Diario di un miliziano anonimo della CNT
Madrid, 20 nov 1936
Sono sveglio da quattro ore, mi trovo nell'ospedale delle milizie Confederali nell'Hotel Ritz di Madrid. A quanto dicono, sono stato ricoverato questa mattina con una ferita grave da baionetta che mi ha quasi fatto scoppiare lo stomaco.Mi hanno operato d'urgenza e sono rimasto in stato di semi-incoscienza per tutto questo tempo. Ho ancora nella mente le immagini un po' confuse di quello che è successo. Ricordo che ci fu ordinato di prendere il piano terra e il seminterrato dell'ospedale Clinico. Nell'entrare ci imbattemmo nel nemico, con cui si verificò una mischia corpo a corpo. Accadde tutto velocemente, mi ricordo la lotta con uno di loro e, soprattutto, il suo volto sopra la mia baionetta. L'aveva afferrata con entrambe le mani, mentre la lama tagliente lo squarciava. Le sue grida si mescolavano alle mie, allo stesso tempo che si mescolavano con quelle di tutti gli altri che stavano combattendo nell'oscurità. Quando il corpo di quello sconosciuto si afflosciò, caddi su di lui senza fiato. Il mio corpo era madido di sudore, anche se la notte era molto fredda e intrisa di pioggia. L'ultima cosa che ricordo è che ho cercato di alzarmi e un dolore terribile al costato me lo ha impedito. Ho cominciato a sentire che mi bruciava tutta la parte dello stomaco, sentii degli spari e poi non riesco a ricordare altro.
Da quando abbiamo lasciato l'Aragona, fino ad oggi, non ho potuto scrivere niente sul diario. Cercherò di fare una sintesi di tutti gli eventi occorsi da quando abbiamo lasciato il fronte d'Aragona fino ad oggi.
Madrid, alla fine di ottobre, è sul punto di cadere, il governo non confida nella sua salvezza e preparava la fuga per Valencia. Ma prima di scappare, Caballero, presidente del consiglio e ministro della guerra, cerca di legare tutti i fili sciolti, e il più importante è la CNT. Nel suo incontro con il presidente Manuel Azaña, gli espone che la CNT deve entrare nel governo, dapprima Azaña rifiuta categoricamente, ma il giorno dopo accetta senza tanti giri di parole, lasciando stupefatto Largo Caballero. Il piano è tracciato. Alla CNT vengono concessi quattro ministeri senza portafoglio, che sarebbe andati a quattro compagni scelti dall'organizzazione. Questi ministri anarchici sono Juan López (Commercio), Federica Montseny (Salute), Juan Peiró (Industria) e Garcia Oliver (Giustizia). La CNT maggioritaria fra la popolazione, però minoritaria nelle decisioni di stato, torniamo a cedere un altro pezzo di terreno, come stiamo facendo dal 19 luglio sotto gli slogan incolori di resistir, no pasarán, unidad antifascista…
Il 4 novembre si accetta l'ingresso della CNT nel governo della Repubblica e il 5 di novembre i nostri quattro compagni partecipano al loro primo consiglio dei ministri, ma qual è la sorpresa. Largo Caballero annuncia che il governo si trasferisce a Valencia. Ai nostri quattro compagni si sbianca il viso. Ora capiscono qual è il gioco di coloro che sono sempre stati i nostri nemici, la fuga da Madrid, però accompagnata da una rappresentanza della CNT di modo che il disonore cada anche sulla nostra organizzazione. I nostri compagni si oppongono energicamente. García Oliver, prende la parola a nome dei quattro ministri della CNT: "Andiamo via? Ma se siamo appena arrivati! No!. Il governo deve rimanere a Madrid e i ministri, come autentici commissari, devono essere gli animatori della lotta, ed anche combattere sulle barricate". Queste parole riempiono di orrore gli altri ministri, compresi i comunisti, che guardavano Garcia Oliver come fosse un pazzo che li stava spedendo in prima linea. Tutti gli sguardi deviarono rapidamente verso Largo Caballero, e questi invitò alla calma i ministri della CNT e a "comportarsi ragionevolmente", perché non c'era tempo e la decisione doveva essere presa all'unanimità. Garcia Oliver ratificò quanto aveva detto prima, e Caballero chiese che i quattro ministri della CNT si incontrassero in privato per deliberare con più calma sulla situazione in cui si trovava il governo. I quattro ministri tornarono a ratificare ancora il rifiuto di lasciare Madrid. Allora gli altri ministri cominciarono a togliersi le maschere. Quelli del partito di Azaña a gran voce dicevano a Largo Caballero "Guardate voi stesso i pazzi che ci ha portato ne"l governo! Caballero disse ai cenetisti che o accettavano si o si sarebbe aperta una crisi di governo e, in questo momento, sarebbe stata la fine di tutto. I cenetisti tornarono a riunirsi, ma risolsero che per uscire da quella situazione avrebbero chiamato il Comitato Nazionale della CNT per comunicare lo stato in cui erano. Horacio M. Prieto, del Comitato Nazionale della CNT, disse loro, "Votate, poi tornate immediatamente a Madrid."
