Per il giurista morto durante il governo Stalin, il diritto può esistere solo nel capitalismo
- di THIAGO ARCANJO CALHEIROS DE MELO -
Le celebrazioni del primo centenario della rivoluzione russa hanno prodotto quanto meno un buon risultato in Brasile: le riedizione de "La Teoria Generale del Diritto ed il Marxismo" di Eughenij Bronislavovic Pasukanis (1891-1937). Il libro, pubblicato nel 1924, potrebbe ben figurare su qualsiasi elenco dei grandi classici delle scienze umane nel XX secolo.
Per la prima volta, la sua traduzione viene effettuata direttamente dal russo; nelle tre versioni precedenti - una degli anni '70, in Portogallo, e due degli anni '80, in Brasile - come base era stata presa un'edizione francese, che a sua volta proveniva dalla traduzione di una pubblicazione tedesca.
Si possono immaginare i vantaggi che ne potrà trarre ora il lettore brasiliano, in termimi dichiarezza e vicinanza stilistica. Le edizioni sono ben due: una per la "Boitempo" ("Teoria Geral do Direito e Marxismo" [trad. Paula Almeida, 144 págs., R$ 43]) e una della Sundermann ("A Teoria Geral do Direito e o Marxismo e Ensaios Escolhidos (1921-1929)" [trad. Lucas Simone, org. Marcus Orione, 384 págs., R$ 45]), il cui volume comprende anche sei articoli del giurista sovietico.
Pasukanis, nato il 23 febbraio del 1891 a Staritsa, in Russia, era cresciuto in una famiglia di intellettuali che aveva combattuto contro il regime imperiale allora vigente nel paese. Già fin dall'adolescenza, nel 1917, il futuro giurista rivoluzionario aveva aderito alla Gioventù del Partito Operaio Social-Democratico Russo (POSDR), nel contesto della lotta anti-zarista e socialista dell'epoca. Da questa sigla emergeranno i raggruppamenti menscevichi e bolscevichi, protagonisti degli avvenimenti del 2017.
Nel 1909, Pasukanis si iscrisse alla Facoltà di Diritto di San Pietroburgo, ma, a causa della sua attività politica, venne arrestato l'anno successivo e fu costretto ad esiliarsi in Germania.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, Pasukanis era già tornato in Russia, deciso ad essere parte attiva, prima della frazione bolscevica del POSDR e, successivamente, del Partito Comunista. Negli anni '20, comincia le sue ricerche nell'ambito della sezione di Teoria dello Stato e del Diritto dell'Accademia Comunista, che diviene ben presto un importante centro di studi giuridici marxisti.
AMORE e ODIO
Grazie alla pubblicazione del suo libro principale, nel 1924, Pasukanis guadagna grande influenza, arrivando ad avere posti di alta responsabilità nell'ambito dell'Unione Sovietica. Diventa, ad esempio, vice commissario alla Giustizia e partecipa alla commissione che redige la Costituzione sovietica del 1936.
Ma l'impatto avuto dalle sue tesi, però, attrae anche l'attenzione della vigilanza stalinista. A partire dal 1930, si vede costretto ad abbandonare progressivamente le sue concezioni, in quanto si scontrano con la politica imposta da Josef Stalin (1878-1953).
Contraddicendo gli approcci tradizionali, secondo i quali il Diritto sarebbe esistito praticamente in tutte le epoche, Pasukanis riteneva che invece esso fosse esistito solo con il capitalismo. Nella sua visione, quello che oggi chiamiamo "giuridico" ha molto poco a che vedere con quello che c'era nelle civiltà antiche o nel Medioevo.
Per Pasukanis, l'elemento giuridico centrale non consiste nelle leggi o nelle norme, ma è un elemento caratteristico: il soggetto del Diritto, risultante dalla caratterizzazione di tutti gli esseri umano, in quanto individui indipendenti fra di loro, formalmente liberi, uguali gli uni agli altri e proprietari di merci (o di sé stessi).
Così, secondo Pasukanis, la vera comprensione del Diritto non comincia a partire dallo studio delle leggi e delle norme, ma dall'analisi del soggetto del Diritto, una forma storicamente specifica dell'individuo.
Nelle società dell'India Antica o dell'Impero Inca - fra altri esempi - lo scambio di prodotti avveniva solamente nella relazione fra le comunità, e non fra gli individui. Quando ad eseguire lo scambio era una persona sola, egli agiva come rappresentante di un collettivo, e non a suo proprio nome.
Col tempo, questi scambi smisero di essere occasionali, ed una frazione di prodotti passò ad essere riservata ad un tale fine. Ma dal momento che questo settore era assai piccolo, però, avveniva che una comunità negoziasse la sua produzione solo in forma residuale. Vale a dire, questo a sua volta implicava che, in misura molto limitata, gli individui si trattassero come formalmente indipendenti gli uni dagli altri; nella più parte dei casi, si trattava di rappresentanti delle comunità alle quali appartenevano.
