Auschwitz come alibi?
- di Robert Kurz -
L'ostinato rifiuto, a fronte del cambio di paradigma, di prendere posizione nel senso di una "critica del valore" proviene, in primo luogo, dalla nostalgia della lotta di classe. Inoltre, è da molto tempo che la maggior parte del marxismo tradizionale ha preso congedo dalla critica esplicita dell'economia politica. Non sono pochi gli ideologhi che cercano, come sostituto all'azione, di guarnire l'ormai superato marxismo del movimento operaio con ogni genere di costruzioni con esso incompatibili, presupposte come modernizzanti: dal ragionamento pop-culturale della sociologia di un Pierre Bordieu, fino al "discorso" post-strutturalista.
L'impulso, in sé giustificato, ad impadronirsi criticamente dell'aspetto culturale della socializzazione capitalista abitualmente ignorato da una sinistra tradizionalmente "economista" (per meglio dire: "sociologista"), in manifestazioni del genere non ha niente a che vedere con un superamento del marxismo del movimento operaio. I postmoderni "marxisti culturali" che, in realtà, non sono più propriamente marxisti, si trovano solamente all'altezza dei tempi con i loro stravaganti occhiali da sole. In teoria, non possono e non vogliono coinvolgersi nella trasformazione storicamente in atto della teoria critica, ridotta a sociologismo della lotta di classe, per mezzo della critica del valore. Al contrario, similmente ai sostenitori della lotta di classe, vivono questo compito come una minaccia che li lascerebbe impotenti. La tematica culturale non si manifesta in un nuovo contesto, ma soltanto come la sua difesa e, in tal modo, diventa un puro alibi spettacolare. Il vecchio economicismo completamente mutilato viene sostituito da un culturalismo altrettanto ottuso.
E' con particolare crudezza che entra in scena il commercio a buon mercato dei riduzionismi teorici sul tema di Auschwitz. Il settore del marxismo tradizionale più o meno orientato alla cultura intende sbarazzarsi di ogni tentativo di riformulazione della teoria del fascismo svolto alla luce della critica del valore. In passato, la sinistra ha limitato i crimini del nazionalsocialismo contro l'umanità al mero contesto socio-economico dello "interesse del capitale". Inoltre, si è limitata ai processi sociologici superficiali della trasformazione dell'apparato di dominio capitalista durante la crisi economica mondiale, relegando in secondo piano il potere dell'ideologia biologico-antisemita in quanto specificamente tedesca. Ora, al contrario, è il contesto capitalista del regime nazista che sparisce in un decontestualizzato stato di cose cultural-ideologico "puramente tedesco".
Non sorprende che, da questo punto di vista, Günter Jacob attacchi in maniera così violenta lo Schwarzbuch (*). dal momento che in esso viene esposta una relazione sistemica fra la storia dello sviluppo capitalista ed una specifica "ideologia tedesca" (cioè, non viene semplicemente opposta l'una all'altra). In quanto portavoce del marxismo ortodosso, abituato ad un pubblico "addestrato", Jacob decreta che lo Schwarzbuch è "costruito su una revisione della teoria marxista del valore", senza però spiegare che cosa questo significhi. Ad ogni modo, per quanto ancora gli rimane da dire, non serve una teoria del valore, che sia marxista o revisionata. Per necessità tattica, si limita a flirtare con la vecchia critica radicale di sinistra del capitalismo e, pertanto, viene utilizzato il marxismo detronizzato degli anni 70 come fosse una fiche per puntare, come una rappresentazione volta unicamente a far sì che il concetto di economia politica elimini la sua critica. Esplicitamente, in Jacob, i concetti critici della socializzazione del valore appaiono soltanto come presunte "categorie che sono diventate incerte a causa dell'olocausto". C'è quasi l'apparenza macabra che l'assassinio di sei milioni di ebrei trovi il suo senso in quello che gli viene attribuito da una certa sinistra tedesca: il privilegio di poter dissimulare culturalmente, in tutta tranquillità, la vecchia identità della lotta di classe, ormai collassata. Jacob non solo strumentalizza Auschwitz al fine di seppellire la critica radicale dell'economia, ma vuole anche chiamare Adorno a testimone principale, nel mentre che per le questioni essenziali lo tratta come un cane morto. In realtà, la Teoria Critica non ha mai smesso di vedere Auschwitz nella sua relazione con il sistema produttore di merci, mentre la posizione di Jacob si basa sull'esigenza, di invertire completamente la frase di Horkheimer, dicendo: chi vuole parlare di Auschwitz deve immediatamente tacere sul capitalismo.
