venerdì 20 gennaio 2017

14 pezzi facili

ebrei Partisan-08

14 «argomenti» attuali per minimizzare o negare l'antisemitismo

Quasi tutti questi argomenti cercano di condurre, in un modo o nell'altro, a rendere gli ebrei responsabili della Giudeofobia. Riprendono tutti degli stereotipi provenienti dall'antigiudaismo o dalle diverse forme di antisemitismo: sociale, economico, politico, ecc..

a) Gli argomenti classici aggiornati, alcuni dei quali si basano sui vecchi stereotipi giudeofobici:
1.
Lo pseudo «popolo eletto» [*1] che si crede superiore agli altri e che perciò susciterebbe l'antisemitismo
Se gli ebrei non tenessero così tanto alla loro religione «esclusivista e razzista», l'antisemitismo diminuirebbe di molto. Il problema sta ne la fatto che il concetto di «Popolo eletto» non significa affatto popolo superiore agli altri contrariamente a quanto afferma una mitologia prima cristiana e poi «antisionista»; d'altra parte, l'ebraismo non è monolitico e alcune correnti accettano la conversione (i liberali in Francia, i riformati negli Stati Uniti e anche lo Stato d'Israele!), perciò non si tratta affatto di una religione «razzista», fondata su dei legami di sangue... Basta la diversità etnica di Israele (70 origini nazionali differenti) per contraddire tutti quelli - «sionisti» o no, fondamentalisti religiosi o no - che pretendono che l'ebraicità si erediterebbe unicamente dalla madre!

2. «Non svegliamo il demone antisemita che dorme». Secondo alcuni denunciare a voce troppo alta l'antisemitismo produrrebbe... dell'antisemitismo [*2].
Questo argomento è stato sostenuto spesso, dall'affare Dreyfus fino ad oggi, in seno alla minoranza ebraica ed è volto a spingere gli ebrei a tenere un profilo il più possibile basso, soprattutto in un paese con tradizioni giacobine come la Francia.
Al contrario, coloro che esibiscono troppo la loro ebraicità vengono accusati da alcuni ebrei di fomentare l'antisemitismo. Questa esortazione alla discrezione si è accentuata a seguito di tre distinti fenomeni: il Giudeocidio (se ne è «parlato troppo e/o male», secondo alcuni - antisionisti o non); la creazione dello Stato d'Israele (ci si dovrebbe dissociare continuamente da questo Stato in modo da non risvegliare l'antisemitismo); ed il razzismo anti-musulmano (si dovrebbe parlare solo della «islamofobia», altrimenti si finisce per fare il gioco dell'antisemitismo!).
Alcuni ebrei antisionisti credono che questa dissociazione radicale dalle politiche portate avanti dallo Stato d'Israele (dissociazione altresì perfettamente giustificata sul piano politico ed etico) potrebbe far arretrare l'antisemitismo, posizione piuttosto ingenua. Altrettanto ingenua di quella secondo cui i musulmani di cultura o di religione dovrebbero condannare più degli altri i jihadisti in quanto ciò farebbe arretrare l'islamofobia.
Inoltre, la loro dissociazione è motivata da delle aspirazioni del tutto contraddittorie fra di loro ed in sé stesse:

- essere alla fine accettati come individui, cittadini o militanti come tutti gli altri (a costo di ignorare quelli che intrattengono dei legami familiari - il 75% in Francia - culturali o politici con Israele; un atteggiamento che rende però inspiegabile il loro appassionato interesse per ciò che avviene su un minuscolo territorio che si trova a tremila chilometri da dove vivono);
- brandire un eredità rivoluzionaria-universalista, in parte fantastica, che sarebbe insieme tipicamente «ebrea» (da Spinoza a Marx) e che allo stesso tempo permetterebbe di essere completamente assimilati nelle società occidentali, ed in particolare nella Francia repubblicana;
- voler prendere parte, sotto la propria bandierina, ai giochi identitari [*3] postmoderni (si veda la creazione, in Francia, della JIR, o quella più antica della UJFP [Union Juive Française pour la Paix]). Questo è sì un modo per non essere ideologicamente isolati negli ambienti radicali, ma è in contraddizione con le prime due approcci alle intenzioni universaliste [*4].

