Nel quadro delle fonti e delle origini del movimento situazionista, la testimonianza di Raoul Vaneigem rimane assolutamente singolare. Ora, in "Rien n’est fini, tout commence", un libro-intervista con Gérard Berréby, da poco pubblicato, torna sul suo originale percorso politico. La sua testimonianza contribuisce a non ridurre l'Internazionale Situazionista ad un banale pezzo da museo. Il libro si apre sulla rievocazione del movimento degli scioperi del 1961 in Belgio: "Anche se gli scioperi non erano in niente paragonabili ad un evento della portata di Spartakus, tuttavia aleggiava l'ombra dell'insurrezione", osserva Vaneigem. Anche se la loro ampiezza non era la stessa di quella dei consigli operai nella Germania degli anni 1920, venivano organizzato dei comitati di sciopero, a margine dei sindacati, al fine di radicalizzare il movimento.
Raoul Vaneigem cresce in Belgio, nella regione di Lessines. In questa regione, molto operaia, la lotta di classe appare particolarmente combattiva e si confonde con la vita quotidiana nei bistrot e nelle feste, che diventano spazi di discussione e di animazione politica. Figlio di un ferroviere, Vaneigem cresce in un immaginario di rivolte operaie, e di repressione da parte della borghesia, in una cultura operaia permeata dall'odio di classe, dove il desiderio è quello di abbattere il padronato e lo sfruttamento.
Studente all'Università di Bruxelles, studia Benjamin Peret ed i surrealisti e discute la sua tesi di laurea sul poeta Lautréamont: détournement e letteratura devono aprire una prospettiva emancipatrice. Vaneigem cerca di ancorare la rivoluzione alla poesia, ma soprattutto alla vita quotidiana. Tutti i momenti dell'esistenza devono inscriversi in una strategia di emancipazione: "che si parli di Marx o che si faccia l'amore, l'obiettivo della rivoluzione permea tutti i momenti della vita; e non con l'intenzione di darlo a vedere per impressionare qualcuno, ma semplicemente con l'intenzione di vivere ogni giorno".
Vaneigem prende contatto con Henri Lefebvre, un filosofo che tenta di collegare la sua analisi del mondo all'esistenza quotidiana. Nel 1961, dopo il movimento degli scioperi, inizia una corrispondenza con Guy Debord, e scopre il movimento situazionista, che si sta sviluppando con il fine di "sperimentare la vita libera attraverso la lotta organizzata contro il capitalismo". Ma i situazionisti gli appaiono troppo teorici, le loro opinioni assomigliano ad un bollettino interno che nella realtà non propone una strada per l'azione rivoluzionaria: "Le sole forze vive di cui possiamo disporre, dobbiamo cercarle nella rivolta spontanea dei gruppi che sentono l'alienazione nella maniera più odiosa: i lavoratori e gli intellettuali", suggerisce Vaneigem. Tuttavia scopre una forte complicità politica con i situazionisti, con le loro intense discussioni arrossate dal vino.
In questo periodo, nel 1961, sono scoppiati gli scioperi in Belgio, fuori dai sindacati e perfino contro il loro parere, e questo movimento permette di riscoprire il comunismo dei consigli. I situazionisti, al fine di articolare la loro radicalità artistica e politica, evocano anche il giovane Richard Wagner, sulle barricate di Dresda insieme a Bakunin. Vaneigem decide di partecipare attivamente all'avventura situazionista, e scrive le sue "Banalità di base" in cui descrive la dimensione umana di questo movimenti rivoluzionario attraverso l'amicizia, l'umorismo e le discussioni innaffiate. L'Internazionale Situazionista (IS) si distingue dagli altri gruppuscoli di sinistra, che si considerano delle avanguardie ed il cui obiettivo è limitato allo sviluppo della loro propria organizzazione. "L'aspetto poetico ed umano delle nostre relazioni ha senza dubbio costituito la fase più radicale dell'IS, quella che, ancora oggi, resiste alla congiura della confusione e del caos", sottolinea Vaneigem.
L'IS può apparire come l'ultima avanguardia artistica del XX secolo, ma la critica dell'arte si arricchisce di una critica della politica, per permettere un superamento dell'arte. Una radicalizzazione del movimento porta all'esclusione di quegli artisti che cercano di fare una carriera professionale mercificando la loro arte. Questa critica dell'ideologia e della politica porta a rimettere in discussione il concetto di avanguardia che deve guidare ed inquadrare le masse. "Evidentemente, noi non vogliamo essere un'avanguardia - degli individui che diffondono il radicalismo, sì! ma senza mai diventare la ‘punta di diamante del proletariato’, come continuano a ripetere gli stalinisti", precisa Vaneigem.
