Ucraina: la dualità del nazionalismo ed il collasso dello Stato
- di Gerd Bedszent -
Nel corso degli ultimi mesi siamo stati letteralmente sommersi dalle notizie a proposito degli avvenimenti che si sono verificati nell'Europa dell'Est. Quella che era cominciata, nell'autunno del 2013, come una zuffa del tutto abituale fra le diverse fazioni più o meno criminali, in poco tempo si è trasformata in una seria guerra di smantellamento dello Stato.
Un simile sviluppo non costituisce una novità - neppure in Europa. Sono ormai passati più di vent'anni da quando il collasso economico della Jugoslavia è sfociato in tutta una serie di guerre di ripartizione fra bande nazionaliste o apertamente criminali che dominavano ciascuna delle regioni. L'intervento militare occidentale in Bosnia ed in Kosovo finì per installare in questi territori pseudo-statali una repressiva amministrazione della povertà - con un solo settore economico in espansione: l'economia del crimine.
In Ucraina, oggi, si presenta uno scenario del tutto simile. Anche qui, sotto la copertura di un progetto di modernizzazione in ritardo, erano state messe insieme, compresse nella Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina (1922-1991), parti molto diverse fra oro. E, come nel caso della Jugoslavia, gli attori di un "regime di modernizzazione protocapitalista" (Robert Kurz) non erano riusciti a risolvere le sproporzioni, in termini di economia nazionale, tra le diverse parti del paese. In questo caso, si aggiungeva la particolarità dello Stato ucraino, proclamatosi indipendente nel 1991, che era il prodotto del collasso statale dell'Unione Sovietica.
Nelle regioni di confine dell'Ucraina orientale rimangono ancora, dopo il crollo economico dell'inizio degli anni novanta, resti della vecchia industria pesante sovietica, che traggono benefici dalla vicinanza della Russia. L'Ucraina continua ad essere uno dei principali fornitori dell'industria delle armi e dell'industria spaziale russa. Nelle regioni dei confini occidentali, che in generale si integrarono nell'Ucraina soltanto fra il 1939 ed il 1945, il progetto di modernizzazione in ritardo non ha mai avuto inizio. Queste regioni erano segnate assai di più dall'economia agraria, e con la dissoluzione delle cooperative agricole post-sovietiche hanno subito un rapido processo di impoverimento. La produzione agricola ucraina ha di fatto cominciato il suo recupero negli ultimi anni, dopo il collasso degli anni novanta - ma solo nelle condizioni di una violenta razionalizzazione imprenditoriale capitalista e per mezzo di una massiccia soppressione di forza lavoro, a tale razionalizzazione associata.
Dal declino economico agricolo continuato e dalle furiose lotte per il controllo delle città, fra la nomenclatura post-sovietica arricchitasi ed il sotto mondo del crimine, che di fatto è stato legalizzato a partire dal 1991, da tutto questo è risultato il crescente collasso delle istituzioni statali e la simultanea ascesa delle milizie della destra radicale. Quest'ultime si pongono consciamente nella tradizione dei gruppi armati che tentarono, fra il 1918 ed il 1922, di installare uno Stato indipendente, tanto nell'est quanto nell'ovest dell'Ucraina, e che durante la seconda guerra mondiale, in cambio di vaghe promesse di un'indipendenza futura, svolsero per l'occupante tedesco il lavoro sporco degli omicidi di massa con motivazioni antisemite.
L'isteria, che da mesi attraversa i media, circa il riaccendersi della Guerra Fredda, manca naturalmente di qualsiasi fondamento. Il conflitto fra la Russia e le potenze occidentali non ha alcuna base ideologica, trattandosi soltanto di una guerra economica neo-imperialista perfettamente normale. L'ex ufficiale del KGB, Vladimir Putin, non costituisce una resurrezione di Lenin o di Stalin, ma è solo un tipico rappresentante degli interessi del vecchio strato di funzionari arricchitosi nel corso della sequenza del collasso politico dell'Unione Sovietica e delle conseguenti orge di privatizzazioni. Il fatto per cui Putin, contro la resistenza di parti dello strato oligarchico post-sovietico, è riuscito a sospendere provvisoriamente il collasso statale della Russia, manifestatosi pienamente alla fine degli anni novanta, ed a stabilizzare lo Stato, ovviamente a basso livello, dimostra le sue indubbie qualità politiche. Ma a lungo termine queste non servono a molto. Dal momento che il nuovo modello economico della Russia non si basa su un programma di modernizzazione autonoma, bensì, in primo luogo, sull'esportazione di materie prime verso i centri di produzione capitalista di merci che ancora funzionano. In gran parte, Putin finanzia il bilancio statale attraverso i profitti ricevuti dalla compagnia Gazprom, posseduta per la quota di maggioranza dallo Stato. Attualmente, la Russia è il maggior esportatore di petrolio; il prezzo di esportazione del petrolio e del gas russo è varie volte superiore al prezzo interno al proprio paese. La Gazprom funziona così come il motore di temporaneo miracolo economico; la Russia è di fatto una compagnia petrolifera con uno Stato annesso.