Alla fine, diventa evidente che questi tentativi chiassosi e permanenti di dissociarsi di fronte ad ogni minimo evento che avviene in Israele, e la volontà di boicottare qualsiasi prodotto israeliano venduto nei supermercati non potrà mai convincere nessun antisemita, nemmeno musulmano, che «gli ebrei» non sono degli elementi perturbatori, sediziosi, ecc., dovunque si trovano.

3. Il mito dei popoli semitici: in Medio Oriente gli ebrei e gli arabi sarebbero dei discendenti dei popoli semitici, quindi l'antisemitismo sarebbe soltanto un problema europeo. Questo argomento è stato spesso utilizzato dai nazionalisti arabi e viene frequentemente ripreso dai «pro-palestinesi», mentre queste teorie non posseggono alcuna validità scientifica.

4. L'argomento psicologico: gli ebrei sarebbero esageratamente suscettibili (come li definisce Dieudonne «des chouineurs» [dei lagnosi]), e questa plurimillenaria fragilità psichica li spingerebbe ad essere spesso paranoici. Tale diagnosi medico-psicologica viene evidentemente applicata anche a coloro che denunciano l'antisemitismo. Chi utilizza questo argomento ricicla, forse senza saperlo, un vecchio stereotipo antisemita a proposito del lato femminile, debole, non virile, degli ebrei... Come reazione a questo stereotipo, alcuni ebrei di sinistra spiegano (vedi le dichiarazioni di Norman Finkelstein) che l'antisemitismo è certamente sgradevole ma che bisogna saperci convivere, senza baccagliare... altrimenti si stimola l'antisemitismo!

b) Gli argomenti antirazzisti, anticolonialisti e postmoderni

5. L'argomento contabile: si confronta il numero di atti razzisti commessi contro i musulmani con quello degli atti razzisti contro gli ebrei, «dimenticando» sempre che in Francia ci sono da 5 a 10 volte meno ebrei (550.000) dei musulmani (fra i 3 ed i 6  milioni).

6. La confusione fra «tutti i razzismi».
Gli argomenti antirazzisti globalizzanti diluiscono l'antisemitismo all'interno di una collezione indifferenziata di razzismo (da qui, fra i più politicizzati, la tipica espressione «contro tutti i razzismi», ma alcuni media evocano il «razzismo» contro i biondi, i disabili, gli obesi, ecc.) che va dai Rom agli omosessuali passando per i trans-sessuali, i magrebini, gli africani, i musulmani, le donne, ecc.

7. L'antisemitismo come reazione anti-islamofoba: gli atti antisemiti si spiegherebbero soprattutto per mezzo della «islamofobia» dominante in Europa (in quanto vittime del razzismo, alcuni musulmani non avrebbero altra scelta che rivolgere la loro rabbia e la loro indignazione contro «gli ebrei»). I partigiani di tale argomento forse credono che sopprimere l'islamofobia dominante sopprimerebbe o diminuirebbe considerevolmente l'antisemitismo da parte dei musulmani. Ma questo è anche un modo di sfuggire il problema dell'antigiudaismo virulento nei paesi dell'Islam e l'antisemitismo politico dei gruppi salafiti  e dei Fratelli Musulmani.

