giovedì 6 agosto 2015

Determinazioni e determinismi

postone

"Una delle cose che ho trovato molto illuminante a proposito dei Grundrisse (...) è stato il fatto che Marx non era interessato semplicemente alla fine dello sfruttamento del lavoro proletario ma piuttosto all'abolizione di tale lavoro. La maggior parte delle interpretazioni del plusvalore non colgono questo punto. L'idea che Marx fosse interessato all'auto-abolizione del proletariato e non alla sua realizzazione, mi ha portato a ripensare fondamentalmente Marx." - ("Critica e dogmatismo" - Intervista a Moishe Postone) -

In questo passaggio di un'intervista del 2011, Postone descrive quello che ritengo l'aspetto più importante dell'analisi di Marx. Il mio "problema" (se questa è la parola giusta) con Postone, è il fatto che, in tutta l'intervista, non si riferisce mai all'intuizione di Marx come ad un processo reale; cosa che potrebbe far pensare a chi legge occasionalmente l'intervista che la tesi di Marx sia meramente ... politica.
Postone rimanda direttamente al suo libro, "Tempo, lavoro e dominio sociale", dove mostra come "l'interesse" per l'abolizione del lavoro, da parte di Marx, sia solo un'espressione teorica del processo dello sviluppo capitalista. Che sarebbe come dire che Marx ha dimostrato solo teoricamente che l'abolizione del lavoro è la traiettoria del modo di produzione capitalista stesso.
Questo lo si può trovare nel libro, ma non nell'intervista.

Eppure, questo è importante in quanto permette di risolvere l'indovinello di quando Postone - sempre nell'intervista - discute della contraddizione fra il modo capitalista di produzione e l'agire del proletariato:

"Dal punto di vista dell'analisi di Marx, il concetto di Hegel dello svolgimento della storia umana è una proiezione fatta sull'umanità di ciò che è attualmente valido per il capitalismo. Nietzsche ed i pensatori che lo hanno seguito, si focalizzano sulla contingenza della storia. Lo fanno, perché sono consapevoli del fatto  che l'idea di logica, per la storia, significa realmente una forma di eteronomia. Per salvare la possibilità di azione, negano, tuttavia, quel genere di vincoli reali nei confronti dell'azione che la logica del capitale attualmente rappresenta. Li dichiarano non-esistenti."

Postone mostra come Marx risolva la contraddizione fra traiettoria storica del capitale e azione cosciente del proletariato: se azione significa che la nostra azione consapevole perviene ad un risultato previsto, allora si acquisisce una reale libertà d'azione solo nella misura in cui la nostra azione è coerente con la traiettoria storica del capitale. Insomma, se la traiettoria storica del modo capitalista di produzione è - come sosteneva Marx - in direzione dell'abolizione del lavoro, allora noi siamo "liberi" di accelerare un simile processo. Quindi, gli esiti della prassi cosciente non sono illimitati: sono vincolati da un processo oggettivo, da una logica che - come il processo - è anch'essa storicamente specifica.

In tal modo, Postone dimostra come il proletariato si trovi "limitato", nella sua azione, a non poter fare altro che realizzare la sua auto-abolizione. Questo limite è determinato, ma non "deterministico": il proletariato è del tutto "libero" di compiere le sue scelte politiche e sindacali. Quindi è del tutto libero anche di non abolire sé stesso, quindi è del tutto libero anche di lottare contro la traiettoria storica della propria abolizione e perciò contro il suo essere reso superfluo per la produzione di ricchezza materiale. Questo, ovviamente, fa del proletariato uno strano "compagno di letto" della classe capitalista, la quale conviene con lui che il lavoro sia essenziale, e cerca in tutti i modi di impedirne l'abolizione.
E questa non è soltanto una possibilità! Il modo in cui il lavoratore viene reso superfluo per la produzione di ricchezza materiale, è tale che viene esperito come una perdita: non può vendere il suo lavoro, non può sfamare i suoi figli, vede davanti a sé solo la miseria e di conseguenza, in concorrenza con gli altri della sua stessa classe, si vede costretto a ridurre il proprio salario. L'abolizione del lavoro procede in maniera da ridurre, insieme al lavoro, anche la sussistenza.

La società risponde "razionalmente" all'emergenza improvvisa dei disoccupati che non trovano più lavoro e di una massa di merci che non può più essere venduta, e di numerose fabbriche costrette all'inattività dalla crisi.
Il fatto che questa crisi sia anche, allo stesso tempo, l'annuncio di una nuova società non è minimamente evidente (se così fosse non ci sarebbe bisogno della teoria). Il fatto che la crisi dimostri come, nelle attuali condizioni tecniche, la giornata di lavoro sia troppo lunga, non riveste alcun significato: nel modo di produzione capitalista, l'impiego di lavoro è determinato dalla giornata sociale di lavoro. Non ha alcuna importanza che la crisi dimostri che le ore di lavoro sono troppe: la relazione capitalistica - costituita sia da lavoratori che da capitalisti - coglie empiricamente questa realtà tecnica in maniera negativa. La giornata di lavoro non è abbastanza lunga da riuscire a mantenere le esistenti relazioni sociali di produzione, dal momento che il funzionamento del modo di produzione è determinato solo indirettamente dalle sue condizioni tecniche, ma è direttamente determinato dalle sue condizioni sociali.
Nessun capitalista ha mai introdotto mezzi di produzione più avanzati se non per incrementare i profitti.
Nessun lavoratore ha mai condizionato la vendita della propria forza lavoro al fatto che questa forza lavoro dovesse essere impiegata in maniera "produttiva" dal compratore.

Così, mentre il "comunismo" fa la sua prima apparizione nelle sembianze di una popolazione di lavoratori in eccesso e di una massa di capitale in eccesso, la società (capitale & lavoro) risponde a questa emergenza chiedendo allo Stato di mettere al lavoro queste "risorse" eccedenti: il potenziale di emancipazione della società dal lavoro, generato dal capitale, si converte politicamente in una forma che cerca consapevolmente solo di evitare che questo potenziale si realizzi.

Fino a quando?


fonte: The Real Movement

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