giovedì 23 ottobre 2014

Il jingle dei preoccupati

GothamWriters1

Il disvalore dell'ignoranza
- "Critica del valore" tronca come ideologia di legittimazione di una nuova piccola borghesia digitale -
di Robert Kurz

*Nota precedente all'edizione stampata* 1. Dalla critica del valore all'ideologia del circolo digitale* 2. La sorella della merce e Internet come "macchina di emancipazione* 3. Forma del valore, sostanza del valore e riduzionismo della circolazione* 4. "Scambio giusto" e relazioni d'uso capitalistiche* 5. L'anima della merce in azione: dal "ben pagare il non serio" all'antisemitismo strutturale* 6. Produzione di contenuti, costi capitalistici e "riproduttività senza lavoro"* 7. Lavoro produttivo ed improduttivo nel contesto di riproduzione capitalistica* 8. Verso un'ontologia del lavoro secondaria* 9. Il carattere sociale totale della sostanza del valore e l'ideologia del capitale "produttivo" e "rapinante"* 10. Svalorizzazione universale e teoria degli stadi di un'emancipazione simulatrice* 11. Falso universalismo ed esclusione sociale. L'ideologia dell'alternativa digitale come eldorado degli uomini della classe media trasformati in casalinghe* 12. Il punto di vista degli idioti del consumo virtuale* 13. Autoamministrazione della miseria culturale* 14. L'esproprio dei produttori e delle produttrici dei contenuti come abnegazione sociale e risentimento* 15. Termiti e formiche blu. La biopolitica della "intelligenza del formicaio" digitale* 16. Realpolitik di pauperizzazione dei candidati a capo dell'amministrazione di crisi nella cultura*

1. Dalla critica del valore all'ideologia del circolo digitale

Per mantenere l'idea di una critica radicale, si deve sfuggire alla seduzione della cosiddetta "prassi". Questo, naturalmente, non significa che la teoria critica debba prescindere dalla rivoluzione reale della situazione vigente. Nondimeno, una prassi realmente rivoluzionaria può essere scoperta solo per mezzo di processi di mediazione complessi, e non incontrata nell'immediato, nel giorno per giorno, nell'immanenza esistente; e neppure dove le contraddizioni vengono solamente espresse, e seppure siano trattate, non lo sono in nessun modo in maniera trascendente. Ogni movimento sociale inizia come istanza di "trattamento della contraddizione", che si limita a cercare di interpretare il capitalismo; sebbene esso si consideri critico del capitalismo, non riesce comunque ad avvicinarsi alla critica categoriale (cfr: a questo proposito, leggere "Grigio è l'albero d'oro della vita, e la teoria è verde" da Exit n.4)
Questo vale in particolar modo per determinati movimenti parziali o monotematici, gruppi di interesse o di preoccupati [Betroffenheit], oppure anche meri "circoli" alla moda che raggiungono una certa notorietà facendo ricorso a determinati momenti abituali, o che si muovono in un campo di riferimenti determinato e delimitato. Tutto quello che ho qui presentato ottimisticamente come "prassi" può essere benissimo, sotto forme diverse, oggetto della teoria critica, ma non un suo punto di riferimento. Procurarsi una prassi corrente ed immanente, alla quale si fornisca di seguito la teoria corrispondente, al fine di irreggimentare e pescare adepti, è già la fine della critica. In un tal modo, la teoria corrisponde solo al suo concetto come forma di riflessione borghese, includendo qui tutta la vulgata del marxismo, in quanto mera ideologia di legittimazione fornitrice di idee per l'eterno trattamento della contraddizione, senza capacità di scuotere la situazione vigente.
Col "Manifesto contro il lavoro", la vecchia critica del valore oscillava fra il sostenere la pretesa teorica della critica ed il retrocedere verso una "relazione di applicazione" immediata, con la finalità di soddisfare le necessità di determinati "circoli". Tale differenza decisiva ha costituito un momento di rottura di "Krisis", sebbene questo non sia stato chiaro per tutti fin da subito. Mentre "EXIT!" si dedicava alla divulgazione della teoria sociale, dove l'efficacia si dimostra più sotto forma di pubblicazioni, inviti a presentazioni e conferenze per la ricezione di contenuti, nella rimanente "krisis" si notava sempre più chiaramente un orientamento da "circolo". Quello che veniva venduto come "apertura" riduceva, in realtà, il paradigma della critica del valore al rifornimento di modelli di legittimazione per una determinata impresa legata alla pratica ed al movimento, al fine di delimitare alcune lotte in questo pantano.
Detto ciò, già solo nelle rare ed insipide formulazioni di alibi, ma poco o niente nella realtà, ci si rivolge ai fronti di resistenza sociale nei confronti dell'amministrazione di crisi capitalista, ossia, alle forme di trattamento della contraddizione su scala sociale, sulla cui base si possono solamente sviluppare momenti trascendenti di nessun significato pratico. Così, la rimanente "Krisis" si riorienta sempre più - in parte facendo ricorso ad un concetto di "quotidiano" caricato di connotazioni fenomenologiche ed esistenzialiste, in parte appoggiandosi ad una comprensione tronca e reificata della "appropriazione" - verso la falsa immediatezza di un ambito alternativo postmoderno, nel quale, per reciproca costruzione, le sue vuote parole d'ordine vengono restituite sotto una forma teoricamente raffinata ed accompagnate da un jingle filosofico.
Non a caso in questo contesto (del resto, a somiglianza di quel che accade con alcuni post-operaisti) acquisisce un'importanza fondamentale il riferimento ad una corrente che nasce dal concetto di "free software" e che si presenta sotto i nomi di "Oekonux", "Copyleft" e "movimento culturale libero". Gli è che qui c'è chi ha fiutato l'ipotesi di rivestire a nuovo l'ideologia dell'alternativa più ordinaria - che ha tanto a che fare con la critica del valore quanto il "Nordic Walking" ha a che fare con l'insurrezione armata – addobbandola con la benedizione superiore dei settori più avanzati dell'alta tecnologia, mentre si infila il problema della socializzazione dentro l'anonimato di semplici macchinari. Sulla base del computer visto come presunta "macchina universale" in senso sociale, si rivitalizza la fede tecnicistica nel progresso del XIX secolo per propagandare per mezzo dello spazio virtuale un modello di simulazione dell'emancipazione sociale sotto forma della merce ottenuta apparentemente senza sforzo né lotta. Gli obiettivi sono soprattutto persone che sono già squalificate rispetto al pensiero critico emancipatore, per il semplice fatto di considerare sé stessi come "utenti" sul piano sociale. Alcuni critici del valore degenerano in tal modo in veri e propri ideologhi "del circolo" dell'economia alternativa digitale, si preparano con grandi gesti a "scoprire nella teoria del valore il fondamento di una critica dell'economia politica dell'informazione" (Ernst Lohohh, Krisis 31) rivolgendola verso la "teoria dell'appropriazione" (Stefan Meretz, Krisis 31). E' questa pretesa che ora dev'essere sottoposta ad una critica.

2 – segue -

Robert Kurz

fonte: EXIT!

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