La politicizzazione del movimento permette soprattutto di evitare una deriva artistica: "Per noi, il superamento dell'arte riguardava la vita quotidiana stessa. La vota diventava una forma artistica, con tutti i pericoli che questo comporta". Ma la dimensione sociale e politica, incarnata dal sostegno agli scioperi selvaggi, come in Belgio nel 1961, permette di evitare una deriva che riduca la critica della vita quotidiana a mera apologia di un modo di vita anticonformista. Gli scioperi belgi incarnano le nuove pratiche politiche.
I situazionisti sembrano avvicinarsi a "Socialisme ou Barbarie", il gruppo animato da Cornélius Castoriadis. La valorizzazione degli scioperi selvaggi, dei consigli operai e la critica della burocratizzazione avvicina i due gruppi, ma l'IS insiste anche sull'importanza della poesia e della creatività nella prospettiva di una critica radicale della vita quotidiana, appoggiandosi più sugli scritti del giovane Marx, il quale propone un'analisi critica dell'ideologia e dell'alienazione. La conferenza di Anversa, nel 1962, descrive una nuova concezione della lotta politica che dev'essere associata al piacere della discussione. piuttosto che all'austerità militante: "La festa è sempre stata importante per l'IS dal momento che il carattere esuberante di una vita quotidiana fuori dal posto di lavoro e dalla discussione austera era la base su cui si formava il progetto di costruire un'esistenza disalienata", insiste Vaneigem. Questo momento gioioso si può spiegare a partire dal suo contesto, l'IS sembra essersi sbarazzata degli artisti professionali e dei vari arrivisti, ed oramai può dedicarsi pienamente ai suoi desideri rivoluzionari.
Malgrado il piccolo numero di lettori, la rivista situazionista esercita una relativa influenza, le sue idee si diffondono in maniera spontanea, il movimento del Maggio 68, in particolare, sembra nutrirsi delle idee e delle pratiche situazioniste. Già nel 1966, "Le Figaro littéraire" osservava un'influenza della rivista sul movimento dei Provo, in Olanda. Durante gli anni 1960, questa gioventù ribelle aspira all'avventura e contesta l'ordine delle merci attraverso il piacere ed il gioco.
Nel 1967, i situazionisti pubblicano anche dei libri: ne "La società dello spettacolo", Guy Debord propone un'analisi critica della civiltà della merce, nel "Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazioni", Vaneigem valorizza una dimensione più emozionale e soggettiva. Le proposte politiche differiscono, ma possono riunirsi ed articolarsi. Debord insiste sui consigli operai, mentre Vaneigem si appoggia all'emancipazione individuale attraverso il piacere e la creatività. Il situazionista Mustapha Khayati pubblica l'opuscolo "Della miseria nell'ambiente studentesco" basandosi sull'esperienza vissuta all'Università di Strasburgo, in particolare quella fatta in senso al sindacato dell'Unef: "Possiamo affermare, senza grossi rischi di sbagliarci, che lo studente, in Francia, dopo il poliziotto ed il prete, è l'essere più universalmente disprezzato". Questa critica del modo di vita studentesco e della piccola borghesia intellettuale si articola in un'analisi dell'alienazione nella vita quotidiana. Personalità, come Daniel Guérin o come il dadaista Raoul Hausmann, sottolineano l'importanza di questo testo che si diffonde a livello internazionale. L'opuscolo propone una critica che ispira numerosi movimenti di contestazione che nel 1968 esplodono in tutto il mondo.
La risonanza che hanno i situazionisti si traduce nel loro intervento pratico nella lotta di classe, essi partecipano al movimento del maggio 68 ed organizzano l'occupazione della Sorbona. I situazionisti rifiutano il mero spontaneismo e partecipano attivamente al movimento del Comitato per mantenere le occupazioni, il quale mira al coordinamento dei luoghi di lotta e delle fabbriche in sciopero, ma il militantismo e l'attivismo vengono rifiutati, lontani da ogni spirito di sacrificio, si scrivono canzoni e cominciano ad essere diffuse false lettere e manifesti. Alla Sorbona, i situazionisti si scontrano con la crema del sinistrismo studentesco, ma prendono solo raramente la parola negli interminabili dibattiti senza prospettive. I maoisti ed i trotzkisti padroneggiano meglio i trucchi politici e sembrano più a loro agio nel gossip d'anfiteatro: "il miglior antidoto al militantismo, è stato il gioco", sottolinea Vaneigem.
