giovedì 24 agosto 2017

I primi

presocra

Non chiamateli Presocratici
– di André Laks e Glenn W. Most -

I Presocratici sono sempre stati interessanti, ma oggi sembrano destare un grande fascino e rivelarsi stimolo e punto di riferimento sempre più importante per la riflessione filosofica professionale nel mondo. Ogni anno appaiono numerose autorevoli monografie su singoli presocratici o sull’eredità della prima filosofia greca così come nuove edizioni e traduzioni, e l’International Association for Presocratic Studies, che accoglie centinaia di specialisti da tutto il mondo, ha celebrato lo scorso anno in Texas il suo quinto congresso biennale. Ma i primi filosofi greci sono anche diventati oggetto di grande interesse fuori dall’università, specialmente in Italia: pensiamo all’Eleatica, istituita dalla Fondazione Alario ad Ascea Marina e dedicata dal 2004 allo studio di Parmenide e Zenone, o al Festival della Filosofia in Magna Grecia che è giunto nel 2016 alla sua 22esima edizione, o all’eccitazione generale provocata da straordinarie scoperte quali il papiro di Derveni o il papiro di Strasburgo di Empedocle.

Molteplici sono le cause di questa vera e propria infatuazione. Innanzittutto, i Presocratici sono all’origine delle pratiche intellettuali profondamente nuove che si perpetuano fino ai nostri giorni con il nome di “filosofia” e di “scienza”, termini che non facevano ancora parte del loro vocabolario. Tra di loro vi sono grandissimi scopritori in materia di conoscenza dell’universo, di ontologia, di argomentazione. Poi, siccome essi si situano per definizione “prima”, possono facilmente ergersi a modelli per coloro che, per una ragione o per un’altra, giudicano che il pensiero occidentale abbia preso un corso sbagliato, a partire da Socrate e più ancora da Platone. E così Nietzsche, il quale non è estraneo alla diffusione della denominazione “Presocratici”, ha fatto di Socrate il primo rappresentante di una modernità decadente, ottimista e democratica alla quale ha potuto miticamente opporre quelle grandi individualità aristocratiche, ancora comprese di una visione tragica del mondo, per lui più giusta, che erano Anassimandro, Eraclito, Parmenide o Empedocle. Nella sua scia, Heidegger ha percepito in quelli che chiamava «i pensatori degli inizi» una apertura premetafisica al mondo che alludeva anche a un possibile superamento della metafisica. E infine anche uno spirito pur contrario ai vaticini heideggeriani come Karl Popper ha potuto richiamarsi ai Presocratici, le cui audaci ipotesi scientifiche gli sembravano illustrare in modo paradigmatico la logica della scoperta scientifica.

Ma c’è, accanto a queste due ragioni di fondo, una terza ragione per il fascino che i Presocratici non possono non suscitare e che riguarda il modo in cui essi ci sono stati tramandati. Infatti le opere dei Presocratici che ci sono note, tranne qualche eccezione, sono sottoforma di frammenti, il più delle volte pochi e assai brevi. Certo non si può che deplorare questa grande perdita; mentre, d’altra parte, lo stato frammentario stesso della documentazione ci sottopone a sfide appassionanti. Ricostruire il pensiero dei Presocratici è un esercizio d’immaginazione controllata che incoraggia la riflessione metodologica. È proprio su questo punto e non solo sulle questioni interpretative che la nostra edizione ha cercato di apportare novità.

Per meglio comprendere in cosa consistono le novità, è subito necessario tenere presente che i frammenti in questione sono di due tipi. Da una parte, vi è una serie di citazioni verbali che rimandano all’opera originale. Questi sono dei brani staccati da un insieme ormai perduto, che ci sono pervenuti il più delle volte grazie alle citazioni che ne hanno fatto altri autori, in qualche raro caso in seguito a scoperte papirologiche. E d’altra parte ci sono dei sunti, delle parafrasi, delle allusioni, delle critiche, in breve tutto un insieme di testimonianze dovute ad autori vissuti nel corso dei secoli successivi, tra il VI e il V secolo a.C. e il VI secolo d.C. Le nostre fonti d’informazione sono dunque a volte assai parziali e assai eterogenee. Come farne una presentazione che renda tutto questo chiaro?