Per poter presentare questa fuga verso il culturalismo come una posizione ponderata, Jacob si avvale di un mezzo quasi incredibile: falsifica letteralmente le argomentazioni dello Schwarzbuch riguardo al nazionalsocialismo e mente al pubblico affermando che c'è scritto esattamente l'opposto di quel che dice. In tal modo, asserisce che lo Schwarzbuch riprende fondamentalmente la spiegazione storicizzante di Götz Aly, con un riferimento positivo ad Ernst Nolte (!), per cui viene messo in dubbio Auschwitz in quanto atto singolare e lo si subordina ai crimini generali della modernizzazione del 20° secolo. Esattamente al contrario, lo Schwarzbuch esplora, a partire dalla storia della seconda rivoluzione industriale, la differenza decisiva fra Auschwitz ed il gulag sovietico, così come quella con il fordismo americano e, in questo modo, regola i conti con Nolte assai più profondamente di quanto facciano i suoi critici fatti in casa, democratici di sinistra della Repubblica Federale Tedesca. Jacob va ancora più lontano nella sua falsificazione, affermando che nello Schwazbuch il massacro degli ebrei viene presentato in maniera "funzionalista", come un mezzo per arrivare ad un altro fine (la modernizzazione), ma che, tuttavia, risulta difficile all'autore estrarre "i calcoli utilitaristici che si trovano dietro le apparenze" e "all'improvviso" appare "tutto irrazionale". Ma proprio al contrario, lo Schwarzbuch (fra l'altro, riferendosi a Moishe Postone) mostra il perché Auschwitz non può essere spiegato in funzione di qualsivoglia "calcolo di utilità", essendo radicato profondamente nell'irrazionalità e nel risentimento, i cui elementi, da un lato, hanno caratterizzato fin dal principio la socializzazione del valore in quanto tale e, dall'altro lato, si sono costituiti in Germania, a partire da Herder e Fichte, sulla base di un contenuto specifico: la legittimazione culturalista della "ideologia del sangue" già presente nella formazione della nazione tedesca. Questo contesto, che percorre tutto lo Schwarzbuch, viene interamente nascosto da Jacob.
La falsificazione è talmente evidente che non può non essere presa in considerazione l'idea di un calcolo accusatorio consapevole. Si può supporre, tuttavia, che il problema di Jacob risieda anche nella sua limitata comprensione della questione del valore. Come vittima degli "insegnamenti" del marxismo tradizionale, egli condivide il concetto positivamente ridotto di socializzazione del valore, in quanto è assorbito da "calcoli razionali utilità" degli "interessi di classe". E dal momento che Auschwitz non può essere spiegato in questo modo, abbandona la critica del capitalismo. In tale prospettiva, quello che spiega la relazione fra la forma feticistica del valore ed Auschwitz dovrebbe ridurre il crimine contro l'umanità ad un "calcolo razionale di utilità". E' proprio questo che Jacob vede nello Schwarzbuch. Non si rende conto che ciò che attribuisce agli altri costituisce il suo proprio problema fondamentale.
Per questo, successivamente, l'analisi dell'antisemitismo nella sua relazione con il lavoro astratto gli appare come una limitazione, quando in realtà si tratta di un ampliamento. Dal momento che al marxismo del movimento operaio sfuggiva tale relazione, a causa della positivizzazione e dell'ontologizzazione del "lavoro", gli sfuggiva anche la proiezione antisemita, su una presunta "essenza ebraica", del carattere astratto negativo di tale "lavoro". Così, la teoria marxista tradizionale del fascismo si riduceva allo "interesse di classe", nonostante includesse anche - e non solo a partire dagli insulti di Engels contro "il ritaglio dei buoni sconto" - alcuni elementi della "economia politica dell'antisemitismo" (senza che, tuttavia, fosse semplicemente identica ad essa). Solo una critica radicale del valore e, quindi, una critica del lavoro, può mettere a nudo una simile relazione e, allo stesso tempo, analogamente, le forme generali del soggetto della concorrenza e del lavoro astratto, e spiegare il carattere, che si pone al di sopra delle classi, della formazione dell'ideologia antisemita (e della formazione dell'ideologia in generale). L'affermazione marxista secondo cui l'essere determina la coscienza si libera, in questo modo, dalla riduzione ideologica di classe e si innalza all'ambito formale delle categorie fondamentali della società. Al contrario, Jacob elimina dalla sua analisi il riferimento al concetto di valore, ridotto ad un mero oggetto della "economia" e dello "interesse", per convertire in una mistificazione culturalista tutto ciò che di Auschwitz può essere spiegato.
