giovedì 11 maggio 2017

“Money can't buy me love”

coleman

Il reddito universale non contribuisce all'emancipazione dei lavoratori

Parte della sinistra radicale considera la rivendicazione di un reddito di base universale come uno strumento per:
1. "far riflettere le persone" sulle possibilità produttive e sulla distribuzione della ricchezza nel regime capitalista;
2. unificare intorno ad una richiesta comune, una classe operaia frammentata ed atomizzata.

Noi non riteniamo che questa rivendicazione possa essere utile, per le seguenti ragioni:
- Il punto di partenza è problematico. Nel sistema capitalista, il reddito individuale nasconde il fatto che per vivere noi dipendiamo gli uni dagli altri. In particolare, il salario traveste una relazione di sfruttamento facendolo apparire cone un "accordo equo". Il capitale e lo Stato si presentano come le forze sociali produttive che ci concedono un reddito individuale - quando invece è il nostro lavoro sociale tutto ciò che ci permette di vivere. La cooperazione sociale dei lavoratori appare come il potere del capitale e dello Stato. La rivendicazione di un reddito universale di base non mette in discussione tutto questo. Di conseguenza, questa rivendicazione non ci aiuta affatto a scoprire il potere sociale che potrebbe opporsi a quello dello Stato e del capitale. L'idea è seducente, ma zoppica - anche in senso riformista.
- Il reddito universale di base non mette in discussione le gerarchie in senso alla classe operaia. La divisione del lavoro è gerarchica: alcuni ripuliscono la sporcizia tutto il giorno mentre altri sviluppano software o preparano un dottorato. Alcuni rimangono isolati a casa mentre altri incontrano delle persone sul posto di lavoro. Inoltre, la rivendicazione di un reddito di base viene in genere formulata in un quadro europeo, cosa che non fa altro che rafforzare le disuguaglianze in senso al proletariato mondiale. Infine, insistere su un reddito generale non mette affatto in discussione il carattere distruttivo (sia degli gli uomini che della natura) della produzione capitalista.
- Il reddito universale si adatta perfettamente alla ristrutturazione dello Stato provvidenza - non è a caso che la classe dirigente sostenga l'idea di una semplificazione delle prestazioni sociali. In Germania, negli anni 1990, una parte della sinistra (non così) radicale richiedeva un reddito di 1.500 marchi al mese - circa 1.400 euri attuali. Questa cifra è parecchio per qualcuno che è in buona salute, che ha una casa e non ha bambini. Ma se lo Stato avesse livellato a 1.500 marchi il reddito di tutti i proletari non attivi (pensionati, malati, disoccupati), questo avrebbe rappresentato un notevole risparmio in termini di denaro e di burocrazia!
- La rivendicazione di un reddito universale di base si fonda su una relazione marcia fra la classe media di sinistra e la classe operaia. L'idea per cui "il reddito universale, apportando più tempo e più sicurezza ai lavoratori, permetterebbe loro di essere più attivi politicamente" suppone che gli "attivisti" siano i principali attori sociali. Tale concezione si colloca nella continuità storica dell'approccioi paternalistico ed astratto delle "rivendicazioni transitorie" che si ritiene facciano aumetare come per magia la coscienza di classe: i lavoratori sono lenti di spirito e sono divisi, bisogna unirli dietro una rivendicazione che possano comprendere - il resto lo spiegheremo loro in corso d'opera. Venite a vedere!

Non ci sono soluzioni facili. Bisogna partire da quello che i lavoratori fanno già e dalle divisioni materiali in seno alla classe. Queste divisioni non possono essere superate per mezzo di misure politiche, ma solamente dentro e per mezzo della lotta. Non c'è niente di male nel formulare delle rivendicazioni, ma la questione dell'organizzazione e dell'estensione della nostra lotta nelle condizioni attuali è molto più fondamentale. Dobbiamo analizzare i legami organici fra la disoccupazione, il lavoro riproduttivo, le occupazioni precarie, il potere collettivo sul luogo di lavoro - in quanto lavoratori ed attivisti insieme! È a tal fine che distribuiamo il nostro giornale davanti alle agenzie per l'impiego, ai magazzini, alle fabbriche e agli alloggi sociali e cerchiamo di stabilire dei legani fra le reti di solidarietà nei quartieri ed i gruppi milintanti sui luoghi di lavoro.
Una strategia rivoluzionaria comune deve partire dalle lotte attuali. Che cosa c'è in comune fra gli scioperi della fame nelle prigioni, le proteste contro le sanzioni ai danni dei beneficiari dell'assistenza sociale, le rivolte contro le violenze poliziesche razziste contro i poveri, le manifestazioni contro le espulsioni dei migranti, gli "scioperi delle donne" contro gli atti sessisti dello Stato, gli scioperi degli autisti di Uber o dei lavoratori dei fast food, ed il malcontento dei lavoratori dell'industria? Dove si incotrano i differenti segmenti della classe - e cos'è che impedisce loro di incontrarsi?
Guardiamoci allo specchio...

angryworkersworld@gmail.com

www.angryworkersworld.wordpress.com
www.workerswildwest.wordpress.com

- Pubblicato il 6 maggio 2017 -

fonte: mondialisme.org

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