Premetto che il film non l'ho ancora visto. So solo - come tutti - che "Romanzo di una strage" si ispira al libro dello stesso titolo, un libro che sposa la tesi per cui, di bombe quel giorno ce ne sarebbero state almeno due, e una delle due sarebbe stata trasportata da Valpreda. E questa era anche la tesi di Calabresi, a detta dell'autore del libro. So anche che, nel film, le cose cambiano, in qualche modo, rispetto al libro. Insomma, un colpo al cerchio e uno alla botte. Per cui, il secondo bombarolo non sarebbe un anarchico, ma un altro fascista, o qualcosa del genere.
Ad ogni modo, per chi voglia approfondire, consiglio di scaricare e leggere il libriccino che Adriano Sofri ha scritto a caldo sul film stesso. Lo potete scaricare qui.
Quello che invece mi ha incuriosito, è stata la frase che il regista, Marco Tullio Giordana, avrebbe pronunciato come premessa al suo voler fare un film come quello che ha fatto. Eccola:
«Il fatto è che io Calabresi l’ho conosciuto. Quando da studente ho
occupato il mio liceo, il Berchet. È arrivato questo signore serissimo,
gentile ed elegante, circondato da sbirri minacciosi, che non aveva l’aria
del poliziotto e ci dava del lei, ci trattava come figli. A me fece una specie di paternale: ma come, lei, figlio di una vedova e con quattro fratelli, che grazie ai sacrifici di sua madre ha la possibilità di studiare, si mette a occupare! Uscii dall’interrogatorio con le lacrime agli occhi»
Marco Tullio Giordana è nato nell'ottobre del 1950, e quindi è poco più vecchio di un paio d'anni, rispetto a me. Non molto, oggi, ma una differenza sostanziale per degli adoloscenti.
Per intenderci, quando nel 1968 lui andava per i diciott'anni, io ne avevo poco più di quindici. E non è poco. Anche perché ritengo che l'occupazione di liceo, cui si riferisce e che lo onorò di una visita dell'allora commissario Calabresi (nickname, commissario finestra) e del conseguente interrogatorio, debba essere avvenuta in quell'anno fatidico. Diversamente, il Giordana, sarebbe stato un ... ripetente. Ignoro i trascorsi scolastici del regista, ragion per cui posso ipotizzare anche che di anni ne avesse diciannove, se non venti. Addirittura. Ma non importa. Quello che mi piacerebbe sapere è come abbia fatto a coltivare, per più di quarant'anni. quest'icona di commissario gentile ed elegante, e serissimo - aggiunge - laddove l'aggettivo serissimo sembrerebbe quasi sinonimo di severo, severissimo, forse. Rinuncio al gioco facile con la faccenda della madre vedova - e quindi dell'assenza del padre - e preferisco ripensare a quegli anni, e all'effetto che mi facevano quei signori eleganti e gentili che ti venivano a buttare giù dal letto alle cinque e mezza di mattina e ti frugavano la casa. No, non mi hanno mai fatto venire le lacrime agli occhi, né loro, né le loro paternali, né le loro minacce. E nemmeno il loro blandire, il loro far professione di antifascismo, ed altre simili amenità. Nemmeno la loro onestà; ché qualcuno di loro lo era, onesto! So da che parte sta, un poliziotto, sempre e comunque. Non so da che parte stia uno come Giordana.
2 commenti:
non oltre la finestra.
so che da che parte sarò io...sempre da quella del torto e delle vittime, mai da quella di inquisitori e torturatori.
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