in quanto lingue per la stampa. In seguito a questo, i co-lettori delle lingue locali formerebbero l'unico embrione delle comunità nazionali immaginarie. L'ascesa della merce stampata, che avviene a partire dal XVI secolo - e che appare ad Anderson come l'origine culturale della "comuntià immaginaria" nazionale - viene già pensata, in un rapporto dialettico di codeterminazione reciproca, come se fosse il supporto dell'espressione della funzione di auto-mediazione del lavoro nel capitalismo, e non come la «chiave per la generazione di idee di simultaneità del tutto nuove», che rende così possibile delle comunità del tipo «tempo trasversale, orizzontale e secolare» [*5].
Ipostatizzando prima la tecnica (la merce-stampata), e poi la cultura della lingua, vista come principio esplicativo della genesi della comunità "immaginaria" nazionale, Anderson fa della tecnica e della cultura un incidente esterno ai rapporti sociali, ed in tal modo sprofonda il nucleo delle determinazioni di base dei rapporti sociali capitalisti nella notte nera di una zona morta.
- Clément Homs - 5 maggio 2018 -
NOTE:
[*1] - Basando la sua tesi sull'idea secondo cui «la relazione fra uno Stato e una cultura moderna è qualcosa di assolutamente nuovo che nasce, inevitabilmente, dalle esigenze dell'economia moderna» (Nazioni e nazionalismo, di Ernest Gellner), Ernst Gellner fa derivare in maniera troppo stretta il nazionalismo dall'economia, vale a dire, senza riferire la relazione-di-capitale ad un "fatto sociale totale". Inoltre, facendo del nazionalismo una sorta di categoria problematica - in quanto trans-storica - del "patriottismo", Gellner non può fare altro che specificare il suo concetto solamente a partire dalla categoria superficiale di "società industriale", vale a dire, rimanendo in una prospettiva weberiana che pone un problema (come ha dimostrato Jean-Marie Vincent). L'autoctonia delle città dell'antica Grecia, o il patriottismo dei Comuni italiani del XIII secolo, non hanno niente in comune con le identità nazionali moderne. Se quest'ultime cercano in tutti i modi di attingere a materiale premoderno, ciò che dà senso a simili rimaneggiamenti non risiede nel fatto di ritrovare delle corrispondenze fattuali, ma la logica dell'insieme storicamente specifico, che viene colto al livello della totalità sociale moderna in movimento, nella quale questi rimaneggiamenti prendono forma.
[*2] - Benedict Andreson - L'imaginaire national. P.44
[*3] - Ivi. P. 47
[*4] - In Anderson, questo concetto si riferisce al settore delle merci-libro, e si appoggia all'invenzione della stampa nel XV secolo.
[*5] - Ivi. P.49.
fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme
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