Quando Garcia Oliver entrò per comunicare il risultato ci fu un silenzio di tomba, e in mezzo a questo silenzio annunciò che la CNT aveva votato per il trasferimento del governo a Valencia. Si dice che più di uno sudava, personalmente ritengo che più di uno se la sia fatta sotto pensando di andare al fronte. Da quel momento tutti i ministri che avevano sudato tanto in attesa della decisione della CNT, ora correvano come matti: vai, vai, scappa via il più presto possibile da Madrid.
Ma per le strade della capitale, il popolo madrileno era in contrasto con il governo che lo abbandonava. In ogni angolo della città la gente si preparava alla resistenza, la CNT e l'UGT aveva lanciato un manifesto a tutto il popolo di Madrid che si riassumeva in queste parole: "Libertà o Morte!" Nelle strade tutti preparavano le armi, armi per difendersi dal fascismo che è alle porte di Madrid. Al calar della notte, il 6 novembre, il governo prese la fuga per la strada che porta a Valencia, via Tarancón. A quel punto vennero fermati dalle unità anarchiche del compagno Villanueva che presidiavano la posizione. Questi aveva ricevuto ordini da Madrid di lasciare passare i ministri, e con riluttanza obbedì agli ordini. Prima di partire, Largo Caballero diede al generale Miaja una busta sigillata con la raccomandazione di "non aprirla prima delle 6 di mattina del 7 novembre". La busta conteneva la nomina del generale Miaja come capo della difesa di Madrid.
Nella notte del 7 novembre, i combattimenti si fecero molto duri, e per la prima volta i miliziani non retrocedettero e combatterono come veri leoni. La Federazione locale dei sindacati della CNT lanciò un appello via radio:
"Madrid, libera da ministri, commissari e "turisti", si sente più sicura nella sua lotta (...) Il popolo, la classe operaia madrilena, non ha bisogno di tutti questi turisti che sono partiti per Valencia e per la Catalogna. Madrid, libera dai ministri, sarà la tomba del fascismo. Avanti, miliziani! Viva Madrid senza un governo! Viva la rivoluzione sociale!".
A Valencia, la dichiarazione che venne resa pubblica dalla CNT e dalla FAI è stata ancora più radicale:
Da quando abbiamo lasciato l'Aragona, fino ad oggi, non ho potuto scrivere niente sul diario. Cercherò di fare una sintesi di tutti gli eventi occorsi da quando abbiamo lasciato il fronte d'Aragona fino ad oggi.