Anche se con l'arrivo al potere di Putin, e con la sua politica di prezzi alti per l'esportazione di materie prime, la caduta galoppante nella povertà, da parte della maggioranza della popolazione russa, è stata provvisoriamente fermata, le disparità sociali si aggravano sempre più. Attualmente, soltanto a Mosca ci sono più multimilionari di quanti ce ne siano in tutta la Germania. Un'idealizzazione del regime di Putin, come quella che viene oggi fatta da parti della sinistra residuale, è quindi molto più che discutibile.
Mentre i paesi occidentali possono difendersi perfettamente dai prezzi alti imposti dalla Russia, gli Stati vicini impoveriti dell'Europa Orientale e dell'Asia Centrale si trovano più o meno alla sua mercé. L'Ucraina, i cui resti di economia sono altamente dipendenti dal gas naturale russo, è un esempio di questa situazione. Se negli anni 1990, gli oligarchi ucraini, in qualità di mediatori nella vendita a buon mercato del gas russo, realizzavano ancora grandi fortune, dieci anni dopo lo Stato ucraino si vide obbligato a sovvenzionare il gas usato come combustibile dalla popolazione, soprattutto in inverno.
L'instabilità politica ed i frequenti cambi di governo nell'Ucraina degli ultimi anni hanno la loro causa, in ultima analisi, nelle lotte per il potere dei diversi gruppi di oligarchi. Alcuni hanno cercato di far fronte all'imposizione dei prezzi da parte della Russia, attraverso l'avvicinamento economico e politico all'Unione Europea, accettando così di consegnare il resto dell'industria ucraina alla superiore concorrenza occidentale. Altri si sono disposti ad accettare, come un male minore, il proseguimento dei contatti economici con la Russia, che provengono dai tempi sovietici. Dato che si tratta di una scelta fra la peste ed il colera, nessuno di questi gruppi è riuscito sostanzialmente ad imporsi. La popolazione si impoverisce sempre più, l'indebitamento di Stato si avvicina in maniera minacciosa all'insolvenza, la differenza fra le diverse parti del paese cresce sempre più e la destra radicale si rafforza, soprattutto nell'Ucraina occidentale.
L'Occidente continua ad avere rispetto all'Ucraina interessi del tutto differenti. Per gli Stati Uniti in declino, l'Ucraina è stata ed è un semplice pezzo degli scacchi nella loro guerra economica contro l'industria petrolifera russa concorrente. L'Unione Europea, al contrario, è interessata a stare con l'Ucraina in quanto fornitrice di prodotti agricoli a buon mercato. Quello che qui viene nascosto sistematicamente è il fatto che questo può accelerare il collasso economico dell'Ucraina ed il processo di crollo dell'Unione Europea, che ormai non può più essere ignorato, come dimostrano le esperienza con gli altri Stati dell'Est Europa. I negoziati col regime di Janukowitsch per concludere un accordo di associazione con l'Unione Europea sono falliti alla fine del 2013, poiché il governo ucraino, di fatto insolvente, non era più in grado di sopportare i costi dell'imposizione dell'accordo, e la burocrazia dell'Unione Europea non aveva alcuna volontà di fare l'accordo. La cosiddetta opposizione democratica, supportata finanziariamente dall'Occidente, ha finito pertanto per allearsi con l'estrema destra e ad esigere un cambiamento di regime. E in questo modo è stata pre-programmata la guerra civile ed il crollo dello Stato.
