Alcune domande sul significato della vittoria di Trump
- di Yves Coleman -
[Questo testo è stato pubblicato sul sito web "Insurgent Notes", e affronta i temi di diversi articoli scritti da quei compagni]
Cari compagni,
ritengo che la discussione che avete aperto introno alle cause della vittoria di Trump sia molto utile. Sebbene io non segua molto da vicino tutto quello che accade negli Stati Uniti, penso che abbiate toccato un punto cruciale quando, in molti dei vostri articoli, vi interrogate a proposito della mancanza di un rapporto profondo fra la sinistra e la classe operaia, soprattutto la classe operaia euro-americana.
Penso che i due articoli che forniscono le informazioni di base sulle situazioni locali siano molto interessanti. Tali articoli aiutano (noi, che ci troviamo fuori dagli USA) a comprendere un po' di più la complessità delle situazioni locali e delle situazioni del voto (o del non-voto).
Dal momento che i giornalisti americani e francesi, ma anche i militanti, stanno cercando di mettere a confronto Trump e Fillon (il candidato della destra francese alle prossime elezioni presidenziali dell'aprile 2017), diventa interessante per i militanti francesi imparare dall'esperienza e dai dibattiti dei compagni americani.
Vorrei sottolineare alcune differenze fra la situazione francese e quella americana. Innanzitutto, il sistema elettorale è totalmente differente: in Francia abbiamo due turni sia nelle elezioni parlamentari che in quelle presidenziali, per cui è estremamente difficile per un candidato di estrema destra vincere queste elezioni (anche quelle parlamentari che danno un bonus a chi vince il primo turno), almeno fino a quando l'attuale sistema elettorale non verrà cambiato. Voglio ricordare che nel 20012, al secondo turno delle elezioni presidenziali, Chirac (candidato della destra) prese l'80% dei voti in quanto la sinistra votò per lui e contro Jean Marie Le Pen.
È altamente probabile che la sinistra, vista la sua divisione (circa dieci candidati), perda il primo turno delle elezioni presidenziali e che sarà Marine Le Pen a sfidare nel secondo turno il candidato della destra, François Fillon. Se si verificherà un remake del 2002, vedremo sicuramente la sinistra chiamare al voto contro la Le Pen, per cui non vedo come l'estrema destra possa vincere queste prossime elezioni.
Per quanto riguarda il programma di Fillon, sebbene la sinistra lo denunci come un "ultraliberista pro capitalista" (la stessa sinistra aveva denunciato il presidente Sarkozy come continuatore di "Vichy" - il regime pro-nazista ed antisemita di Marshal Pétain durante la seconda guerra mondiale! - e precedentemente aveva denunciato De Gaulle come "fascista"), dubito molto che Fillon attuerà tutti gli elementi del suo programma (a partire dall'assurda idea di licenziale mezzo milione di impiegati statali - su 5,6 milioni -, cosa che sembra impossibile da mettere in pratica a meno di non voler commettere un suicidio politico; la stessa cosa vale per quel che riguarda la sua idea di chiedere alle compagnie private di assicurazioni di farsi carico di una parte significativa dell'assicurazione sanitaria personale coperta oggi dallo Stato, una proposta che viene rifiutata dalle compagnie assicurative in quanto troppo costosa)... Bisognerà aspettare la campagna elettorale e vedere che cosa rimane delle sue promesse e, se verrà eletto, cosa farà una volta al potere.
I vostri articoli mettono in evidenza il problema del voto operaio euro-americano (evito di usare il concetto di "bianco", come vedete). Dal momento che anche in Francia si sono svolti dei dibattiti simili, credo che in questi articoli manchino alcuni elementi statistici e concreti.
Se prendiamo la situazione francese (non conosco le cifre americane), vediamo che la popolazione ammonta a 66 milioni di persone; di queste persone, gli elettori sono 44 milioni, di cui 6 milioni di operai. A partire da questi numeri, si può vedere come gli operai non possono avere in alcun modo un ruolo decisivo nelle elezioni, soprattutto in quanto una buona parte di questi operai non sono franco-francesi.
È vero che c'è stata una svolta a destra nel voto operaio in tutte le elezioni europee, a partire almeno dagli anni 1980. Tuttavia, se prendiamo l'esempio della Francia, fra il lavoratori (operai ed impiegati insieme), nel voto, c'è sempre stato un rapporto di 45 a 55 fra la sinistra e la destra (e più recentemente l'estrema destra). Ma quel che è più importante è che fra gli operai il numero di astensionisti è drammaticamente aumentato.
