Nascosto dietro occhiali da sole firmati, l'auto-proclamatosi padre della rivoluzione sembra scrutare un orizzonte invisibile anche quando è seduto in un ristorante sulla spiaggia, circondato dalle sue guardie del corpo. Nessuno sa realmente cosa stia pensando o quale sarà la sua prossima mossa. Nel suo sguardo liquido soffia il vento del deserto, le sue palpebre gonfie si sono socchiuse troppe volte sui tanti orrori fatti in suo nome. Eppure lui rimane impassibile. Fa tutto parte del suo atteggiamento di sedicente ribelle. Dritto in piedi, di fronte al nemico che si avvicina. Il giornalista della CNN, Christiane Amanpour, arriva - in costume militare - con un elenco di domande che sembrano invocazioni. Il giornalista, come un uccello del paradiso che si libra, alto al di sopra del rinoceronte che affonda nelle sabbie mobili. Chiede: «Il presidente degli Stati Uniti, il leader della Gran Bretagna e gli altri governanti le chiedono di dimettersi, di lasciare la sua posizione di potere, che farà?" L'altro ridacchia divertito, come pervaso da uno stupore ubriaco: 'Chi lascerebbe il proprio paese? Perché dovrei lasciare la mia patria? Perché dovrei lasciare la Libia? '
I video YouTube del colonnello Muammar Gheddafi, provenienti da media diversi del mondo occidentale, riportano alla mente la conversazione di Al Pacino/Scarface nel film di Brian De Palma. La scena barocca in cui Al Pacino si alza in piedi a guardare tutti i "pezzi grossi". E' il suo ultimo passo, è vicino all'uscita, circondato dai sicari, pronti a fargli ballare l'ultima danza sotto i riflettori dell'immortalità. Si muove come un clown, la cocaina gli si mescola al sudore, si rianima mentre si rende conto confusamente di poter fare un punteggio da record. La stanza che lascia dietro di sé è piena di rumore. Pezzi grossi in frac ce l'hanno con lui. Tutto quello che può fare è abbaiargli contro. Ben presto sarà messo fuori. Ben presto l'esercito della notte gli muoverà contro. Ben presto verrà crivellato di proiettili, in piedi, alle spalle l'insegna al neon che lampeggia le parole: 'Il mondo è tuo'.
Ma per il momento egli è ancora Tony Montana, il cubano che è saltato oltre il recinto del circolo vizioso della povertà, lasciando una vita da sguattero immigrato, ed ha scalato la catena alimentare fino a quel castello risplendente sulla lontana collina del successo mondano. Ed ora è livido, con il suo lezzo. Il cuore della scena sta nella sua disillusione del sogno americano e di tutto il carrozzone di vincitori e vinti. Bloccato nella solitudine di un potere eccessivo - la piscina dorata, il telecomando in una mano, il sigaro cubano nell'altra, la testa gli gira, annebbiata di ricordi omicidi, il veleno e il vetriolo per la rottura inevitabile, il crescente impero di affari sporchi che gli frana sotto i suoi piedi, e la tigre affamata nel suo giardino di rose - tutto riconduce ad un posto solo, un foro di proiettile per un'uscita verso l'eternità. Il suo discorso nel ristorante è il ruggito atavico di un animale in gabbia che non può utilizzare la sua energia demoniaca per sottrarsi alle ombre che lo terrorizzano. Così, invece, sputa insulti. La genialità della performance di Al Pacino sta nel far sì che ogni suo sguardo ci ricordi il buco nero incombente che si avvicina inevitabilmente. Il mondo infido della gente comune che cerca di risucchiarlo nel vuoto oscuro del disprezzo.
'Ma che stai guardando?' - ringhia contro di loro - 'Siete tutti un mucchio di fottuti stronzi. Sapete perché? Non avete il coraggio di essere ciò che volete essere. Avete bisogno di gente come me. Avete bisogno di gente come me, così potete puntare il vostro dito del cazzo e dire: "Questo è il cattivo."'
Sì, Gheddafi è cattivo. E' difficile non provare disgusto per le sue pose pompose. Ha rubato alla sua gente tutto quello che poteva rubare. Ha lasciato orde di disoccupati a guardare come il suo ego si trasformava nel loro incubo peggiore. Circondato da coorti stravaganti di guardie del corpo femminili e mercenari serbi che hanno imparato il loro mestiere macellando musulmani bosniaci nei campi di sterminio, si batterà fino ala fine. Non ha scrupoli, solo una folle visione poetica del suo proprio ego. Lui è più che cattivo. E' marcio fino al midollo, un sosia perfetto della magnifica interpretazione di Scarface resa da Al Pacino.
E, proprio come Tony Montana non ha paura di morire in azione. Avrebbe attaccato il cielo, se offeso, con il suo fidato Kalashnikov in mano. Questo significherebbe solo più fama e gloria postuma. Eppure, nel suo stupore febbrile e nel suo bizzarro delirio, conosce la sua sorte. Dopo le violenze in Iraq, lo Zio Sam non può più intervenire nel mondo arabo senza essere visto come un brutale invasore coloniale. Il sogno americano di dominio globale sta lentamente scolorendo, affonda stancamente nelle sabbie oleose dei deserti, intrise di sangue. L'Europa, sta dall'altra parte del Mediterraneo, come una puttana sdentata che si aspetta la prossima fregatura. Cina e Russia non si dispiacciono più di tanto per una sanguinosa tirannia. Fintanto che la benzina continua a pompare il colonnello pazzo avrà buone probabilità per un altro rinnovo, un ritorno al tramonto lungo le strade bruciate e autostrade di cadaveri. Quindi, fategli posto, lasciatelo passare. Sì, lui è il cattivo, che ti guarda dritto negli occhi.
"Voi non siete buoni. Sapete solo come fare a nasconderlo -
sapete come mentire. Io non ho questo problema.
Io, dico sempre la verità - anche quando mento.
Perciò date la buonanotte al cattivo ... Dai ...
E 'l'ultima volta che vedrete un cattivo come me.
Lasciatemelo dire.
Andiamo, fate posto al cattivo. C'è un cattivo che arriva.
Meglio non stare sulla sua strada!"
- liberamente tratto da filmint.nu -
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