L'isteria mediatica a fronte dell'annessione della Crimea da parte della Russia, e della conseguente guerra civile nelle regioni del confine orientale, può essere spiegata soltanto a partire dall'incapacità di percepire il crollo in generale dell'Ucraina come tale. In ogni caso, non si tratta della pura sciocchezza della "riunificazione della terra russa", mediaticamente appoggiata dall'amministrazione Putin. La dichiarata annessione di tutta l'Ucraina significherebbe per la Russia, in primo luogo, un onere finanziario che il paese non è in alcun modo in grado di sopportare senza rischiare il suo proprio collasso. L'occupazione della penisola del Mar Nero è stata innanzitutto conseguenza di considerazioni pratiche: la Russia usa il Mar Nero per il trasporto di gas naturale verso l'Europa meridionale e verso il Vicino Oriente, mediante gasdotti, ed ha approfittato in maniera definitiva dell'assenza di un governo ucraino funzionale per annettersi la Crimea in quanto importante punto strategico di appoggio per la flotta che garantisce la sopravvivenza di questa linea. Inoltre, c'è da supporre che la Russia voglia approfittare dell'opportunità di assicurarsi le riserve di gas naturale che si pensa esistano sulla costa della Crimea.
Lo stato in cui nel frattempo si trovano le istituzione dell'Ucraina, può essere ben valutato a partire dal fatto che le forze di sicurezza ucraine stanziate in Crimea non hanno effettivamente opposto quasi nessuna resistenza all'annessione della penisola del Mar Nero, e dal fatto che la Russia ha potuto appropriarsi senza alcuna lotta di quasi tutta la marina da guerra ucraina. Gran parte dei soldati ucraini sono passati immediatamente alle forze armate russe, contenti di poter finalmente tornare alla sicurezza del pagamento regolare di un salario. La maggioranza della popolazione, disperatamente impoverita, della Crimea - quale che sia la loro origine etnica - ha salutato allegramente l'invasore, sperando in un rapido miglioramento della situazione. Al giubilo, tuttavia, ha fatto seguito la disillusione. Il che era da prevedersi - alla fine gli abitanti della penisla hanno solo scambiato un regime oligarchico fallito con un altro meno fallito.
Il fatto che alla fine anche in due regioni di confine orientale abbiano preso il potere attivisti pro-russi, proclamando prima l'indipendenza statale come "repubblica popolare" e poi l'annessione alla Russia, è stata un'impresa tanto inutile quanto prevedibile. La Russia non ha intrapreso finora alcuno sforzo serio per incorporare le parti sleali del paese vicino, ma esige una "regionalizzazione" dell'Ucraina - vale a dire, nella realtà, una divisione dell'Ucraina in sfere di interesse economico. Cosa che l'Occidente, però, finora non ha voluto accettare.
E' evidente dall'inizio della guerra civile che l'Ucraina ormai non dispone né di esercito né di polizia operativa. Un ufficiale ucraino anonimo, per esempio, ha raccontato ad un giornale tedesco che era sparito un reggimento di carri armati con equipaggiamento moderno, perché qualcuno aveva venduto segretamente i carri ad un regime arabo. Unità di polizia rifiutano di accettare ordini e di entrare in azione contro i ribelli; truppe inviate in fretta e furia verso la regione si lasciano disarmare dai contadini in segno di protesta. In diverse città dell'est dell'Ucraina, ad esercitare il potere, al posto dell'autorità dello Stato che oramai non funziona, ci sono imprese private di sicurezza al servizio degli oligarchi ucraini. Altri oligarchi hanno finanziato "unità di volontari" della destra radicale, creandosi così un proprio piccolo esercito privato.
Il governo ha finito per nominare "Guardia Nazionale", le diverse milizie della destra radicale, ed inviarle nelle regioni che si sono sollevate. Questo, ovviamente, anche con secondi fini, per tenere lontano dalle immediate vicinanze della capitale, e sede del governo, il nucleo attivo dei nazionalisti che agisce in maniera sempre più irrazionale. Dal momento che l'apparato dello Stato in collasso non era più in grado di farlo, le bande di mercenari assassini e di predatori, sono stati pagati essenzialmente da oligarchi vicino al governo. La conseguenza, prevedibile, è stata che queste unità di Guardia Nazionale hanno cominciato ad agire sempre più fuori dal controllo del regime. Di fronte all'avidità di arricchimento, che non è stata fermata in alcun modo dalla guerra civile, da parte degli oligarchi che attualmente dominano Kiev - gran parte degli aiuti militari occidentali non arrivano al fronte, ma finiscono direttamente nel mercato nero - i radicali di destra armati hanno minacciato di marciare su Kiev ed installare un governo militare.