8. L'antisemitismo anticolonialista: se dei semplici cittadini così come degli uomini di Stato in tutti i paesi del mondo coltivano dei sentimenti antisemiti, perfino passando all'azione come ha fatto Mohammed Merah a Tolosa nel 2012, ciò sarebbe perché l'esercito israeliano uccide dei bambini palestinesi. Se quindi Israele, Stato «razzista, coloniale e di apartheid» sparisse, l'odio per gli ebrei svanirebbe in tutto il resto del mondo. Ci si chiede allora come si possa spiegare il fatto che l'antisemitismo sia apparso ben prima del 1948 (creazione di Israele) o anche ben prima del 1917 (dichiarazione di Balfour a favore di una patria nazionale ebrea in Palestina)...

9. Quelli stufi marci della memoria e del vittimismo: gli ebrei parlerebbero troppo di giudeocidio, e questo provocherebbe delle reazioni negative, a volte violente. Molte persone, con opinioni molto diverse, denunciano la «concorrenza della memoria» da loro alimentata, quando gli fa comodo, praticando continuamente la cosiddetta «reductio ad hitlerum», vale a dire evocando continuamente Vichy, Pétain, Hitler, Mussolini, ecc., a proposito di Sarkozy ("Vichy 2"), Berlusconi, ecc.. Gli stessi denunciano le tecniche di «vittimizzazione» che verrebbero impiegate dai «sionisti» e da «gli ebrei», che adoperano così esattamente gli stessi metodi per denunciare l'oppressione di questa o di quella minoranza, popolazione o gruppo oppresso.

10. Il preteso cinismo finanziario degli ebrei e le manipolazioni politiche dei governanti israeliani: Si attribuisce ai «sionisti» (leggi «gli ebrei») la volontà di esagerare l'importanza dell'attuale antisemitismo

- per delle ragioni finanziarie: cercherebbero di ottenere ancora degli indennizzi (vedi "L'industria dell'olocausto" di Norman Finkelstein) - quest'idea nutre un anticapitalismo a buon mercato, un vero e proprio «socialismo degli imbecilli»;
- e geopolitiche: i «sionisti», denunciando l'antisemitismo, vorrebbero coprire l'estensione permanente (ben reale) delle frontiere di Israele, i crimini di guerra dell'esercito israeliano e gli incontestabili trattamenti discriminatori contro gli arabi israeliani ed i palestinesi.
Seguendo questa logica, il CRIF (Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni ebree in Francia), ma anche tutti quelli che denunciano l'antisemitismo vengono considerati come degli «agenti d'influenza» di Israele e/o del Mossad.

11. La presunta «dittatura del politicamente corretto». L'antisemitismo di Dieudonné, ad esempio, ma anche le reazioni antisemite di molte persone sarebbero la conseguenza del politicamente corretto, imposto, secondo la versione, dagli americani, dall'estrema sinistra, dalle élite intellettuali, dai media, dalle «lobbies». ecc.. Questo porta alcuni (sia a sinistra che a destra) a difendere la «libertà d'espressione», che sarebbe minacciata. È così che alcuni militanti di sinistra e di estrema sinistra, perfino anarchici, hanno a lungo minimizzato o negato l'antisemitismo di Dieudonné. Questi ha potuto frequentare per diversi anni gli ambienti «antisionisti». I quali, molto imbarazzati, ci hanno messo quattro anni per denunciare il presunto «pendio scivoloso» (sic!) su cui si era impegnato Dieudonné, e si sono dissociati troppo tardi [*5]. Alcuni continuano perfino a difendere il suo diritto ad una pretesa «libertà di espressione», e Dieudonné può così organizzare dei meeting antisemiti in tutta la Francia, senza che venga condotta nessuna campagna contro questo agitatore fascista.

12. L'utilizzo perverso del concetto di razzismo istituzionale: alcuni specialisti delle scienze sociali spiegano che in Francia esiste un razzismo strutturale conto le persone di origine africana e maghrebini [*6] (il che è vero, anche se all'intellighenzia di sinistra francese le ci sono voluti cinquant'anni per cogliere questo concetto). Alcuni militanti ne deducono che non esisterebbe affatto un antisemitismo strutturale in Francia, dal momento che si tratterebbe di uno Stato «filosemita». Quest'argomentazione è stata sviluppata dagli Indigènes de la République, gruppuscolo identitario, fervente sostenitore di un organizzazione antisemita come quella di Hamas.

