Rottura inaugurale (a proposito di Serge Latouche)
- di Anselm Jappe & Clément Homs -
Abbiamo discusso per anni, in dibattiti pubblici e privati, con Serge Latouche. Sembrava che ci fosse un terreno comune di discussione, al netto delle divergenze e delle convergenze su alcune questioni, e che la discussione potesse essere arricchente per entrambe le parti. Va sottolineato che la critica del valore a cui ci richiamiamo, su un piano molto generale, condivide con la decrescita la convinzione che bisogna uscire dalla crescita economica, e perfino dall'economia in quanto tale, in quanto "realtà" ad un tempo pratica ed ideologica, ma che noi non condividiamo del tutto le ricette proposte da Latouche e dagli altri autori della decrescita: ritorno alle monete nazionali o complementari ed alle sovranità nazionali, rilancio keynesiano, "soluzioni politiche" che presuppongono lo Stato, rilocalizzazione dell'economia, riduzione del tempo di lavoro, alternativismo, semplicità volontaristica, ecc.. L'ultimo riepilogo di tutti questi dibattiti - dopo gli articoli "Decrescenti, ancora uno sforzo!" e "Critica del sostantivismo economico di Karl Polanyi" - è stato il libro "Per farla finita con l'economia".
Ma oggi dobbiamo constatare che il proseguimento di tale dibattito non ha più alcun senso. Latouche, per quel che gli riguarda, invece di migliorarsi ha intrapreso un cammino per cui dimostra - è il minimo che si possa dire - una mancanza di vigilanza riguardo al recupero della decrescita messo in atto dalla "Nuova Destra". Sembra che Latouche abbia intenzione di "rastrellare tutto il possibile" e di costruire una sorta di "fronte decrescente" cui tutti possano aderire, indipendentemente dalle loro posizioni politiche rispetto ad altre questioni - perfino Alain De Benoist, cui è stata lasciata chiaramente la porta aperta nel corso di un'intervista del Luglio 2013 al sito "Reporterre" [*1]. Mentre in Italia non esita a comparire al fianco di un tale Diego Fusaro - un allievo di quel sudiciume di Costanzo Preve - il quale mangia a tutti i trogoli dei fascisti italiani quando non concede un'intervista in Francia alla rivista Eléments di De Benoist del luglio-settembre 2015 (n°156).
In un momento storico in cui il nuovo "populismo trasversale" avanza dappertutto e si propone come una vera e propria spiegazione ideologica della crisi del capitalismo, destinata a distogliere la rabbia delle sue vittime, il rifiuto di partecipare, pur indirettamente e da lontano, ad una simile impresa "rossobruna" è la condizione minima perché ci possa essere un dialogo con noi. Ci impegniamo pubblicamente a sputare sul viso dei vari De Benoist, Soral, Onfray, Diego Fusaro, ecc., non appena ci troveremo in loro presenza, e ci aspettiamo lo stesso atteggiamento da parte dei nostri interlocutori. Latouche non riuscirà mai ad arruolare la critica del valore nelle sue truppe ausiliarie! I rari approcci contemporanei che rimangono fedeli all'idea dell'emancipazione sociale, ovviamente combatteranno con tutte le loro forze i nuovi reazionari del populismo trasversale - ma senza dare necessariamente ragione alla sinistra modernista. Piuttosto, la critica del valore continuerà a dimostrare che ciò che unisce questi due campi, al di là delle loro differenze, è l'anticapitalismo tronco e la riduzione della critica sociale ad una critica della sola sfera finanziaria.
- Anselm Jappe & Clément Homs -
NOTA:
[*1] - Latouche scrive: "devo proibire ad Alain de Benoist di richiamarsi alla decrescita, col pretesto che è schierato a destra? Lo si deve condannare ad vitam aeternam ad essere incatenato a tale categoria? La sua posizione può essere rivalutata, ridiscussa" (vedi: http://www.reporterre.net/La-decroissance-permet-de-s )
fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme
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