mercoledì 28 marzo 2012

forse …

ucronia

Ucronia è un bel termine. E pensare che lettori e scrittori anglofoni devono accontentarsi di definizioni meno eleganti e assai più ingombranti. Roba tipo "romanzo controfattuale", oppure "linea temporale alternativa", per descrivere i libri di cui mi appresto a parlare. Modellato su "Utopia", Ucronia è un termine che allude ad un non-tempo ed attiene al cosiddetto what-if, cosa sarebbe accaduto se ...Insomma, libri in cui gli eventi storici significativi sono andati da un'altra parte, rispetto a quella che effettivamente conosciamo. Nella sua forma pura, un romanzo, una storia ucronica, prevede un preciso momento di divergenza. Ad esempio, ne "L'alterazione" di Kingsley Amis, avviene che la Riforma ... non è mai avvenuta! Ancora, ne "Il complotto contro l'America" di Philip Roth succede che Roosvelt perde le elezioni del 1940, e vince Charles Lindbergh. Se si va a fare un giro sul bel sito "Uchronia: The Alternate History List" , ci si può rendere conto come, negli ultimi tempi, la pubblicazione di simili storie si sia parecchio incrementata.
Certo, la storia dell'Ucronia è storia antica. Sembra che, il primo esempio, risalga addirittura a Tito Livio, quando, nel Ix libro della sua Storia di Roma, si domanda cosa sarebbe accaduto se Alessandro  Magno si fosse diretto ad ovest, in direzione di Roma, anziché ad est, verso la Persia. Se tralasciamo le speculazioni di Agostino e di Tommaso d'Aquino a proposito del what, if Adamo ed Eva non avessero mangiato la mela, si può affermare che la curiosità dura poco, nel senso che dopo Tito Livio bisognerà aspettare una bella paccata di secoli, e il romanzo di Joanot Martorell, "Tirant lo Blanc": siamo nella Spagna del 1400, quando viene scritta quest'opera - non si sa se e quanto satirica - che postula la caduta di Costantinopoli ai tempi di Maometto II. Ad ogni modo, più che il "che cosa - se ...", è un genere di storia che viene giocata sul "se solamente ...".
Ed il "se solamente ..." presiede senz'altro al primo romanzo ucronico moderno. "
Quel "Napoleone apocrifo. Storia della conquista del mondo e della monarchia universale 1812-1832" a firma di Louis Geoffrey, in cui si immagina che Napoleone abbai sconfitto la Russia nel 1812 e la Gran Bretagna nel 1814. Da Geoffroy (che muore a Parigi proprio nel 1814) in poi, il potenziale della formula apparirà evidente a più di uno scrittore. Nel racconto "P's Corrispondence, Nathaniel Hawthorne costruisce una visione alternativa del 19° secolo. Qui, Dickens è morto in giovane età mentre Burns è arrivato, in ottima salute, all'età di 87 anni; Shelley, poi, si è riconciliato con la Chiesa d'Inghilterra, Keats scrive il "Paradiso riconquistato", e così via. Niente di ché, per carità, una storiella quasi inoffensiva, ma il genere comincia a prendere piede, e così vi si cimenta anche Edwin Morgan, che scrive un poema in cui immagina Byron all'età di 65 anni. Insomma, la letteratura pratica il terreno dell'auto-referenzialità.
Ma è il XX secolo che ci sorprende. Hilaire Belloc, G.K. Chesterton, H.G. Welles. Tutti si cimentano sul terreno dell'Ucronia. E, soprattutto, con i risultati migliori, lo fa anche Sir Winston Churchill. Cosa sarebbe accaduto se Lee non avesse vinto la battaglia di Gettysburg, questo il tema. Ma il bello è che il racconto appare scritto da uno storico che vive in un universo dove la guerra civile americana è stata vinta dagli Stati confederati del Sud! Da qui, si apriranno molte strade; e mi piace pensare che il nobel per la letteratura, vinto da Churchill contro scrittori del calibro di Hemingway, Graham Greene e Robert Frost, sia merito di ... Lee.
Il romanzo più frequentemente citato, come Ucronia per eccellenza, è di solito "The man in the high castle" di Philip Dick, un libro dove si postula che i nazisti e i giapponesi abbiano vinto la seconda guerra mondiale. Il libro è del 1962, e magari Vladimir Nabokov, prima di scrivere "Ada or Ardor" (che è del 1969) potrebbe anche averlo letto. Il fatto è che entrambe le opere indugiano a proposito dell'orrore che nell'universo alternativo via sia la conoscenza di un percorso diverso intrapreso dalla storia. Un altrove, dove i personaggi esistono in modo diverso. E fin qui ... poi, scrittura e fini sono assolutamente diversi. L'anti-terra di Nabokov è un luogo dove la felicità è una possibilità. Dick, scrittore assai più pericoloso, ci insinua il sospetto che siano cambiate solo le uniformi.
E il problema con l'Ucronia è proprio questo: O siamo bloccati su questo mondo, oppure non lo siamo. Andrew Crumey (che, a sostegno delle sue elucubrazioni, esibisce un curriculum di tutto riguardo) si è domandato se il multiverso (basato sulla teoria degli universi paralleli di Hugh Everett) non sia proprio questo terribile groviglio di scrittori e scienziati, cresciuti leggendo storie di universi paralleli e di ucronie con un capitalismo sbiadito, le cui scelte si estendono anche alle altre dimensioni.

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