13. Il razzialismo postmoderno: Il PIR (Parti des Indigènes de la République) ed il suo grosso seguito di militanti di estrema sinistra spiegano che gli ebrei sarebbero dei «Bianchi» privilegiati che opprimerebbero i «non Bianchi» (in maggioranza poveri o in ogni caso sfruttati, secondo quest'interpretazione) e che quindi i loro «piccoli problemi» sarebbero secondari. L'interpretazione estrema di tale tesi è quella fornita negli Stati Uniti dalla Nazione dell'Islam, ripresa in Francia da Dieudonné e da altri razzisti, secondo la quale «gli ebrei» avendo approfittato della tratta degli schiavi hanno interesse a mantenere un basso profilo. A parte la sua mancanza di fondamento storico, questo argomento ha un effetto boomerang quando si conosce la realtà plurisecolare dello schiavismo nelle società «musulmane».

14. L'argomento post-coloniale (con le sue specificità francesi): Si rimprovera agli «Ebrei», specificamente di Algeria, d'aver accetto nel 1870 il decreto Crémieux che dava la nazionalità francese a 34.000 di loro (ossia il 20% della popolazione francese locale dell'epoca); di non essersi battuti in massa contro il colonialismo francese in Algeria; di essere stati sostenitori dell'Algeria francese, e, per alcuni, di aver sostenuto l'OAS - fatti storici incontestabili, anche se queste affermazioni andrebbero sfumate in quanto alcuni ebrei algerini hanno difeso delle posizioni anti-colonialiste ed hanno perfino sostenuto l'FLN. Ma questo ripasso storico serve solo a scusare, perfino giustificare, il risentimento e l'antisemitismo di alcuni musulmani che vivono in Francia. Inoltre questo ragionamento si basa sull'idea reazionaria di una colpevolezza e di una responsabilità collettiva degli «ebrei».
Si potrebbe ribattere a coloro che portano avanti questo tipo di argomenti che in Algeria lo statuto discriminatorio del dhimmi è stato applicato per dei secoli; che contro gli ebrei di Algeria hanno avuto luogo un certo numero di pogrom musulmani ed innumerevoli atti discriminatori; che il Bachaga, grande signore feudale, Mokrani [*7] che in Cabilia ha guidato una rivolta contro i francesi (e che nel 1871 rispose a Crémieux: «Non obbedirò mai ad un ebreo. Se una parte del vostro territorio si trova nelle mani di un ebreo è finita») non rivendicava affatto che gli algerini beneficiassero del medesimo status degli ebrei locali in quanto ciò avrebbe minacciato il dominio della religione sulla vita quotidiana dei musulmani; che degli antisemiti come Edouard Drumont [*8], Emile Morinaud e Max Régis condussero in Algeria una violenta campagna contro gli ebrei, campagna che si tradusse nel boicottaggio e nel saccheggio dei commercianti ebrei da parte dei coloni francesi, nella distruzione dei luoghi di culto ebrei e in dei morti, senza suscitare reazioni particolari; che i sue Statuti sugli ebrei adottati sotto Vichy nel 1940 e nel 1941 non vennero mai contestati in massa dai musulmani algerini; che gli attentati del FLN contro le sinagoghe e contro i quartieri ebrei ad Oran nel 1959/1960 non fecero scendere nelle strade le masse musulmane, ecc..
Dal gioco della colpa collettiva, nessuno esce vincitore.