E' dimostrato che diversi battaglioni della Guardia Nazionale, ed altre unità di volontari, marciano spudoratamente con la svastica ed altri simboli fascisti e affermano davanti ai giornalisti occidentali che il loro vero obiettivo è la conquista di Mosca. Cosa che, considerato il rapporto di forza militare, può essere spiegata soltanto come megalomania grave.
Circa la situazione nelle due "repubbliche popolari" dell'est dell'Ucraina ci sono poche informazioni sicure. Quel che certo è che la ribellione a Kiev, con sanguinosi pogrom contro i sostenitori del deposto presidente Janukowitsch così come contro comunisti ed altri membri di organizzazioni di sinistra, è stata appoggiata - nella città costiera di Odessa, ad esempio, una folla di radicali di destra, con la connivenza della polizia, ha incendiato un edificio sindacale ed ha massacrato quelli che cercavano di sfuggire alle fiamme. A causa di molteplici minacce alla vita ed all'integrità fisica, le persone sono fuggite verso le regioni del confine orientale, dove sono rimaste relativamente al sicuro fino allo scoppio della guerra civile aperta.
La leadership politica delle due "repubbliche popolari" - se così si può dire - è quindi un conglomerato spontaneo di nostalgici sovietici, di radicali di destra russi e di funzionari amministrativi che agisce pragmaticamente. Nella costituzione della "Repubblica Popolare di Donetz", ad esempio, è statuito sia il mantenimento delle norme dello Stato-provvidenza che l'appartenenza alla Chiesa ortodossa.
Il colonnello-generale ucraino, Wladimir Ruban, di certo insospettabile di avere simpatie per i russi, ha dichiarato ad esempio in data 20 agosto in un'intervista alla Ukrainskaja Prawda, che i due bandi sono fra loro quasi indistinguibili ideologicamente - uno dei rari casi in cui un militare mostra una chiara comprensione nei confronti dello scatenarsi della paranoia nazionalista.
Ora, bisogna in primo luogo opporsi all'idealizzazione delle milizie che appoggiano entrambe le "repubbliche popolari" dell'est Ucraina promosse da gran parte della sinistra residuale. Per esempio, unità di cosacchi che combattono dalla parte degli insorti avevano una reputazione miserabile prima dello scoppio della guerra civile, per i loro pogrom con le minoranze non slave. Se nei battaglioni della guardia nazionale hanno combattuto fin dall'inizio radicali di destra svizzeri ed italiani in nome dell'Ucraina, le milizie degli insorti si sono giovate di un rapido afflusso di radicali di destra russi e francesi.
La guerra civile nell'Ucraina dell'est non costituisce - come ama dire soprattutto la stampa russa - una riedizione della Guerra civile spagnola del 1936-1938, o della guerra antifascista del 1941-1945, ma è una guerra di smantellamento dello Stato, che si esprime in lotte per la ripartizione fra gruppi etnici diventati nemici. Si saccheggia e si assassina da entrambi i lati. L'ordine statale, appena rudimentale, nel territorio di entrambe le "repubbliche popolari" si è costituito a base ideale per tutta un'ondata di economia di furto: saccheggi, estorsioni, sequestri ed omicidi.
Il comportamento brutale della guardia nazionale e dei resti dell'esercito nazionale che l'hanno appoggiata, ha portato fin dall'inizio ad una pulizia etnica della popolazione di lingua russa nell'est dell'Ucraina. Alle città controllate dagli insorti sono state tagliate, con tiri ben assestati, energia elettrica ed acqua potabile, da parte delle truppe del governo che le circondavano, per poi indebolirle per mezzo del fuoco dell'artiglieria pesante. Nelle regioni riconquistate dai militari di Kiev non ci sono quasi più residenti. Centinai di migliaia di ucraini sono fuggiti verso i paesi vicini - nelle regioni di confine russe è stato dichiarato lo stato di emergenza. Dopo il collasso della compagnia ferroviaria, ci sono colonne di rifugiati in fuga verso l'est, bombardati perfino dalle forze aree ucraine.