Madrid, alla fine di ottobre, è sul punto di cadere, il governo non confida nella sua salvezza e preparava la fuga per Valencia. Ma prima di scappare, Caballero, presidente del consiglio e ministro della guerra, cerca di legare tutti i fili sciolti, e il più importante è la CNT. Nel suo incontro con il presidente Manuel Azaña, gli espone che la CNT deve entrare nel governo, dapprima Azaña rifiuta categoricamente, ma il giorno dopo accetta senza tanti giri di parole, lasciando stupefatto Largo Caballero. Il piano è tracciato. Alla CNT vengono concessi quattro ministeri senza portafoglio, che sarebbe andati a quattro compagni scelti dall'organizzazione. Questi ministri anarchici sono Juan López (Commercio), Federica Montseny (Salute), Juan Peiró (Industria) e Garcia Oliver (Giustizia). La CNT maggioritaria fra la popolazione, però minoritaria nelle decisioni di stato, torniamo a cedere un altro pezzo di terreno, come stiamo facendo dal 19 luglio sotto gli slogan incolori di resistir, no pasarán, unidad antifascista…
Il 4 novembre si accetta l'ingresso della CNT nel governo della Repubblica e il 5 di novembre i nostri quattro compagni partecipano al loro primo consiglio dei ministri, ma qual è la sorpresa. Largo Caballero annuncia che il governo si trasferisce a Valencia. Ai nostri quattro compagni si sbianca il viso. Ora capiscono qual è il gioco di coloro che sono sempre stati i nostri nemici, la fuga da Madrid, però accompagnata da una rappresentanza della CNT di modo che il disonore cada anche sulla nostra organizzazione. I nostri compagni si oppongono energicamente. García Oliver, prende la parola a nome dei quattro ministri della CNT: "Andiamo via? Ma se siamo appena arrivati! No!. Il governo deve rimanere a Madrid e i ministri, come autentici commissari, devono essere gli animatori della lotta, ed anche combattere sulle barricate". Queste parole riempiono di orrore gli altri ministri, compresi i comunisti, che guardavano Garcia Oliver come fosse un pazzo che li stava spedendo in prima linea. Tutti gli sguardi deviarono rapidamente verso Largo Caballero, e questi invitò alla calma i ministri della CNT e a "comportarsi ragionevolmente", perché non c'era tempo e la decisione doveva essere presa all'unanimità. Garcia Oliver ratificò quanto aveva detto prima, e Caballero chiese che i quattro ministri della CNT si incontrassero in privato per deliberare con più calma sulla situazione in cui si trovava il governo. I quattro ministri tornarono a ratificare ancora il rifiuto di lasciare Madrid. Allora gli altri ministri cominciarono a togliersi le maschere. Quelli del partito di Azaña a gran voce dicevano a Largo Caballero "Guardate voi stesso i pazzi che ci ha portato ne"l governo! Caballero disse ai cenetisti che o accettavano si o si sarebbe aperta una crisi di governo e, in questo momento, sarebbe stata la fine di tutto. I cenetisti tornarono a riunirsi, ma risolsero che per uscire da quella situazione avrebbero chiamato il Comitato Nazionale della CNT per comunicare lo stato in cui erano. Horacio M. Prieto, del Comitato Nazionale della CNT, disse loro, "Votate, poi tornate immediatamente a Madrid."
Quando Garcia Oliver entrò per comunicare il risultato ci fu un silenzio di tomba, e in mezzo a questo silenzio annunciò che la CNT aveva votato per il trasferimento del governo a Valencia. Si dice che più di uno sudava, personalmente ritengo che più di uno se la sia fatta sotto pensando di andare al fronte. Da quel momento tutti i ministri che avevano sudato tanto in attesa della decisione della CNT, ora correvano come matti: vai, vai, scappa via il più presto possibile da Madrid.
Ma per le strade della capitale, il popolo madrileno era in contrasto con il governo che lo abbandonava. In ogni angolo della città la gente si preparava alla resistenza, la CNT e l'UGT aveva lanciato un manifesto a tutto il popolo di Madrid che si riassumeva in queste parole: "Libertà o Morte!" Nelle strade tutti preparavano le armi, armi per difendersi dal fascismo che è alle porte di Madrid. Al calar della notte, il 6 novembre, il governo prese la fuga per la strada che porta a Valencia, via Tarancón. A quel punto vennero fermati dalle unità anarchiche del compagno Villanueva che presidiavano la posizione. Questi aveva ricevuto ordini da Madrid di lasciare passare i ministri, e con riluttanza obbedì agli ordini. Prima di partire, Largo Caballero diede al generale Miaja una busta sigillata con la raccomandazione di "non aprirla prima delle 6 di mattina del 7 novembre". La busta conteneva la nomina del generale Miaja come capo della difesa di Madrid.
Nella notte del 7 novembre, i combattimenti si fecero molto duri, e per la prima volta i miliziani non retrocedettero e combatterono come veri leoni. La Federazione locale dei sindacati della CNT lanciò un appello via radio:
"Madrid, libera da ministri, commissari e "turisti", si sente più sicura nella sua lotta (...) Il popolo, la classe operaia madrilena, non ha bisogno di tutti questi turisti che sono partiti per Valencia e per la Catalogna. Madrid, libera dai ministri, sarà la tomba del fascismo. Avanti, miliziani! Viva Madrid senza un governo! Viva la rivoluzione sociale!".
