Le pause che punteggiano, scandiscono e articolano il dialogo, non sono tutte della stessa specie. Alcune bloccano il dialogo.
Kafka si è domandato, quando otto persone siedono nell'orizzonte di una conversazione, in quale momento e quante volte sia opportuno e lecito prendere la parola, se non si vuole passare per taciturni.
Però, certi silenzi, sia pure carichi di disapprovazione, vanno a costituire la parte motrice del discorso. Senza questi silenzi non si parlerebbe affatto, salvo poi domandarsi, in seguito, se non ci si sia ingannati circa l'atteggiamento dell'interlocutore e se non sia stato poi l'altro, a farci parlare. E anche quando il silenzio, il mutismo, è un rifiuto, esso continua a far parte del discorso, lo assoggetta alle sue sfumature e contribuisce alla speranza di un accordo finale, oppure alla perdita di ogni speranza. Assume le caratteristiche di una parola differita, oppure può significare una differenza mantenuta con ostinazione.
Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
martedì 5 aprile 2011
Per parlare (rileggendo Blanchot)
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