giovedì 7 gennaio 2016

A vita!

pensionati

Lavoro perpetuo?
- di Robert Kurz -

Si può vedere fino a che punto sia malata la riproduzione capitalista della società, a partire dai suoi due imperativi diametralmente opposti: "noi" dobbiamo essere sempre di di più e, allo stesso tempo, sempre meno di quanto "noi" dobbiamo essere. Sempre di più, sennò chi pagherà mai le pensioni dei vecchi malvagi che campano così tanto? E sempre meno, sennò da dove potranno mai provenire tutti quei posti di lavoro per la nuova generazione del baby-boom, nelle condizioni della terza rivoluzione industriale e della globalizzazione? Le pensioni ed il mercato del lavoro si trovano in un'opposizione inconciliabile. E' da tempo che questa schizo-argomentazione si è impadronita della coscienza delle masse. Le coppie eterosessuali senza figli vengono guardate male dai vicini in quanto non contribuiscono, come gli altri, con la loro discendenza, alla sicurezza sociale. Simultaneamente, i genitori sono amareggiati perché i loro figli non dispongono di un posto da apprendista, nemmeno per un lavoro non qualificato, e cresceranno in un futuro precarizzato. La base del lavoro produttivo si squaglia, mentre si gonfia la massa dei beneficiari di prestazioni sociali, il che non può funzionare e rivela la contraddizione interna al modo capitalistico di vita e di produzione.

Uno dei principi per la quadratura del cerchio politico-sociale consiste nell'aumento dell'età pensionabile; per ora fino a 67 anni, e poi, il prima possibile, fino a 70, come è stato preannunciato dal discorso neoliberista. Questa soluzione grandiosa, da tempo oggetto di negoziati, ora, con gli accordi della grande coalizione, è stata attuata, seppure con il mal di pancia dei socialdemocratici. Cosa che, a dire il vero, non è ma stato motivo di impedimento alcuno, dal momento che la socialdemocrazia vive benissimo con il mal di pancia. Il fatto che una società con la più alta produttività di tutta la storia mondiale trattenga a lavorare gli anziani per più tempo di quanto avveniva nel Medioevo, non indigna quasi nessuno. Le persone si sono già abituate ai paradossi di quello che è il migliore dei mondi. In ogni caso si tratta solo di un rinvio del problema. Poiché è la produttività stessa che ora rende il lavoro superfluo in larga misura, nel mentre che, ciò nonostante, dovrebbe mangiare soltanto chi lavora. Se, in preda alla disperazione, si continua a far giocare i pensionati, questi ovviamente finiscono per bloccare l'accesso alla generazione successiva, ai rari posti di lavoro. L'amministrazione di crisi tappa i buchi solo per aprirne altri. Il pragmatismo politico si riduce all'assurdo.

Ufficialmente, le associazioni degli imprenditori esprimono il loro consenso cosciente e responsabile. In realtà, però, per motivi di costo e di efficienza, le imprese non voglio dare formazione né assumere persone che abbiano più di 40 anni di età. Ad essere richiesti sono i famigerati campioni olimpici di dinamismo ed alta motivazione, intorno ai 25 anni di età e con un'esperienza professionale. Da dove vengano e chi paghi la loro formazione, è un problema della società, non degli imprenditori. Nella globalizzazione, ad un acquirente di forza lavoro, in una situazione di abbondanza di offerta, un tale atteggiamento esigente "deve" essere consentito. Gli anziani, obbligati alla produzione in maniera coercitiva, sono solo dei modelli alla fine del ciclo e dei pesi morti, sono qualcosa da abbattere quanto prima. Esiste qui di fatto un conflitto di interessi fra l'amministrazione della crisi sociale e la razionalità dell'economia imprenditoriale. Fino a poco tempo fa, nella variante di lusso, gli "escrementi della produzione" umani venivano esonerati per mezzo delle pensioni anticipate; invece, nella variante di miseria, abbiamo i licenziamenti causati dalla chiusura delle imprese ed il viaggio verso il destino della Harz-IV. E questo continuerà così, nei casi dubbi, per mezzo della dislocazione della produzione verso l'Europa Orientale o verso la Cina. Inoltre, in questo modo, verranno eliminate non solo le persone che sono state decisive nel corso del miracolo economico, ma anche i carissimi campioni olimpici locali.

In generale, l'Eldorado del capitalismo selvaggio si colloca chiaramente ad Est. Lì ci sono a disposizione gruppi di uomini e donne altamente motivati, giovani e a buon mercato, mentre la loro speranza di vita decresce drasticamente e i vecchi tirano il calzino senza un lamento. E' questo il modello del futuro. L'aumento dell'età pensionabile, qui da noi, può essere considerato un programma di transizione. Quando si devono trascinare i vecchi dentro il processo di produzione, essi vengono esposti alla pressione del servizio ed alla vessazione permanente. Cosa che nessuno sopporta per molto tempo se non dispone di un corpo in piena forma. L'assistenza medica di seconda classe fa il resto. Il discorso per cui "morire prima è socialmente compatibile", che un presidente dell'ordine dei medici si è lasciato scappare, segna tutta un'epoca. La fine della vita verrà anticipata e verrà collocata all'interno della quotidianità dell'attività professionale. Non più pensionati edonisti, ma soldati della valorizzazione, che, in un certo qual modo, moriranno con gli stivali ai piedi. COsa c'è di più bello per un tedesco? In questo modo si risolve il dilemma sociale, almeno per quel che riguarda l'amministrazione statale della crisi. Le giovani generazioni non guadagneranno niente da questa situazione, in quanto è proprio tale situazione a razionalizzare ancora di più i loro potenziali posti di lavoro; a loro volta, gli occupanti i vecchi posti di lavoro fordisti sono condannati a "vita". E' questa la giustizia capitalista.

- Robert Kurz - Pubblicato sul settimanale Freitag, Berlino 4/11/2005 -

fonte: EXIT!

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