Il capitalismo, da una metafora all'altra: Marx, il vampiro e il carro processionale Jaggernaut
- di Collettivo di Crisi e Critica -
Perché Marx parla del capitalismo come di un "Jaggernaut"? In origine, era questo il nome del carro processionale della dea indù Vishnu. «Il culto dello Jaggernaut» – scrive Marx – «comprendeva un rituale assai pomposo, e fu esso che diede origine a un'esplosione di fanatismo che si manifestò in suicidi e in mutilazioni volontarie. In occasione di queste grandi feste religiose, i fedeli si gettavano sotto le ruote del carro che trasportava la statua di Visnù-Jaggernaut». Una metafora questa, che Marx userà in diverse occasioni, anche ne "Il Capitale", al fine di sottolineare la dimensione sacrificale del capitalismo; ma anche per mostrare il suo funzionamento in quanto astrazione reale – un feticismo, che no è ideale, bensì astratto-reale – descrivendo in tal modo il capitalismo in quanto... metafisico-reale: «Dimenticano che oggi, al posto che un uomo solo, a essere gettati sotto le ruote dello Jaggernaut capitalistico, sono il capofamiglia, insieme a sua moglie e a forse 3 o 4 figli» . Certo, la frase di Marx profuma del tempo in cui il padre era il "capofamiglia", e anche il corteo dello Jaggernaut potrebbe essere, almeno in parte, una proiezione fatta dagli occidentali, o perfino un errore. Simile a quello in cui gli esploratori del XVI secolo credevano di scoprire nei nuovi mondi, quelli erano i luoghi reali delle immagini delle loro mitologie, e le incarnazioni delle loro stesse paure; così oggi la figura occidentale dello Jaggernaut diventa l'idea della barbarie vista come fantasia moderna, come proiezione di un qualcosa della società moderna che alla fine ci insegna assai più su di essa di quanto faccia sulla società antica. Tuttavia, ciò non toglie nulla al potere della metafora. Dopotutto, quando parliamo della "Torre di Babele", non ci interessa certo di cosa sia realmente accaduto in Mesopotamia, 5000 anni fa...
Per la critica dell'economia politica, questa metafora vuol significare il passaggio, dal paradigma incentrato sullo sfruttamento, al paradigma del feticismo e dell'astrazione reale. In particolare, esso implica una rottura con la problematica metafora del vampiro, usata fin dall'Ottocento per descrivere il capitalismo, e che oggi si riferisce alla finanza, la quale vampirizza la cosiddetta "economia reale". Il vampiro, che rappresenta il denaro e i proprietari del denaro (i capitalisti), verrebbe a succhiare, visto come esteriorità, il lavoro vivo considerato come quel cemento naturalizzato che a sua volta si identifica con il lavoro, con le forze produttive, con l'industria, con il valore, con il sangue, o con la comunità culturale (la nazione). Una simile metafora - caratteristica di ogni anticapitalismo tronco - vuole solo insistere sulla presunta innocenza della vittima, e sul lato extra-naturale del carnefice. Finisce così per mettere al centro della sua rappresentazione tronca del capitalismo le classi sociali, categoria che in realtà deriva dal rapporto di feticcio, ma che invece, nel marxismo tradizionale e nell'anticapitalismo tronco, vengono erroneamente scambiate per essere dei soggetti non aprioristici. Pertanto, così facendo, tutte le categorie riproduttive del capitale vengono sussunte sotto la ragione ultima di una presunta soggettività sociologica, che vampirizza la ricchezza capitalistica astratta (valore) e la sua produzione (lavoro, industria). Questa metafora continua a essere ancora immediatamente ambigua, e questo perché può essere applicata a qualsiasi contenuto. Può, ad esempio, essere usata per designare le "nazioni bianche" che vampirizzano le "nazioni nere", oppure per gli immigrati che vampirizzano la società ospitante. In teoria, in tal modo ci concentriamo sull'idea secondo cui il capitalismo sarebbe un semplice sistema per la distribuzione della ricchezza sociale, le cui condizioni di produzione non vengono quindi mai messe in discussione. Così, nel nome del polo naturalizzato (lavoro, "economia reale", nazione, ecc.), che produce questa ricchezza, i rapporti ineguali di distribuzione diventano l'oggetto esclusivo di una critica sociale che si degrada rapidamente finendo così in una critica morale basata sulla denuncia della "avidità" di pochi. Finendo così per mancare il punto, dando molto spazio a delle rivendicazioni che alla fine si limitano solo alla sfera del consumo, ai problemi della giustizia, o del riconoscimento distributivo.