Grazie ad una critica radicale che non cosifica il valore in maniera teorico-economica, ma lo intende come forma generale del soggetto, si può definire storicamente la relazione fra capitalismo, ideologia antisemita ed olocausto. L'ideologia antisemita moderna in quanto tale, allo stesso modo del razzismo, è presente nella società borghese fin dall'Illuminismo, ed in tal senso è un fenomeno capitalista universale. I nazisti non solo hanno tratto dal liberalismo anglosassone la loro ideologia social-darwinista, ma anche tutta una serie di altri elementi repressivi della modernità (fra di essi, ad esempio, i campi di concentramento). In questo registro, Auschwitz è parte costitutiva della totalità storica del capitalismo. Tuttavia, soltanto in Germania l'antisemitismo, in un contesto di formazione della nazione legittimata dall'ideologia del sangue, si è convertito in un processo eliminatorio. In tal senso, Auschwitz è parte costitutiva essenziale della specifica storia tedesca. D'altra parte, questo antisemitismo tedesco eliminatorio non si è convertito, nel corso del 19° secolo, in programma statale di assassinio su scala industriale, ma la cosa si è venuta a verificare solo nel contesto della crisi economica mondiale del nazi-fordismo. Auschwitz è anche parte costitutiva della seconda rivoluzione industriale. E' del tutto erroneo rendere escludenti questi due riferimenti, come avviene nella domanda insinuante di "Konkret" circa il fatto se l'olocausto sia stato "in ultima analisi una conseguenza della generale catastrofe capitalista" oppure "una conseguenza dello specifico antisemitismo tedesco". L'uno non può essere pensato senza l'altro.
In questo contesto, è importante svolgere un'analisi del problema, come avviene nel libro di Gerhard Scheit sulla drammaturgia dell'antisemitismo, nel contesto della critica del valore, la quale persegue il carattere eliminatorio specifico di tale ideologia, nel corso di tutta la storia culturale tedesca. Ma un culturalismo come quello di Jacob non è capace di realizzare una tale impresa, giacché nella sua visione "post-strutturalista" del mondo non si ha storia, almeno nel senso della continuità di un processo che si sprigiona, se non come la superficie delle "eventualità" di manifestazioni temporanee che si dispongono nella storia le une sulle altre in una maniera puramente esteriore, che deve costituire sempre ed immediatamente la loro vera essenza. In questo senso, Jacob non solo separa Auschwitz dal capitalismo, ma la separa anche da tutta la continuità della storia tedesca. Così, l'olocausto non viene compreso in maniera polemica, contro gli storici apologeti, come storia non superata, e che si potrebbe superare soltanto mediante una critica categorica della socializzazione attraverso il valore, ma diventa un giocattolo astorico del "discorso". Anche la relazione strutturale fra la forma del valore e la formazione dell'ideologia può essere chiarita per mezzo della critica del valore. Dal momento che per Jacob la relazione fra "soggetto automatico" e le persone che lo attuano, fra la forma del soggetto ed il contenuto della volontà, continua ad essere un libro chiuso da sette sigilli, egli legge lo Schwarzbuch come se non fossero gli individui, ma bensì le stesse categorie astratte, ad "attuare" immediatamente, e, in questo modo, giustifica le persone in quanto oggetti senza volontà "del valore". Mentre alla luce degli interessi sociali sono proprio i contenuti soggettivi di volontà ad eseguire inconsapevolmente una gran parte del processo di valorizzazione nella forma del soggetto di concorrenza; la formazione dell'ideologia richiede ai soggetti una parte di lavoro della coscienza ancora maggiore. Non si tratta solo di esecuzione quotidiana, ma di una relazione elaborata consciamente fra la negatività sperimentata praticamente e le contraddizioni della socializzazione attraverso il valore.
I contenuti ideologici della volontà, perciò, non possono essere semplicemente "dedotti" formalmente dal valore, al contrario di istituzioni quali il denaro, il mercato e lo Stato. Chi interpreta l'irrazionalità della forma del valore in maniera proiettivamente antisemita, lo "vuole" anche con il fine di essere liberato dalle contraddizioni minacciose. Dal momento che queste contraddizioni non vengono aggredite argomentativamente dalla "chiarificazione", rimane solo da combattere. Tali contenuti ideologici della volontà, "liberamente scelti", non si spiegano come una formazione reattiva automatica o necessaria della coscienza, in quanto tali contenuti hanno una determinata storia (anche specificamente tedesca) che li contestualizza. Jacob elimina le due cose: risolve la formazione dell'ideologia antisemita come una variante assassina tedesca del suo oggetto sociale e la converte in un atto di arbitrarietà incondizionata. In questo modo, cade in una morale individuale puramente borghese, sostituendo gli imperativi etici alla critica sociale; un pensiero ridotto e non riflessivo che ha udienza solo perché è perfettamente coerente con la "svolta" neoliberista.
Guardando attraverso gli occhi della Tatcher, si manifesta soltanto il soggetto individuale atomizzato - "l'individuo responsabile di per sé", e niente di più.
- Robert Kurz - Pubblicato sulla rivista "Konkret" 6/2000 - Giugno del 2000 -
(*) - Il presente testo è una risposta ai critici tedeschi dello "Schwarzbuch Kapitalismus" ("Il libro nero del capitalismo") di Robert Kurz.
fonte: EXIT!
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