A Valencia, la dichiarazione che venne resa pubblica dalla CNT e dalla FAI è stata ancora più radicale:
"Per le donne, per i bambini, per gli anziani ed i feriti a Madrid, la nostra casa e il nostro pane. Ma per i codardi e i disertori che passeggiano esponendo le loro armi, il nostro disprezzo. Compagni, boicottiamoli e rendiamo loro la vita impossibile!".
L'8 novembre, i Mori e legionari riuscirono a sgattaiolare lungo le rive del fiume Manzanare nella Casa de Campo e nella città universitaria. Il governo da Valencia suggerisce alla Generalitad della Catalogna la necessità di trasferire forze dal fronte aragonese a Madrid. Il ministero della Difesa convoca una riunione d'emergenza, cui partecipano rappresentanti di tutte le forze politiche e sindacali, insieme a Federica Montseny, come ministro della Repubblica, e ai rappresentanti delle colonne che operano in Aragona. Il nome che viene fuori è quello di Durruti e della sua colonna. Durruti riunisce tutta la colonna e spiega la situazione: non possiamo andare tutti in difesa di Madrid e lasciare il fronte senza protezione, perciò solo una parte della colonna si trasferirà. In totale saranno circa 1.400 gli uomini che partiranno per Madrid.
Prima, siamo andati a Barcellona, nel porto ci aspettava una nave proveniente dal Centro America, carica di armi. Subito, cominciamo a scaricare il contenuto che depositiamo nei carri ferroviari che partiranno immediatamente per Madrid. Le armi sono di fabbricazione svizzera e messicana, si tratta di un armamento che i russi hanno comprato, pagandolo a peso d'oro, ma in realtà è pura spazzatura. Durruti non ha avuto l'opportunità di poter testare il materiale a Barcellona, ma una volta a Madrid, ha realizzato la cattiva qualità delle armi, ha telefonato ad Abad de Santillan dicendo "che i fucili che gli avevano dato se li poteva cacciare nel culo ... ", e chiedendo di inviare con urgenza trentacinquemila bombe a mano, le cosiddette"FAI".
Nella notte del 13 novembre siamo stati trasferiti a Valencia su un treno merci, da 48 ore senza sonno, senza riposo. A Valencia siamo arrivati a mezzogiorno del 14 novembre e sul marciapiede della stazione ci aspettava Durruti, con Garcia Oliver, che aveva lasciato Barcellona in aereo accompagnato da Yoldi y Manzana. Durruti ci comunicò che il resto del viaggio fino a Madrid lo avremmo fatto su autobus e camion, dal momento che la ferrovia era stata in parte distrutta da un bombardamento nemico. Concluse dicendo che, al fine di preparare l'arrivo della colonna, sarebbe andato in aereo a Madrid insieme a García Oliver.
Durruti arrivò a Madrid lo stesso giorno 14, nel pomeriggio. Questo fece sì che si spargesse la voce che la Colonna Durruti era già a Madrid, confondendo la nostra colonna con un altra, composta anch'essa da catalani, ma organizzata dal PSUC, la "Libertad-López Tienda". La nostra colonna arrivò a Madrid il 15 novembre, entrando dal Puente de Vallecas, la gente ci applaudiva ringraziandoci per essere venuti. A sera, siamo stati alloggiati in una scuola per bambini con l'intenzione di passare lì la notte e riposare adeguatamente prima di entrare in combattimento. Ma poco dopo l'arrivo, un veicolo privato arrivò alla porta della nostra caserma improvvisata, ne scese Federica Montseny, nervosa, e con voce energica ci disse: "Compagni, i mori sono al Paseo de Rosales. Si richiede che queste forze vadano là immediatamente se non vogliamo provare l'amarezza di vedere Madrid è invasa dai Mori già da questa sera."
Liberto Ros e José Mira risposero: "Durruti ci ha detto che in nessun caso dobbiamo muoverci da qui. Come potrete capire, dobbiamo aspettare il suo arrivo, che non tarderà." Federica Montseny augurò buona fortuna a tutti noi, e risalì sulla macchina che partì a tutta velocità.
Pochi minuti dopo arrivò Durruti, che ci riunì tutti, spiegandoci la necessità di salvare Madrid, e concluse con le seguenti parole: "Capisco cosa significhi per voi andare subito a combattere, senza tregua, affaticati per il duro viaggio, ma è necessario farlo. Io sarò alla vostra testa, a lottare con voi contro l'invasore".