Ma la gioia di vivere e la speranza di cambiamento crollano brutalmente. Un'analisi soggettiva del maggio 68, viene proposta nel libro "Arrabbiati e situazionisti nel movimento delle occupazioni", il partito comunista e la CGT hanno impedito la rivolta, il sindacato della CGT ha rinchiuso gli operai nelle fabbriche e li ha isolati da ogni influenza esterna, poi gli accordi di Grenelle, firmati dai sindacati e dal padronato, hanno messo fine al movimento, i leader dei gruppuscoli hanno utilizzato la rivolta per i loro interessi, ed ormai occupano dei posti di gestione dei media, pubblicità e politica. La critica della vita quotidiana è stata recuperata dal capitalismo, il potere gerarchico viene rimpiazzato dal management che impone ai salariati di essere creativi e di prendere delle iniziative per meglio sottometterli alle regole della competitività e delle prestazioni.
Resta tuttavia difficile seguire Gérard Berréby quando parla di un supposto collasso delle strutture patriarcali quali la famiglia o la coppia: i vincoli sociali ed il patriarcato perdurano e la presunta uguaglianza fra gli uomini e le donne sembra un'illusione. Rimane però pertinente la critica dell'ambiente "pro-situazionista": quando il movimento diventa alla moda, numerosi individui scimmiottano la postura situazionista per giocare un ruolo ed esercitare un potere. I situazionisti degenerano dopo il 1968, quando le espulsioni si moltiplicano. Dapprima, è l'esigenza teorica contro la confusione gauchiste, trozkista e maoista, a giustificare la pertinenza delle espulsioni, poi in seguito, le beghe personali e la rigidità teorica danno luogo all'espulsione ingiustificata. Soprattutto, sparisce la dimensione ludica ed umoristica. I situazionisti esercitano una considerevole influenza, ma la radicalità e la totalità del loro pensiero spesso appare tronca; per esempio, Paul Virilio prende in prestito dai situazionisti la sua teoria della velocità: "E' interessante notare come centinaia di libri si vadano a costituire a partire da un piccolo frammento del pensiero situazionista, e lo sviluppano prendendo in prestito l'aureola di un'idea o di una tesi originale. Non sempre questo avviene senza interesse, ma quello che crudelmente manca è la prospettiva globale", afferma Vaneigem.
Nonostante una riflessione che si pone contro tutte le forme di avanguardismo, nell'IS si può osservare una deriva elitaria: "La critica feroce del potere, del patriarcato, delle diverse forme di autorità, non ha impedito che si cadesse nella trappola che avevamo denunciato. Tra i discorsi ed il vissuto, la separazione è stata evidente", lamenta Vaneigem. Anche il machismo perdura, a tal proposito Gérard Berréby indica il manifesto "España en el corazón" dove vengono mostrate delle donne che vogliono che i minatori asturiani le facciano godere, un manifesto che vorrebbe attaccare l'ordine morale che regna nella Spagna franchista, solidarizzando con le lotte sociali, ma che presuppone che il godimento delle donne dipenda unicamente dagli uomini. Raoul Vaneigem torna sul testo che ha scritto sotto lo pseudonimo di Ratgeb, una scrittura caratterizzata da un certo trionfalismo, in cui gli sfruttati rifiutano il lavoro e la rivoluzione appare imminente. Un opuscolo, “Dallo sciopero selvaggio all’autogestione generalizzata”, in cui si fa appello alla guerriglia urbana, ma Vaneigem, anni dopo, criticherà la violenza, in particolare quella di estrema sinistra delle Brigate Rosse, e nei libri del vecchio situazionista, alle affermazioni perentorie, si sostituiranno il dubbio e gli interrogativi. Le analisi di Vaneigem rivelano qualche limite: sparita la lotta di classe, ci si accontenta di valorizzare le esperienze autogestionarie - senza interrogarsi sul loro contenuto politico - come quella neo-zapatista, o come quella che si vede nel film "Ne vivions plus comme des esclaves", esperienze che s'inscrivono nel medesimo approccio entusiasta per lo sviluppo di piccole imprese autogestite, esperienze del tutto dipendenti dalle logiche di mercato e da un'autogestione delle miseria e della scarsità, lontana anni luce dall'utopia situazionista.
Se, da una parte, questo libro-intervista mette in evidenza il legame con le lotte operaie, da parte dei situazionisti, che non erano affatto degli "artisti" disconnessi dal mondo sociale che si accontentavano di una mera apologia della creatività, e a tal proposito Vaneigem fornisce una testimonianza viva, piena di aneddoti, che permette di uscire da un situazionismo museificato; dall'altra parte, però, l'evoluzione del vecchio situazionista appare ancora più deplorevole: la sua apologia dell'autogestione si lega a quella di Henri Simon ed al suo gruppo "Informations et correspondances ouvrières" (ICO), che rivendica la formazione di consigli operai dentro le compagnie di assicurazione! La forma prende il sopravvento sul contenuto politico, e le parole d'ordine sulla creatività e la critica della vita quotidiana, lasciano il posto ad una mera autogestione della tristezza del mercato.
Nessun commento:
Posta un commento