Una guerra civile in un paese confinante ha colpito direttamente gli interessi russi, almeno dall'agosto del 2014. E' vero che, per fortuna, nelle regioni interessate non si trova nemmeno uno dei diciassette reattori nucleari ucraini (non contando i quattro reattori distrutti di Chernobyl). Tuttavia, la gestione della grande impresa chimica ucraina, Styrol, ha lanciato un disperato grido d'aiuto alla leadership militare di Kiev, per fermare immediatamente il bombardamento del parco commerciale dell'impresa - un'esplosione delle sue installazioni minaccerebbe una catastrofe ambientale in tutto il paese. Quest'incidente probabilmente ha portato il governo russo ad appoggiare ora realmente le attività di entrambe le "repubbliche popolari", all'inizio solamente tollerate. Con un conseguente rapido mutamento dei rapporti di forza. Le truppe di Kiev hanno subito tutta una serie di pesanti sconfitte . vari battaglioni della guardia nazionale sono stati accerchiati ed annientati. Nell'esercito regolare, costituito in gran parte attraverso il servizio militare obbligatorio, sono aumentati i segnali di disgregazione. Intere unità hanno disertato il fronte o sono fuggite verso la zona russa ed hanno chiesto asilo politico. Non poche volte, le truppe in ritirata sono state bombardate da unità di volontari della destra radicale e sono state obbligate ad invertire la marcia.
I tentativi da parte del governo di Kiev di vincere la crisi si sono limitati a lanciare grida di aiuto sempre più disperate in direzione dell'Europa occidentale. Che l'Occidente non voglia, ed anche non sia nella posizione di aiutare i resti in collasso del progetto di modernizzazione dell'Europa dell'est, è cosa che ovviamente non entra nella testa degli oligarchi ucraini. Solo così si può spiegare la reazione del tutto irrazionale dell'ex banchiere ed attuale primo ministro Jazenjuk: quando la sconfitta militare era già evidente e si era già stretto il cerchio delle milizie russe intorno alla rimanenza delle truppe governative nella città di Mariupol, questi annunciò che l'Ucraina si sarebbe separata dal paese orientale confinante per mezzo della costruzione di un "muro". Una notizia che nelle redazioni dei notiziari occidentali venne accolta scuotendo la testa, ma che poi venne poco divulgata. Il fatto incontestabile per cui queste regioni occidentali di cui si parlava non erano sotto il controllo del governo, e che al di là di questo lo Stato in effettiva bancarotta non sarebbe mai riuscito con i propri mezzi a mettere insieme le risorse finanziarie per la costruzione di una fortificazione di più di 2.000 chilometri, tali fatti non vennero commentati. Ed ancor meno il fatto che l'isolamento economico della Russia sarebbe la fine per le regioni confinanti, ormai già ampiamente rovinate.
Non si sa quante vite umane sia costata finora la guerra civile nell'est dell'Ucraina. L'ultima cifra conosciuta, di 2.000 morti, dev'essere considerata sicuramente molto bassa rispetto alla verità. Qui non c'è bisogno di sottolineare che con l'attuale tacere delle armi, in ogni caso molto interrotto, fra le rimanenze delle truppe di Kiev e le milizie delle due "repubbliche popolari", non si modifica minimamente il disastro dell'Ucraina.
I danni enormi, proprio in quell'est ancora in qualche modo economicamente stabile, dovrebbero accelerare un ulteriore deindustrializzazione del paese già impoverito. Difficilmente si può immaginare che gli oligarchi ucraini siano inclini a mettere di nuovo in moto gli impianti produttivi distrutti con il denaro che hanno rubato. E ancor meno è difficile immaginare che qualche impresa occidentale faccia investimenti significativi in una regione instabile e lacerata dalla guerra civile.
Un'ironia della storia è quella per cui gli Stati e le istituzioni occidentali durante la guerra civile si sono prestati ad appoggiare il regime di Poroschenko, da loro installato per mezzo di migliaia di milioni di credito - lo stesso credito che prima avevano rifiutato al regime di Janukowitsch. Ma questi soldi difficilmente potranno contribuire ad una stabilizzazione duratura in Ucraina; devono essere immediatamente trasferiti a copertura del debito o per riempire i buchi del bilancio che si sono aperti con la guerra civile. Quello che l'Occidente alla fine promuove rispetto all'Ucraina, è il saccheggio dei resti del fallito progetto di modernizzazione. La promozione dell'infrastruttura necessaria per questo saccheggio organizzato può anche integrare temporaneamente una minoranza di persone lì residenti, ma mai una maggioranza della popolazione. Perciò è solo questione di tempo prima di un nuovo collasso dell'Ucraina.