Senza discussioni ci siamo preparati per entrare in combattimento. Al tramonto ci siamo diretti al fronte, lì ci aspettavano alcuni compagni di Madrid inviati da Cipriano Mera e da compagno chiamato Timoteo. Questi compagni conoscevano bene il terreno e ci facevano da guida.
Quasi all'alba del 16 novembre siamo entrati in combattimento, stanchi e senza nessun apporto di forze fresche, mentre le altre forze politiche le avevano. L'aiuto che ci era stato promesso dagli internazionali di Kleber non arrivò quando ci era stato detto, restammo asserragliati davanti al nemico, mentre i nostri uomini, i nostri compagni, i nostri amici cadevano uno dopo l'altro difendendo Madrid, la Madrid abbandonata dal governo della repubblica che da Valencia chiamava alla resistenza. Maledetti, e sia maledetta tutta la vostra razza dannata!
Alla mezzanotte fra il 17 e il18 novembre, Durruti è stato finalmente in grado di riunire i delegati di Centuria della Colonna presso la Facoltà di Scienze. Avevamo combattuto senza sosta per 36 ore e la situazione della colonna era terrificante. Dei circa 1.700 uomini - contando anche i compagni di Madrid - che erano entrati in combattimento, ne erano rimasti solo 700, e in condizioni precarie dal momento che da 36 ore non avevano mangiato niente, nemmeno un sorso di caffè. Il freddo e la pioggia ci intridevano fino all'osso, in una situazione dove la morte per una pallottola o per una baionetta potevano sorprenderci in qualsiasi momento.
Di tutte le forze in lotta nella città universitaria, eravamo gli unici ad avere tutti gli uomini impegnati nel combattimento. All'alba del 18 novembre Durruti vide con i propri occhi come gli internazionali di Kleber erano stati rimpiazzati in parte dalla XII Brigata Internazionale, così come era avvenuto con altre unità.
Durruti era di pessimo umore per quello che stava accadendo. Si mise in contatto con il compagno Eduardo Val, del Comitato di Difesa del Centro, per cercare di sostituire gli uomini che non erano in condizioni di combattere. Val ci provò con ogni mezzo, ma scoraggiato dovette comunicare a Durruti che non c'era alcun modo per rimpiazzare gli uomini, perché tutti i compagni erano mobilitati, e molti di loro combattevano con unità non della CNT.
Durruti poi si incontrò urgentemente con Vicente Rojo e col generale Miaja al Ministero della Guerra. Li informò della situazione in cui si trovava la colonna, o quel che restava di essa - non rimanevano più di 400 uomini. Questi risposero a Durruti che avrebbero cercato con tutti i mezzi di sostituire i suoi uomini il giorno successivo, 19 novembre. Ma dovevano resistere fino ad allora. Impadronirsi, se possibile, dell'Ospedale Clinico, e mantenere il fronte nella città universitaria. Se i miliziani erano in grado di mantenere un cerchio di ferro, inchiodando i fascisti nella città universitaria per le prossime 24 ore, Madrid sarebbe stata salvata.
All'alba del 19 novembre ci ordinarono di prendere l'Ospedale, il combattimento fu senza quartiere, corpo a corpo, ed è quando sono stato ferito. Mentre cercavo di liberarmi del nemico in una lotta alla baionetta, un altro mercenario alle mie spalle mi infilò la sua, di baionetta, fra le costole, per fortuna due compagni della Colonna arrivarono in quel momento, sparando e uccidendo il nemico . Da quel momento non ricordo altro. Per il resto, non sono stato cosciente, e ho trascorso il tempo in un angolo con la ferita che mi era stata fasciata da un compagno, fino a quando sono stato finalmente evacuato.
Oggi, 20 novembre 1936, Madrid è salva, ma a quale prezzo. La nostra colonna è stata quasi spazzata via e il dolore per la perdita di tanti compagni è enorme tra coloro che sono rimasti in vita. In questo momento, mentre scrivo queste parole ci danno un altra dura notizia, nello stesso ospedale giace il corpo di uno che ha dato il nome alla nostra gloriosa Colonna Buenaventura Durruti.
Entro pochi giorni verrò trasferito a Barcellona. Ho promesso ai miei compagni che, una volta ristabilito, tornerò con loro sulla prima linea del fronte.