Perciò, tornando al significato della vittoria di Trump o all'ipotetica vittoria di Marine Le Pen in Francia nel 2017, dovremmo scendere più in dettaglio per quel che riguarda le statistiche elettorali e le motivazioni. I risultati elettorali - specialmente in un'Europa invecchiata e con una significativa porzione di popolazione lavoratrice che non ha diritto di voto in quanto non ha cittadinanza europea - non sono il prodotto del nucleo della classe operaia e nemmeno di quella impiegatizia. Pensionati (anche se è vero che si tratta di operai pensionati), piccola borghesia salariata, commercianti, liberi professionisti, capi, manager, dirigenti, ecc., rappresentano una forza molto più importante di quella rappresentata dal nucleo della classe operaia.
Secondo le statistiche francesi ufficiali, in questi 44 milioni di elettori, abbiamo:
13 milioni di pensionati
7,3 milioni di impiegati
6 milioni di operai
200 mila capitalisti (che impiegano dai 10 lavoratori in su)
1,7 milioni di piccoli borghesi: 692.900 negozianti, 665.000 artigiani e 350.000 professionisti(avvocati, architetti, medici, ecc.)
9,4 milioni di persone che appartengono alla "piccola borghesia salariata" o alla "nuova piccola borghesia"
Di questi ultimi 9,4 milioni di persone:
2,8 milioni hanno una posizione sociale nell'apparato repressivo dello Stato o hanno posizioni di comando nel settore privato, cosa che li rende molto interessati alla difesa degli interessi della classe capitalista: poliziotti e soldati (486.000); capireparto e supervisori (541.000); ingegneri e dirigenti tecnici, e manager del settore privato (698.000); dirigenti amministrativi e commerciali e manager nel settore privato (749.000) e dirigenti del settore statale.
6,6 milioni sono difficili da includere in una classe precisa, come 1,5 milioni di insegnanti, oppure quelli che le statistiche francesi chiamano "professioni intermedie del settore amministrativo e commerciale" (1,6 milioni), ecc..
Abbiamo così 6,4 milioni di quelli che hanno il diritto di voto per i quali non abbiamo informazioni che riguardano la loro classe sociale. La maggior parte sono disoccupati e molte centinaia di migliaia di loro sono persone che lavorano "al nero"; il termine si riferiva ai servi che lavoravano durante la notte per i loro padroni feudali.
In ogni caso, non ci sono statistiche nazionali che conteggino sia il numero di persone che ha diritto al voto sia il fatto che appartengano a questa o a quella "categoria socio-professionale", tralasciando il fatto che queste CSP (categorie socio-professionali) non sono costituite secondo categorie marxiste. Il mio intento era quello di mostrare che gli operai - disoccupati, in pensione o che lavorino - non sono la maggioranza degli elettori (tralasciando il fatto che molti lavoratori non hanno il diritto di voto perché sono stranieri).
Quindi penso che se si vuole trarre una lezione politica dalla vittoria di Trump, bisogna scendere più nei dettagli della faccenda.
Un altro aspetto che dobbiamo affrontare (in Francia come negli Stati Uniti) è quello degli importanti cambiamenti avvenuti nella militanza che ha un'influenza sulla politica elettorale. Dovremmo studiare di più le nuove forme di mobilitazione politica che rendono le persone meno responsabili delle loro scelte politiche rispetto a quanto avveniva ai "bei vecchi tempi" della militanza di sinistra e di destra. Fra l'individuo che distribuisce volantini, che attacca manifesti dappertutto e che va alle manifestazioni, ed è anche pronto a picchiare i suoi avversari (o a usare le armi, come negli Stati Uniti), e quello che firma una petizione su Internet, quello che invia messaggi razzisti nell'anonimato dei social network, quello che vota, ecc., oggi c'è molto più spazio per esprimere opinioni politiche di quanto ce ne fosse 40 anni fa.
Abbiamo visto questo fenomeno durante il movimento contro il Trattato Costituzionale Europeo, nel 2005, e nel recente movimento contro la legge sul lavoro El Khomry in Francia; lo abbiamo visto in tutti i movimenti che ci sono stati nelle diverse piazze e negli accampamenti, ecc.. Lo vedo su base quotidiana fra tutti quelli che cercano di aiutare i lavoratori senza documenti in Francia. Mi sembra che, a sinistra, le forme di impegno siano diventate estremamente diverse se paragonate a quello che era possibile 40 anni fa. Per la destra e per l'estrema destra, è la stessa cosa: è questo il motivo per cui dubito che la classe capitalista abbia bisogno di milizie fasciste per imporre idee e comportamenti xenofobi su una scala di massa. Le reti sociali riescono a farlo benissimo, incluse le persone che si attivano solamente in tale reti sociali. Lo stesso avviene con i jihadisti islamici: reclutano decine di migliaia di persone in gran parte grazie ai social network.
