mercoledì 2 febbraio 2011

Forse

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Arthur Cravan, pugile e poeta. E forse qualcosa di più. E ciascuno racconta la sua, di Arthur Cravan! Se la prende larga, quando scoppia la guerra, quella che viene chiamata "grande". Lui, che non sa bene se essere inglese, svizzero o francese, sa bene invece che quando la viltà si impone s'ha da essere codardi. Ragion per cui se ne va un po' a spasso per il mondo, e per il mondo viene visto e riconosciuto: su un transatlantico, a conversare di politica con Leone Trotsky, ma anche barbone a Central Park, dopo essere stato conferenziere scandaloso a New York, ma forse era prima che passasse la frontiera canadese, travestito da donna, autostoppista. Girovagando – sempre prima o dopo - finisce in Spagna, e a Barcellona sembra aver fama di grande pugile, inglese. E qui organizza il match del secolo. Jack Johnson passava di lì, aveva dovuto assentarsi dagli Stati Uniti, per un problema di colore, pare. Jack Johnson: bisognerà aspettare Cassius Clay (o Mohammed Alì che dir si voglia) per farlo smettere di essere il più grande pugile di tutti i tempi! Sei riprese di tre minuti ciascuna, e un borsa enorme, da dividersi, il vincitore e il perdente. Finisce al tappeto al sesto, ma c'è anche chi dice che, i due contendenti, dovessero abbandonare il ring di gran fretta. La gran folla che si era radunata per l'incontro del secolo non aveva gradito troppo il fatto che Cravan si buttasse ai piedi di Johnson, implorandolo di non picchiarlo. Sparisce, dopo, o forse prima. In Messico, sembra. Aveva messo in acqua una barchetta a remi, con cui intendeva recarsi a Buenos Aires, per ricongiungersi al suo amore perduto. Forse non ci arrivò mai. Forse.

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