Ora ho bisogno di riposare ...
L'8 novembre, i Mori e legionari riuscirono a sgattaiolare lungo le rive del fiume Manzanare nella Casa de Campo e nella città universitaria. Il governo da Valencia suggerisce alla Generalitad della Catalogna la necessità di trasferire forze dal fronte aragonese a Madrid. Il ministero della Difesa convoca una riunione d'emergenza, cui partecipano rappresentanti di tutte le forze politiche e sindacali, insieme a Federica Montseny, come ministro della Repubblica, e ai rappresentanti delle colonne che operano in Aragona. Il nome che viene fuori è quello di Durruti e della sua colonna. Durruti riunisce tutta la colonna e spiega la situazione: non possiamo andare tutti in difesa di Madrid e lasciare il fronte senza protezione, perciò solo una parte della colonna si trasferirà. In totale saranno circa 1.400 gli uomini che partiranno per Madrid.
Prima, siamo andati a Barcellona, nel porto ci aspettava una nave proveniente dal Centro America, carica di armi. Subito, cominciamo a scaricare il contenuto che depositiamo nei carri ferroviari che partiranno immediatamente per Madrid. Le armi sono di fabbricazione svizzera e messicana, si tratta di un armamento che i russi hanno comprato, pagandolo a peso d'oro, ma in realtà è pura spazzatura. Durruti non ha avuto l'opportunità di poter testare il materiale a Barcellona, ma una volta a Madrid, ha realizzato la cattiva qualità delle armi, ha telefonato ad Abad de Santillan dicendo "che i fucili che gli avevano dato se li poteva cacciare nel culo ... ", e chiedendo di inviare con urgenza trentacinquemila bombe a mano, le cosiddette"FAI".
Nella notte del 13 novembre siamo stati trasferiti a Valencia su un treno merci, da 48 ore senza sonno, senza riposo. A Valencia siamo arrivati a mezzogiorno del 14 novembre e sul marciapiede della stazione ci aspettava Durruti, con Garcia Oliver, che aveva lasciato Barcellona in aereo accompagnato da Yoldi y Manzana. Durruti ci comunicò che il resto del viaggio fino a Madrid lo avremmo fatto su autobus e camion, dal momento che la ferrovia era stata in parte distrutta da un bombardamento nemico. Concluse dicendo che, al fine di preparare l'arrivo della colonna, sarebbe andato in aereo a Madrid insieme a García Oliver.
Durruti arrivò a Madrid lo stesso giorno 14, nel pomeriggio. Questo fece sì che si spargesse la voce che la Colonna Durruti era già a Madrid, confondendo la nostra colonna con un altra, composta anch'essa da catalani, ma organizzata dal PSUC, la "Libertad-López Tienda". La nostra colonna arrivò a Madrid il 15 novembre, entrando dal Puente de Vallecas, la gente ci applaudiva ringraziandoci per essere venuti. A sera, siamo stati alloggiati in una scuola per bambini con l'intenzione di passare lì la notte e riposare adeguatamente prima di entrare in combattimento. Ma poco dopo l'arrivo, un veicolo privato arrivò alla porta della nostra caserma improvvisata, ne scese Federica Montseny, nervosa, e con voce energica ci disse: "Compagni, i mori sono al Paseo de Rosales. Si richiede che queste forze vadano là immediatamente se non vogliamo provare l'amarezza di vedere Madrid è invasa dai Mori già da questa sera."
Liberto Ros e José Mira risposero: "Durruti ci ha detto che in nessun caso dobbiamo muoverci da qui. Come potrete capire, dobbiamo aspettare il suo arrivo, che non tarderà." Federica Montseny augurò buona fortuna a tutti noi, e risalì sulla macchina che partì a tutta velocità.
Pochi minuti dopo arrivò Durruti, che ci riunì tutti, spiegandoci la necessità di salvare Madrid, e concluse con le seguenti parole: "Capisco cosa significhi per voi andare subito a combattere, senza tregua, affaticati per il duro viaggio, ma è necessario farlo. Io sarò alla vostra testa, a lottare con voi contro l'invasore".
Senza discussioni ci siamo preparati per entrare in combattimento. Al tramonto ci siamo diretti al fronte, lì ci aspettavano alcuni compagni di Madrid inviati da Cipriano Mera e da compagno chiamato Timoteo. Questi compagni conoscevano bene il terreno e ci facevano da guida.
