sabato 7 marzo 2015

Voler vivere

vaneigem

Osservazioni sul Manifesto Comunista
di Raoul Vaneigem

1.
Il Manifesto del Partito Comunista è un esempio istruttivo di come un progetto di realizzazione umana possa dare vita ad un sistema sociale ancora più disumano di quello che pretendeva di distruggere e che aveva cercato di sostituire.
2.
Quello che separa, per mezzo dell'astrazione, ciascun individuo dalla sua propria concreta esistenza, prima o poi lavora per opprimerlo. Il Manifesto Comunista conteneva in forma embrionale l'impero delle stupefacenti menzogne e l'ideologia comunista che costituivano la verità di Stato, di modo che lo spirito di emancipazione che lo ispira ha finito per agire come forma separata della voglia di vivere, la quale in ogni momento viene affermata, mentre viene invece negata nella vita quotidiana.
3.
La storia di ogni società finora esistita è stata solamente la storia di un sistema sociale ed economico in cui l'uomo ha negato la sua intrinseca umanità diventando il prodotto della merce che produce. A differenza della libertà individuale, che sigilla la raffinata realizzazione dei desideri, le libertà astratte sono sempre state il risultato di un'espansione delle merci determinato dal bisogno di realizzare un profitto.
4.
Nel corso della sua evoluzione, ogni volta che l'economia si è trovata prigioniera di forme arcaiche, essa le ha distrutte in nome del libero commercio, solo per attuare immediatamente delle nuove tirannie decretate dalla legge del profitto. Tutto ciò che l'economia investe in prestazioni sociali, lo riguadagna al prezzo dei un duplice crimine contro l'umanità: la opprime in nome della libertà della nazione, del popolo o dell'individuo, e conduce in un vicolo cieco l'impulso appassionato per la vita che era stato riacceso dal crollo dell'ex-tirannia.
5.
E' la creazione, non il lavoro, che è distintivo degli esseri umani. La trasformazione della forza vitale in forza lavoro reprime e rovescia l'aspirazione all'auto-appagamento che richiede la creazione combinata del mondo e del destino individuale. Un universo trasformato dal lavoro realizza soltanto la modernità della sua fondamentale disumanità, poiché implica la trasformazione dell'uomo in lavoratore, la sua negazione come essere vivente e desiderante. Basando l'emancipazione sulla gestione collettiva dei mezzi di produzione, Marx ed Engels hanno trasformato la libertà nella bandiera dell'oppressione universale.
6.
L'opposizione fra borghesia e proletariato ha oscurato la separazione introdotta dal lavoro nel corpo dell'individuo; la testa, dove si concentra la coscienza dei desideri, che si erige come la cittadella della Mente edificata sulla repressione della libido e sul suo sfruttamento lavorativo.
7.
L'idea che un partito possa costituire la "punta di diamante del proletariato" ha riprodotto nel proletariato la gerarchia che la snaturante funzione del lavoro ha stabilito fra il cervello pensante - il "capo" - ed il resto del corpo. A rafforzare una volontà di potere già favorita dal carattere competitivo di un'economia che, lungi dal trionfare sul carattere adattivo e predatore del regno animale, lo ha socializzato, impastoiando così l'evoluzione umana e confinando la creazione ai confini del suo impero, dentro i margini dell'arte e del sogno.
8.
La storia economica, politica e sociale ha dimostrato due punti essenziali della teoria marxista: l'estinzione dello Stato e la tendenza alla caduta del tasso di profitto.
a) Dopo aver divorato il capitale privato ad Est come ad Ovest, lo Stato lo ha rigurgitato in una condizione più rovinosa, cui non può più trovare una soluzione.
b) Lo sfruttamento della natura umana e della natura terrestre si è diffuso a tal punto che, esaurendo le risorse del pianeta, ne esaurisce ora la redditività. La tendenza del tasso di profitto a crollare, oggi si traduce in una speculazione finanziaria a circuito chiuso. Ultimamente si investe sempre meno nella produzione, e ci si aggrappa alla redditività residuale del settore terziario - dominato da una burocrazia senza scrupoli guidata dal profitto - a spese del settore primario (agricoltura, istruzione, tessile, metallurgico, ecc.), la rovina del quale richiede l'intervento di un capitalismo neo-ecologico.
