sabato 23 gennaio 2016

Le monete false di Rembrandt

rembrandt

Ci sono due aspetti peculiari nel romanzo di David Markson, "L'amante di Wittgenstein":
da una lato, abbiamo la narratrice, e le sue osservazioni che si riferiscono alla sua condizione di donna (il fatto che nell'Iliade nessuna donna abbia le mestruazioni; il Papa che ha fatto bruciare quasi tutte le poesie di Saffo; Ermione, la figlia che Elena di Troia abbandona; ecc.), mentre dall'altro abbiamo lo scenario post-apocalittico in cui la narrazione si svolge.
Il mondo è finito eppure c'è una donna che si dispone a scrivere la sua storia. Ma non è la storia della sua sopravvivenza, o la storia della scomparsa dell'umanità così come noi l'abbiamo conosciuta, bensì è la storia della sua memoria. Una riflessione su come il mondo sia possibile solamente a partire dal linguaggio.

"Quel che è successo dopo che avevo cominciato a scrivere di Achille, è stato che a metà della frase ho cominciato invece a pensare ad un gatto.
E il gatto cui ho cominciato a pensare era il gatto che sta fuori dalla finestra rotta che si trova nella stanza vicino a questa, da cui quando soffia una brezza proviene un suono come di un continuo graffiare.
Il che è come dire che non sto pensando ad alcun gatto, in quanto non c'è nessun gatto al di fuori del suono del graffiare che me lo fa venire in mente.
Allo stesso modo in cui non c'erano monete sul pavimento dello studio di Rembrandt, tranne per il fatto che la combinazione di colori faceva pensare a Rembrandt che ci fossero."

L'ultima frase mostra uno dei procedimenti ricorrenti in Markson. Quello per cui, nel corso di tutta la sua narrazione, torna più volte sullo stesso aneddoto visto sotto angolature diverse.
La narratrice di Markson racconta di come gli apprendisti di Rembrandt dipingessero monete d'oro sul pavimento dello studio, ingannando il maestro, il quale si chinava per cercare di raccoglierle.
Pertanto - argomenta Markson - memoria e linguaggio sono come quelle monete false dipinte sul pavimento.
Sebbene promettano qualcosa che non viene mantenuto, che si rivela essere falso, l'esperienza della ricerca (chinarsi per raccogliere le monete, scavare nella memoria e tradurla in linguaggio) porta a scoprire un'altra specie di ricompensa, una sorta di sdoppiamento ludico del proprio desiderio, che ora può ridere dell'inutilità della propria urgenza.
Cosa che forse potrebbe spiegare il perché una storia che ha luogo dopo la fine del mondo possa non essere un libro sulla fine del mondo, ma sul linguaggio e sulla memoria in quanto monete false.

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