venerdì 17 novembre 2017

Apolidi

apolidi cornell

Fra l'ansia e l'incoscienza

Quel che attrae l'attenzione, in "Scritti Apolidi" di Julio Ramón Ribeyro, è la sua insistenza sul voler raffrontare e stabilire dei paralleli fra l'infanzia e l'età adulta. Il tema fa parte di una riflessione costante sulla morte, sulla posterità e sull'oblio. Fin dalle prime pagine, scrive: «Il senso di età è relativo: siamo sempre giovani o vecchi rispetto a qualcuno.»
Altrove, egli commenta i «sistemi di riferimento» che avvicinano padre e figlio: «Così come è per me, mio figlio ha le sue autorità, le sue fonti, i suoi riferimenti cui ricorre quando vuole sostenere un'affermazione o un'idea. Ma se le mie autorità sono i filosofi, gli scrittori o i poeti, quelle di mio figlio sono venti album di avventure di Tintin». Questa prima versione di "autorità" gli è utile «in quanto placenta», «per proteggersi dalle contaminazioni del mondo circostante».
«È falso dire che i bambini imitano i giochi degli adulti: sono i grandi che plagiano, ripetono ed amplificano, su scala planetaria, i giochi dei bambini.»

Le riflessioni fatte da Julio Ramón Ribeyro hanno delle chiare affinità con quelle fatte da Walter Benjamin circa l'infanzia e la storia dei giocattoli - o con le riflessioni di Claude Lévi-Strauss sulla relazione fra il tempo e i manufatti (il bricolage, come veniva definito ne "Il Pensiero Selvaggio") - che poi porteranno Giorgio Agamben alla connessione fra "Infanzia e Storia" (libro in cui dirà che «la miniaturizzazione è la cifra della storia», qualcosa che riecheggia anche nella poetica di un altro contemporaneo di Ribeyro, Joseph Cornell, il quale, nel montaggio delle sue "scatole", lavorava non solo con la miniaturizzazione, ma anche con la convivenza soggetta a tensione fra il mondo adulto ed il mondo dell'infanzia, fra l'ansia e l'incoscienza). Un'intuizione che emerge in diversi momenti di "Scritti Apolidi":
«È vero che sono stati inventati i giocattoli, i quali sono un mondo miniaturizzato, che può essere usato dai bambini, e che è a loro misura. Ma i bambini si stancano dei giocattoli e, per imitazione, vogliono muoversi costantemente nelle cose degli adulti. Con quale decisione e spontaneità si lanciano in direzione della vita adulta, che mania che hanno di imitare i più vecchi!»

E, per finire, la relazione fra infanzia, tempo e storia investe anche l'attività della scrittura:
«Ora che mio figlio sta giocando nella sua stanza e che io sto scrivendo nella mia, mi domando se l'atto di scrivere non sia il prolungamento dei giochi dell'infanzia. Mi accorgo che sia io che lui siamo concentrati in quel che facciamo e che prendiamo molto sul serio le nostre azioni, come frequentemente avviene con il gioco. La differenza sta nel fatto che il mondo dei giochi infantili sparisce quando terminiamo di giocare, mentre il mondo dei giochi letterari dell'adulto, nel bene e nel male, rimane. Perché? Perché i materiali dei nostri giochi sono differenti. Il bambino fa uso di oggetti, mentre noi utilizziamo simboli. E, in questo caso, il simbolo dura più di quanto dura l'oggetto che lo rappresenta. Abbandonare l'infanzia vuol dire precisamente sostituire gli oggetti con i simboli.»

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