9.
Negli ultimi due secoli, la storia ha ininterrottamente accelerato. Il 1789 ha segnato la fine del predominio di un'economia agricola. Lo stabilirsi del libero commercio ha propagato lo spirito democratico, mentre l'ascesa dell'industria ha rafforzato lo spirito autoritario inerente all'organizzazione della produzione, che la centralizzazione di Stato, nella forma fascista e bolscevica, avrebbe portato all'apice.
Nella seconda metà del XX secolo, l'importanza del settore produttivo è stata abbandonata a favore del settore del consumo, il quale offriva maggior garanzia di redditività. La decolonizzazione entra così molto più facilmente nel processo di trasformazione economica a partire dal nuovo imperativo: "Non importa cosa compri; basta che compri!" e sovrintende ad un nuovo modo di colonizzazione delle masse nei paesi industrializzati.
L'inflazione quantitativa di beni di consumo porta ad una caduta nella qualità dei beni, al deterioramento del valore d'uso, al graduale abbandono dei settori primari a favore di un settore terziario dominato da una burocrazia parassitaria e senza scrupoli guidata dal profitto. Soprattutto, il dispotismo del profitto a tutti i costi significa che la minaccia della distruzione globale pesa sulla natura umana e terrestre.
La rivoluzione del maggio '68, nella misura in cui obbedisce, come le precedenti, ad una determinazione economica, dimostra la necessaria trasformazione di un sistema di merci che, nelle sue crisi, scopre una nuova redditività nella ricostruzione dell'ambiente naturale devastato, da allora in poi, da un capitalismo arcaico, talmente dominante da essere ancora con noi. Esso ha segnato la sparizione graduale delle ideologie politiche e l'emergere di ideologie che sono più direttamente focalizzate sulla vita quotidiana: edonismo, consumo etico, umanitarismo, ed ambientalismo.
10.
D'altra parte, la rivoluzione del 1968 aveva una caratteristica specifica: è stata la prima ad avere consapevolezza del fatto che, limitandosi a lavorare per nuove forme di economia, i rivoluzionari agiscono in opposizione alle loro aspirazioni umane, che sono quelle di vivere meglio e di non seppellirsi in un sistema di sopravvivenza che trasforma i loro desideri in valore delle merci. Se il mondo è cambiato più in pochi anni di quanto ha fatto in molti millenni, questo è perché è nel 1968 che si è cominciato a cambiare le sue fondamenta.
11.
Dal momento che il neo-capitalismo deve ora imporsi sulla barbarie di un capitalismo la cui agonizzante redditività implica l'agonia del pianeta, tutto quanto lo incoraggia ad affermarsi a partire da un'etica. Ma, quello che vale per l'etica umanista vale anche per la libertà di pensiero e di azione che le istituzioni democratiche garantiscono formalmente: si pretende di proteggere dalla disumanità lucrativa, dall'inquinamento, dalla corruzione e dal gangsterismo degli affari, ma si riduce a deliberata astrazione, una voglia di vivere che solo il godimento di sé e del mondo può far diventare la base della creazione del destino individuale e del suo ambiente.
12.
Se essere radicale, come scrive Marx, è "cogliere la radice del problema. Ma, per l'uomo, la radice è l'uomo stesso", è arrivato il momento per ciascuno di mettere sé stesso al centro di una battaglia il cui esito quotidiano influenza radicalmente - nel senso di vivere, o di rassegnarsi morbidamente - l'esito degli eventi globali. E' a questo confronto alla radice, che deve riferirsi ogni cosa che viene intrapresa in nome dell'economia, della società, della moralità e dell'umanità.
13.
Ogni valore d'uso che non fa parte del progetto di godimento di sé e del mondo, attraverso la creazione di sé e del mondo, partecipa del sistema alienante delle merci.
14.
Non è più sufficiente limitarsi all'intelligenza confidando in essa per cambiare il nostro tempo. D'ora in poi il corpo deve diventare conscio della sua voglia di vivere e del suo ambiente in quanto territorio che dev'essere liberato per stabilire la sovranità della vita.

- Raoul Vaneigem - postfazione al Manifesto del Partito Comunista, di Karl Marx e Friedric Engels, Mille e une nuits, Parigi, 1994 -

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