Yves Coleman, Ni patrie ni frontières, 9/4/2016

NOTE:

[*1] - Il titolo di una recente raccolta di articoli del Bund, dal titolo "No, noi non siamo un popolo eletto", pubblicato dalle edizioni Acratie, riprende questo tema in maniera molto maldestra, come se quelli delle altre religioni non si considerassero, anche loro, «eletti da Dio», come avviene sia per i cristiani che per i musulmani! Il tema dell'elezione divina, con i suoi obblighi particolari, ma anche con il suo settarismo sul mercato della «spiritualità», non è affatto una specificità ebraica. Perciò è assurdo volersi difendere da quest'accusa in quanto essa si applica alle tre religioni del Libro ed anche ad innumerevoli sette di «eletti»...

[*2] - Questo atteggiamento coincide con quello di certi marxisti che considerano che è meglio astenersi dal lottare contro l'antisemitismo. Dal momento che una simile lotta sarebbe solo una «diversione», poiché l'antisemitismo sarebbe di già, esso stesso, una diversione rispetto all'unica lotta seria: la lotta di classe. Questa era la posizione di Guesde e di una gran parte dei socialisti francesi rispetto all'affare Dreyfus... E questa è stata spesso la posizione di numerosi militanti al fine di evitare di prendere posizione di fronte al razzismo in seno al movimento operaio o in seno alla società in generale.

[*3] - Questi giochi identitari non sono semplicemente riferiti a delle discussioni fra intellettuali postmoderni in seno ad un piccolo ambito universitario di sinistra o di estrema sinistra. Ma sono legati anche a delle profonde evoluzioni in seno alla minoranza ebraica in Francia a partire dagli anni 1960.

[*4] - È così che Shlomo Sand può, allo stesso tempo, sia vantare le virtù del multiculturalismo americano che secondo lui lascia vivere in isolamento, secondo dei costumi religiosi ancestrali, 500mila ebrei che parlano yiddish ed ebraico, e rifiutarsi di parlare inglese a New York, spiegando che lui rifiuta il periodo d'oro dell'umanesimo universalista (France Culture, «La grande table», 27 mars 2016: http://www.franceculture.fr/personne-shlomo-sand.html). Ha solo «dimenticato» di dire che questi ebrei ortodossi sono nati negli Stati Uniti e che parlano perfettamente inglese, cosa che rende semplicemente assurdo il suo paragone con gli immigrati musulmani arrivati recentemente in Francia.

[*5] - http://www.europalestine.com/article.php3?id_article=1410&lang=fr . Ricordiamo che lo sketch di Dieudonné durante la trasmissione televisiva «Non può piacere a tutti» è del dicembre 2003 e che questo timido comunicato è dell'ottobre 2004... E che a partire dal 2000 Dieudonné si è esibito in una lunga serie di dichiarazione antisemite.

[*6] - Stranamente non evocano mai il razzismo contro gli asiatici.

[*7] - Lo scrittore antisemita Edouard Drumont, assai popolare fra i coloni francesi d'Algeria, scriveva nel 1886 su La France juive: «Di fronte ad un ebreo obliquo come Crémieux, che tradisce il paese che si è affidato a lui, bisogna contrapporre la figura nobile e leale del nostro nemico: Sidi Mohammed Ben Ahmed El Mokrani», inaugurando così la tradizione di una relativa «arabofilia» che tuttora persiste in certe correnti di estrema destra, soprattutto presso i nazionalisti rivoluzionari, i neonazisti, la Nouvelle Droite ed alcune frazioni del Front National, ad esempio. Questo sentimento non è affatto contraddittorio con un solido odio contro gli «Arabi» che vivono in Europa lontano dai loro «paesi d'origine». È così che Jean-Marie Le Pen e molti altri dirigenti del Front National, ieri come oggi, hanno sostenuto Saddam Hussein e Bashar al-Assad nel mentre che erano a favore di una politica di espulsione degli «arabi» di Francia e della denaturalizzazione di quelli che sono diventati francesi. I fascisti, i razzisti e gli antisemiti non sono mai in contraddizione!

[*8] - Drumont venne eletto deputato di Algeri nel 1898

fonte: mondialisme.org

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