La prima raccolta scientifica di questi frammenti, i Fragmente der Vorsokratiker di Hermann Diels, è datato 1903. Nella versione rivista da Walter Kranz tra il 1934 e il 1951, questo lavoro è diventato l’edizione di riferimento e il pilastro di tutti gli studi presocratici moderni. Non è l’intenzione della nostra raccolta di sostituirla ma piuttosto, attraverso diverse innovazioni maggiori, di rendere più intelligibile e più fruibile la natura del materiale di cui disponiamo. Alcune di queste innovazioni comportano semplicemente un aggiornamento della raccolta nei termini del corrente stato delle conoscenze: abbiamo aggiunto certi testi che sono stati scoperti dopo l’ultima edizione di Diels-Kranz e abbiamo corretto tutti i testi riprodotti sulla base delle migliori edizioni recenti disponibili. Altre innovazioni servono solo a renderne più facile l’uso, sia per studiosi, professori e studenti che vogliano orientarsi facilmente in questo materiale complesso e difficile, sia anche per non addetti ai lavori che vogliano sapere quello che dicevano Eraclito, Parmenide o i pitagorici. E dunque noi abbiamo tradotto non solo le citazioni verbali esatte dei presocratici, come aveva fatto Diels, ma anche i resoconti del loro pensiero e delle vicende personali come riportati da altri autori dell’antichità, compresi quelli che hanno scritto in armeno, in siriano, in arabo e in ebraico. Perciò quella di Diels-Kranz resterà un’edizione di riferimento, ma la nostra sarà l’edizione che i più consulterano per prima.

Oltre i punti già indicati, le nostre più significative innovazioni crediamo siano tre: 1) abbiamo deciso di includere non solo tutti i materiali che consentissero, per quanto possibile, di ricostruire il vero pensiero dei primi filosofi greci, ma anche, almeno in linea di massima, quelli che ci rivelano la storia della loro ricezione nella filosofia e nella cultura letteraria greca antica dal loro tempo fino alla fine dell’antichità. Diels senz’altro conosceva tutti, o quasi tutti, quei testi che pubblichiamo nella sezione etichettata con la R (che sta per Ricezione) della maggior parte dei filosofi presocratici, ma li escludeva dalla sua raccolta forse perché li considerava irrilevanti per la ricostruzione di ciò che quei primi filosofi avevano veramente pensato. Noi abbiamo mantenuto il suo obiettivo di tentare un recupero, per quanto possibile, delle loro effettive idee, ma abbiamo imparato dallo sviluppo di decenni di studi sulla ricezione quanto sia importante cercare di correlare i documenti che ci restano del passato alle tradizioni interpretative più tarde che li hanno trattati esegeticamente, criticamente, polemicamente o in qualsiasi altro modo. Per questo la nostra edizione costituisce l’ennesimo capitolo nella storia della ricezione dei Presocratici. 2) Abbiamo scelto di rompere con la tradizione che fa di Socrate la figura perno per il prima e per il dopo, dedicandogli un capitolo che permetta di ricollocarlo cronologicamente e intellettualmente tra i suoi contemporanei. Tale scelta, che ha delle conseguenze storiografiche importanti, spiega che noi non abbiamo parlato di “filosofi presocratici”, ma degli “inizi della filosofia greca” o, in inglese, di Early Greek Philosophy. 3) Infine, abbiamo fornito al lettore, in mancanza di interpretazioni esaurienti nostre, una doppia griglia di lettura per orientarsi nel dedalo dei testi: da una parte, organizzando in maniera sistematica i testi servendosi di numerosi titoli e sottotitoli, e d’altra parte fornendo un glossario esplicativo dettagliato di una lunga serie di nozioni intorno alle quali si è organizzato il pensiero dei primi filosofi greci. Speriamo così di aver fornito un’edizione che possa rivelarsi utile e durare negli anni.

- André Laks e Glenn W. Most - Pubblicato sul Sole 24 ore del 12 giugno 2017 -

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