In altre parole, prima che sorgesse il capitalismo, la produzione sociale ai fini dello scambio, anche durante l'Antichità greca e romana, non è mai diventata il modo predominante e stabile della società nel suo insieme.
Il DIRITTO
Nel capitalismo, l'emergere del lavoro salariato generalizza lo scambio mercantile, che a sua volta si sviluppa come relazione fondamentale fra gli individui. Ormai il lavoratore non è più né servo né schiavo, ma è un soggetto formalmente libero e uguale agli altri.
In questa società, non si verifica più soltanto un semplice scambio delle merci da una mano all'altra. Il modo di produzione stesso ora presuppone un interscambio, un contratto in cui il proprietario della forza lavoro viene remunerato per mezzo del salario. Questo contratto può essere firmato soltanto se sia il lavoratore che il capitalista si presentano come proprietari formalmente autonomi, liberi e uguali gli uni agli altri - come in ogni scambio di merci fra individui.
Da una parte, il lavoratore (il proprietario della forza lavoro) produce al fine di ricevere salario, la sua unica forma di sopravvivenza. Dall'altra parte, il capitalista (il proprietario dei mezzi di produzione) investe affinché le sue merci vengano vendute.
Nessuna delle parti viene coinvolta in questo processo allo scopo di consumare la merce prodotta. In questo modo, la produzione, la circolazione ed il consumo stesso degli oggetti socialmente prodotti si realizzano solamente per mezzo di una relazione mercantile fra proprietari privati.
Quindi si può dire che il lavoro salariato, generalizzando lo scambio di merci, istituisce il concetto di soggetto del Diritto come elemento centrale delle relazioni del modo di produzione capitalista.
A partire da questo periodo storico, gli individui appaiono in ogni momento come soggetti del Diritto, come proprietari di merci con libertà ed uguaglianza formali. Solo allora si può parlare di maniera precisa di un soggetto giuridico; il Diritto, a sua volta, può essere compreso, nella sua essenza, come una mediazione sociale dei proprietari privati di merci.
Stabilendo una relazione necessaria fra l'esistenza del soggetto del Diritto ed il modo di produzione capitalistica, Pasukanis sta anche dicendo che il superamento di questo sistema implica l'estinzione del Diritto in quanto tale. In questo senso, la scomparsa del Diritto borghese sarebbe allo stesso tempo la scomparsa del Diritto in generale.
Un'OPERA PROIBITA
Una delle conseguenze di questa conclusione - come si vedrà - è l'affermazione secondo cui il Diritto ha una natura borghese, cosa da cui deriva l'impossibilità di affermare un "Diritto proletario".
Nella misura in cui il regime sovietico stalinista procedeva sempre più attraverso un'affermazione giuridica statale, le conclusioni pasukaniane apparivano come un affronto al governo, il quale si dichiarava "pienamente socialista". Nel 1937, insieme a molti altri militanti classificati come "nemici del popolo", Pasukanis venne arrestato ed assassinato, in circostanze che ancora oggi non sono del tutto note.
E come se non fosse sufficiente l'esecuzione del rivoluzionario russo, anche la sua opera venne proibita. È stato riabilitato solo molti decenni più tardi, e in parte a causa di ciò, fino a tutt'oggi, molti degli scritti di Pasukanis non hanno ancora alcuna traduzione.
L'edizione di Sundermann, però, contiene anche sei saggi del giurista sovietico che fino ad oggi erano stati pubblicati solamente in russo. Scritti del 1921 e del 1929, mentre il suo autore manteneva ancora la propria autonomia intellettuale, questi "nuovi" testi meritano che vengano studiati in modo che possa essere delimitato il loro campo di applicazione.
Ma ancor prima che ci sia quest'approfondimento teorico, tuttavia, si può già affermare che questi saggi completano in maniera significativa dei punti centrali della trama teorica pasukaniana, sia con il chiarire le sue posizioni in relazione agli altri pensatori, sia sviluppando tesi a proposito della natura dello Stato e del Diritto.
Nel testo "I dieci anni di Stato e Rivoluzione di Lenin", Pasukanis visita una delle più importanti opere politiche del XX secolo. In un altro dei suoi saggi ("L'apparato sovietico nella lotta contro il Burocratismo"), spicca la lucidità nella descrizione dei problemi affrontati dall'apparato statale recentemente creato.
Avendo presente tutto questo, in quest'occasione si può affermare che la più significativa critica teorica del Diritto ha ricevuto un riconoscimento compatibile con la sua grandezza. Più che mai, Pasukanis è un autore che dev'essere riletto.
THIAGO ARCANJO CALHEIROS DE MELO - Pubblicato su Folha De S.Paulo il 19/8/2017
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