Il governo di Kiev è stato solo in grado di mantenere le regioni ancora da esso controllate grazie ad una furiosa politica di tagli sociali, riduzioni di salari, soppressione di posti di lavoro nei servizi pubblici e saccheggio fiscale della propria popolazione in generale. La resistenza contro tutto questo si deve muovere entro stretti limiti, giacché all'ombra della guerra civile sono state fatte rapidamente molte modifiche legislative: attualmente, l'Ucraina ha una delle legislazioni più repressive d'Europa; la polizia, ad esempio, può arrestare arbitrariamente qualsiasi persona sospetta e detenerla per trenta giorni senza decisione giudiziaria.
Inoltre, la caduta del regime di Janukowitsch ha scatenato un'ondata di lotte di distribuzione criminale. Sotto la pressione di bande armate che, in seguito alla dissoluzione progressiva della polizia, nella maggioranza delle città esercitano di fatto il potere, i funzionari della giustizia, agendo formalmente ancora in nome dello Stato di diritto, legittimano atti di pura rapina. Molti oligarchi, che nella distribuzione dei posti di governo hanno ottenuto troppo poco, sono riusciti, appoggiati dalle milizie da loro finanziate, a costruire un apparato di potere in regioni lontane, ed agiscono sempre più al di fuori di qualsiasi controllo del governo centrale.
La fornitura di gas naturale dalla Russia al vicino occidentale è stato interrotto perché il governo ucraino si è rifiutato finora di pagare l'importo miliardi richiesti per sanare il vecchio debito. La popolazione ucraina dovrà ora affrontare un inverno molto freddo.
La retorica bellicista sfrenata dei media occidentali, negli ultimi mesi e non solo, è preoccupante. Per molto tempo è stata negata insistentemente l'esistenza di bande armate nazionaliste ed apertamente antisemite in Ucraina, classificando quest'informazione come menzogne della propaganda russa oppure presentandolo come un male tuttavia necessario. Il collasso economico, che si diffonde anche nei centri capitalisti, produce ovviamente il risorgere del pensiero radicale di destra, arrivando fino all'accettazione dell'aperto antisemitismo.
Ora, come si evolverà lo Stato europeo orientale che si sta disfacendo? Sicuramente, una riedizione della dittatura fascista classica, temuta da una parte della sinistra marxista tradizionale, non potrà aver luogo. La "formazione coercitiva fordista del nazionalsocialismo" (Robert Kurz), come via speciale della modernizzazione ritardata, è legata ad un'epoca stoica che appartiene definitivamente al passato. D'altra parte, l'indicazione secondo cui il mercato viene dichiarato come l'unico dio salvatore, e simultaneamente gli "esseri umani non più vendibili" (Robert Kurz) vengono consegnati alla disperazione di un'amministrazione della povertà duratura, costituisce il terreno di coltura appropriato su cui fioriscono e prosperano il razzismo ed il nazionalismo. Quello che si sta percorrendo in Ucraina è, pertanto, un "nazionalismo della disperazione sociale" (Robert Kurz). Un nazionalismo di disperazione che agisce un po' meno barbaramente di quanto ha fatto il suo modello storico. La "autarchia economica" dell'Ucraina, promossa dalle associazioni fasciste armate, punta alla fine ad un'installazione di un'amministrazione della povertà particolarmente repressiva, associata ad un'economia di saccheggio etnicamente motivata, che è già una realtà in molte zone del pianeta. E' probabile che i confronti armati nell'est dell'Ucraina, visti ad ampio termine, si rivelino soltanto come un preludio a tutta una serie di guerre civili, e finiscano per sfociare nella completa distruzione delle strutture statali e nella caduta nella barbarie delle altre zone dell'Europa dell'est.
La rovina dell'Ucraina è un terribile monito, uno sguardo su un futuro che, a breve o a lungo termine, si avvicina anche agli Stati europei ancora funzionanti.
- Gerd Bedszent - Pubblicato sulla Rivista "EXIT! Krise und Kritik der Warengesellschaft", nº 12 (11/2014), pag. 176-184 -
fonte EXIT!
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