Al contrario, lo Jaggernaut simboleggia il "soggetto automatico" (Marx) del valore che schiaccia tutto in quello che è il suo cammino; metafora questa, della "vera inversione" della vita sociale, la quale costituisce il cuore dell'oscurità della vita sotto il capitalismo. È la metafora di un modo di costituzione dell'alienazione moderna, in cui ogni attività sociale prende realmente la forma del suo opposto, il valore, la forma di quello che è il fine astratto in sé della moltiplicazione del denaro, e pertanto è contaminata da una vera e propria "falsità ontologica". In questa inversione, una cosa sensibile, il corpo di una merce – il valore d'uso – finisce per rappresentare qualcosa di soprannaturale, di "soprasensibile" , un'astrazione puramente sociale: il valore; mentre il lato concreto del lavoro svolto, diventa «la forma fenomenica del suo opposto, ossia, del lavoro umano astratto» (Marx, Il Capitale, I, p. 67); La dimensione individuale dell'attività costituisce la forma fenomenica del lavoro sociale, e diventa indifferenziata e intercambiabile.
Jaggernaut, è questo il "mondo capovolto" dove le relazioni oggettivate, che costituiscono il processo di valorizzazione, comandano (sotto forma di merci, di denaro e di capitale) gli individui, e si ergono di fronte a loro, quasi fossero delle divinità barbare che esigono nuovi sacrifici umani. Jaggernaut è questa strutturazione delirante e alienata delle relazioni sociali, nella quale la logica oggettivata della merce, del denaro e del capitale costituisce, per gli individui, una forma di dominio moderno specifico, impersonale, astratto, interclassista (un «dominio senza soggetto», dice Kurz!) che conficca le punte acuminate delle sue ingiunzioni feticistiche fin nel vivo e nel profondo della loro carne. Jaggernaut, è questo regno metafisico-reale, dove «è il processo di produzione che domina gli uomini, e non il contrario» (Marx, Il Capitale, I, p. 93). Una realtà sociale rovesciata, nella quale il soggetto reale della produzione capitalistica non è costituito né dalle "classi dominanti" né dal proletariato, bensì dall'astrazione reale del valore stesso, il quale riduce gli attori umani a degli esecutori, le cosiddette «maschere di carattere» (Marx), e le classi di quella che è la loro funzione. Come i fanatici che trainavano il carro processionale di Vishnu, il quale doveva crudelmente schiacciarli sotto le proprie ruote, a loro volta, gli individui sotto il capitalismo vengono sussunti sotto quei rapporti economici che essi stessi costituiscono, al fine di non essere altro che delle personificazioni transitorie, nella forma delle diverse "maschere di carattere", le quali poi diverranno solo un altro nome da dare alle loro vite mutilate. Individui che, in quanto suoi "agenti", in quanto sue "guardie", suoi "ufficiali e sottufficiali", i suoi "funzionari" e i suoi "fanatici", come li chiamava Marx, trainano lo "Jaggernaut capitalistico" fino a che lui gli schiacci. «Non lo sanno, ma lo fanno». Si tratta di una relazione tra individui, di un legame sociale alienato, di un modo che abbiamo di relazionarci con gli altri senza saperlo. Bisogna riconoscere una simile verità: siamo noi, questa relazione. «E continueremo a esserlo fino a ché non saremo più nient'altro, o fino a ché non avremo creato quelle istituzioni che stabiliranno una vera comunità e una vera società umana» (Gustav Landauer). Jaggernaut, è la relazione sociale feticistica che deve essere abbattuta, e che sarà distrutta solo quando entreremo in altre relazioni sociali.
- da "Make Critical Theory great again" (Editorial Jaggernaut n°1) – Editions Crise & Critique -
Nessun commento:
Posta un commento