Quasi all'alba del 16 novembre siamo entrati in combattimento, stanchi e senza nessun apporto di forze fresche, mentre le altre forze politiche le avevano. L'aiuto che ci era stato promesso dagli internazionali di Kleber non arrivò quando ci era stato detto, restammo asserragliati davanti al nemico, mentre i nostri uomini, i nostri compagni, i nostri amici cadevano uno dopo l'altro difendendo Madrid, la Madrid abbandonata dal governo della repubblica che da Valencia chiamava alla resistenza. Maledetti, e sia maledetta tutta la vostra razza dannata!
Alla mezzanotte fra il 17 e il18 novembre, Durruti è stato finalmente in grado di riunire i delegati di Centuria della Colonna presso la Facoltà di Scienze. Avevamo combattuto senza sosta per 36 ore e la situazione della colonna era terrificante. Dei circa 1.700 uomini - contando anche i compagni di Madrid - che erano entrati in combattimento, ne erano rimasti solo 700, e in condizioni precarie dal momento che da 36 ore non avevano mangiato niente, nemmeno un sorso di caffè. Il freddo e la pioggia ci intridevano fino all'osso, in una situazione dove la morte per una pallottola o per una baionetta potevano sorprenderci in qualsiasi momento.
Di tutte le forze in lotta nella città universitaria, eravamo gli unici ad avere tutti gli uomini impegnati nel combattimento. All'alba del 18 novembre Durruti vide con i propri occhi come gli internazionali di Kleber erano stati rimpiazzati in parte dalla XII Brigata Internazionale, così come era avvenuto con altre unità.
Durruti era di pessimo umore per quello che stava accadendo. Si mise in contatto con il compagno Eduardo Val, del Comitato di Difesa del Centro, per cercare di sostituire gli uomini che non erano in condizioni di combattere. Val ci provò con ogni mezzo, ma scoraggiato dovette comunicare a Durruti che non c'era alcun modo per rimpiazzare gli uomini, perché tutti i compagni erano mobilitati, e molti di loro combattevano con unità non della CNT.
Durruti poi si incontrò urgentemente con Vicente Rojo e col generale Miaja al Ministero della Guerra. Li informò della situazione in cui si trovava la colonna, o quel che restava di essa - non rimanevano più di 400 uomini. Questi risposero a Durruti che avrebbero cercato con tutti i mezzi di sostituire i suoi uomini il giorno successivo, 19 novembre. Ma dovevano resistere fino ad allora. Impadronirsi, se possibile, dell'Ospedale Clinico, e mantenere il fronte nella città universitaria. Se i miliziani erano in grado di mantenere un cerchio di ferro, inchiodando i fascisti nella città universitaria per le prossime 24 ore, Madrid sarebbe stata salvata.
All'alba del 19 novembre ci ordinarono di prendere l'Ospedale, il combattimento fu senza quartiere, corpo a corpo, ed è quando sono stato ferito. Mentre cercavo di liberarmi del nemico in una lotta alla baionetta, un altro mercenario alle mie spalle mi infilò la sua, di baionetta, fra le costole, per fortuna due compagni della Colonna arrivarono in quel momento, sparando e uccidendo il nemico . Da quel momento non ricordo altro. Per il resto, non sono stato cosciente, e ho trascorso il tempo in un angolo con la ferita che mi era stata fasciata da un compagno, fino a quando sono stato finalmente evacuato.
Oggi, 20 novembre 1936, Madrid è salva, ma a quale prezzo. La nostra colonna è stata quasi spazzata via e il dolore per la perdita di tanti compagni è enorme tra coloro che sono rimasti in vita. In questo momento, mentre scrivo queste parole ci danno un altra dura notizia, nello stesso ospedale giace il corpo di uno che ha dato il nome alla nostra gloriosa Colonna Buenaventura Durruti.
Entro pochi giorni verrò trasferito a Barcellona. Ho promesso ai miei compagni che, una volta ristabilito, tornerò con loro sulla prima linea del fronte.
Ora ho bisogno di riposare ...
tratto da:
http://insumision.blogspot.com/2007/06/diario-de-un-miliciano-annimo-de-la-cnt.html
http://insumision.blogspot.com/2007/06/diario-de-un-miliciano-annimo-de-la-cnt.html
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