Ragion per cui sono interessato a conoscere la vostra opinione su cosa è accaduto da entrambe le parti: dalla parte dei sostenitori di Trump e dalla parte degli opponenti (incluso il vostro gruppo). Che cosa stanno facendo e che cosa state facendo su questo terreno di battaglia ideologica e di utilizzo pratico dei social network?
Per quanto riguarda l'ultimo numero della vostra rivista, Insurgent Notes, e per quel che riguarda l'editoriale (ma la cosa viene detta anche in altri articoli), ho qualche dubbio circa il fatto che la maggior parte dei non-votanti siano "il nostro partito". Che con l'aumento dell'astensione cresca anche la coscienza anti-capitalista, è un vecchio mito anarchico dei primi anni del 20° secolo. Non vedo alcuna relazione in Europa fra l'aumento dell'astensionismo dei lavoratori nel corso degli ultimi 30 anni e le lotte operaie di massa [*1].
Il "nostro partito" è fatto solo di quelli che non votano ma non lottano? Se l'unica cosa che caratterizza il "nostro partito" è l'ideologia anti-establishment, allora la sinistra non ha da dire niente di molto sofisticato. E se si pensa: «è un inizio» (il solito mantra ogni volta che c'è una piccola crisi politica o economica) da cui "i rivoluzionari" possono partire, beh ci sono anche un sacco di militanti di destra e di estrema destra che pensano esattamente la stessa cosa. Che strano partito è questo? Si dovrebbe spiegarlo meglio...
Per quanto riguarda l'identità politica, specialmente nell'ultimo articolo di S.S e di Michael Stauch, non capisco davvero come gli autori possano, allo stesso tempo, criticare le politiche identitarie e poi usarne tutte le categorie, queer, LGTBQ (lesbiche, gay, transgender, bisessuali, queer), latino, nero, asiatico, donne, ecc.. Penso che si debba scegliere: utilizzare il linguaggio delle identità politiche significa che non siamo stati in grado di pensare al di fuori di tali categorie. Credo che sarebbe bene non usare sistematicamente due linguaggi contraddittori (il linguaggio della identità/razza ed il linguaggio della classe), specialmente in questo senso.
Tuttavia, ciò che è positivo in tutti gli articoli di Insurgent Notes è l'idea che tutti i lavoratori euro-americani non sono razzisti... Questa è una buona notizia ed è probabilmente vero, ma bisogna che venga provata attraverso statistiche, esperienze personali e fatti.
Se la raffronto alla situazione francese e alla crescente influenza del Fronte Nazionale nei confronti della classe operaia (principalmente fra gli elettori di destra, non fra gli elettori di sinistra... almeno per ora), non sono sicuro si possa fare molto nei confronti di questi lavoratori politicamente arretrati. Soprattutto se si scende sullo stesso terreno di lotta dell'estrema destra, come fa uno degli autori (Dave Ranney) quando si riferisce alla lotta contro il NAFTA e contro altri accordi. I fronti uniti con esponenti della destra e dell'estrema destra, anche in comitati locali composti da lavoratori di base, ritengo che portino in un vicolo cieco.
Una politica operaia (che sia "rivoluzionaria", sindacale oppure che venga svolta da comitati d'azione fuori dai sindacati) dovrebbe puntare a esigenze generali comuni per cui possano battersi tutti i lavoratori insieme. Rivolgersi specificamente ai lavoratori euro-americani che hanno votato per Trump, non mi sembra il punto principale. Rivolgersi a tutti i lavoratori (ovviamente tenendo conto delle situazioni locali specifiche) è il compito principale se vogliamo sbarazzarci di tutte quelle idee di destra o riformiste, negli Stati Uniti come in Francia.
Vostro,
YC, Ni patrie ni frontières, December 2016
NOTE:
[*1] - A proposito della relazione che intercorre fra "categorie social-professionali" ed astensione, è questo quel che ho trovato, ma si tratta del risultato di sondaggi perciò non è molto affidabile. Gli astensionisti non sono astensionisti permanenti, ragion per cui il loro numero varia. Le elezioni europee hanno una percentuale molto più alta di astensione per tutte le categorie sociali inclusi i lavoratori...
fonte: mondialisme. org
Nessun commento:
Posta un commento