domenica 18 maggio 2014

Patate fritte

parole

"«Prediamocela calma», lo disse Malcom X ai suoi assassini. Gli spararono sedici volte. Forse se l'erano presa calma, pensava Kugel. Forse avevano pensato di sparargli venti colpi. In situazioni del genere, alla vittima conviene specificare." (Shalom Auslander - Prove per un incendio - Guanda)
Il protagonista del romanzo di Auslander, Solomon Kugel, è ossessionato dalla ricerca delle ultime parole perfette da pronunciare prima di morire, e per questo accumula note su note nel proprio taccuino. A tale scopo, ripassa mentalmente le "ultime parole" pronunciate da personaggi illustri e cerca di trarne delle conclusioni, deduce che l'essere umano, probabilmente, quando arriva il momento giusto per pronunciare le dovute parole, è troppo occupato a cercare di assimilare la ridicola causa della propria morte. Così, anche se non esistono statistiche in proposito, conclude che nella "top ten" delle ultime parole pronunciate qualche secondo prima di morire, in cima alla classifica si trovano parecchi «Aaaaaaaaah» ed alcuni «Oh», insieme a qualche stronzata da "macho", del tipo "Non avete i coglioni!"; esistono però una serie di personaggi che hanno avuto la decenza di dimostrare come, in alcune occasioni, ci sia stato un epilogo che è riuscito a consegnarci un testo da incorniciare.
Come quelle di John Segwick, generale statunitense dell'esercito dell'Unione, morto durante la guerra civile americana. Uno dei pochi personaggi illustri che decise di morire affidando il suo ricordo ad una gag comica: era il mese di maggio del 1864, e la battaglia di Spotsylvania era appena cominciata. Il generale andava avanti e indietro con noncuranza, mentre il resto dei suoi uomini, spaventati per il fuoco nemico che proveniva da circa un chilometro di distanza, si muoveva strisciando per terra. La leggenda narra che fece in tempo ad esprimere rammarico per il comportamento dei suoi uomini. «Non riuscirebbero a colpire un elefante, a questa distanza», fece in tempo a dire, prima che una pallottola gli attraversasse il cranio. Non c'è battuta finale che possa essere migliore della battuta ... definitiva! Bob Hope fece in tempo a dire «Stupiscimi», alla moglie che gli chiedeva dove voleva essere sepolto, prima di spirare; Chico, dei fratelli Marx, chiese a sua figlia di mettere nella bara «Un mazzo di carte, una mazza da golf e una bella bionda»; Nancy Astor era circondata dai suoi familiari, e chiese loro «Sto morendo o è il mio compleanno?»; Ian Fleming chiese scusa per il disturbo agli autisti dell'ambulanza, «Non so come riusciate ad andare così velocemente, con tutto il traffico che c'è sulle strade in questi giorni»; Humprey Bogart concluse che «Non avrei mai dovuto passare dallo scotch whisky al Martini». Poi ci sono quelli che optano per la comicità tragica, come  Eugene O’Neill che, infuriato per la sua esistenza, si lamentava: «Lo sapevo, lo sapevo! nato in una stanza d'albergo e morto in una stanza d'albergo».
In certi casi, poi c'è la situazione religiosa, che aiuta parecchio nel portare avanti un certo gioco. Wilson Mizner si rivolse al prete dicendogli «Fammi parlare col tuo capo», e Joan Crawford, straordinaria, che si rivolse ad una sua segretaria, la quale aveva cominciato a pregare, urlandole di farla finita: «Che tu sia maledetta! Non ti azzardare a chiedere a Dio di aiutarmi!».
Poi ci sono quelli che, avendo deciso di non dire niente, riescono a fare esattamente l'opposto, come Karl Marx che reagì all'insistenza di chi voleva estirpargli un qualche genere di epitaffio con un «Fuori di qui! Le ultime parole sono per gli imbecilli che non hanno detto a sufficienza»; e lo scrittore Edward Abbey consegnò un «No comment» a quello sfortunato che aveva deciso di inciderle sulla sua tomba, le ultime parole.
«Un giubbotto antiproiettile», furono invece le ultime parole pronunciate da James W. Rodgers. Potrebbero sembrare curiose, se non si sapesse che erano la risposta ad una domanda. Rodgers era stato condannato a morte, per il reato di omicidio, mediante fucilazione. La domanda era quella che gli chiedeva di esprimere un ultimo desiderio. Anche James French - un altro detenuto condannato a morte - non mancava di un suo senso dell'umorismo. Era stanco di aspettare l'esecuzione, perciò, per accelerarla, fece fuori il suo compagno di cella. Poi, quando finalmente poté mettersi seduto sulla sedia elettrica, si rivolse ai giornalisti venuti ad assistere all'esecuzione, proponendo loro un gioco di parole: «Ehi, ragazzi! Che ne dite di questo titolo per il giornale di domani? “French Fries!”»(N.d.T.: letteralmente, "Patate Fritte").

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