"La disintegrazione della prassi, e la falsa coscienza anti-dialettica che l’accompagna, ecco ciò che viene imposto ad ogni ora della vita quotidiana sottomessa allo spettacolo; e che bisogna comprendere come un’organizzazione sistematica della «mancanza della facoltà d’incontro», e come la sua sostituzione con un fatto allucinatorio sociale: la falsa coscienza dell’in-contro, l’«illusione dell’incontro». In una società in cui nessuno può più essere riconosciuto dagli altri, ogni individuo diventa incapace di riconoscere la propria realtà. L’ideologia si trova presso di sé; la separazione ha edificato il suo mondo." (Guy Debord)
Giova ripeterlo, l'utilizzo di Facebook implica un certo narcisismo. Se si dà retta alla psicoanalisi, "Narciso non è solamente la parola che si ripete, ma è anche la parola che si articola al solo scopo di essere commentata, di mettersi in scena, in una sorta di godimento di sé stessa". La definizione, che vale per il narcisismo in generale, si può applicare a Facebook in particolare. Facebook funziona come uno specchio, dove la scoperta dei profili altrui, dei gruppi, delle pagine, persegue il fine ultimo della contemplazione di sé e la creazione di un profilo sempre più perfetto.
Il ripiegamento nella sfera privata e l'illusione che si possano ricreare dei collegamenti a partire dallo schermo del computer diventa, allora, possibile, accompagnato alla perdita di una continuità storica che induce l'individuo a vivere il momento come se la sua vita si svolgesse in un presente perpetuo. I sensi sono come anestetizzati e la ricerca di emozioni forti diventa sempre più importante. Si può capire da tutto questo come l'individuo sia ormai isolato dalla realtà, a causa della rappresentazione.
"Ora, dal momento che il mondo viene da lui, l'uomo non ha più bisogno di andare verso il mondo; quel viaggio e quell'esperienza sono diventati superflui; così, dal momento che il superfluo finisce sempre per scomparire, sono diventati impossibili"
- Gunther Anders: L'obsolescenza dell'uomo -
Questo significa non solo che la scoperta del sensibile e del reale non può più essere fatta, se non attraverso l'illusione della rappresentazione e dello spettacolo, ma anche che, scombussolato da questa perdita e immerso in un mondo che gli è diventato totalmente estraneo, l'individuo perde la sua individuazione e tenta di neutralizzare il mondo.
Il narcisismo collettivo domanda per sé, e questo è paradossale solo in apparenza, il posto del singolo. Questo aspetto diventa ancora più evidente quando, su Facebook, un profilo non si presenta come un'unità, ma come una successione di frammenti attraverso i "gruppi" a cui appartiene l'utente, facilitando in questo modo le amicizie, parcellizzate da qualche gusto comune.
Naturalmente, l'utente di Facebook non scambia il social network per la realtà, tuttavia l'utilizzo di questa tecnologia fa sì che egli non sia più direttamente al mondo. Egli "riceve" il mondo calibrato sulla soddisfazione di alcuni suoi bisogni e, così facendo, il mondo diventa un fantasma del mondo; intanto il mondo reale è diventato una stranezza, ancora più strana
La prima cosa che si nota su Facebook, è il modo che ciascuno di noi ha di presentarsi, di rendersi visibile. Inizia dalla dichiarazione del suo umore quotidiano, espresso in una frase. Ma, come segno di una reificazione avvenuta, ogni profilo si riferisce a sé stesso in terza persona. Come dire, andiamo a presentarci come merce da valorizzare, sul mercato.
Questo mercato è molto vasto, e siamo passati molto velocemente dal mercato dell'amicizia fittizia, a quello degli amori passeggeri, per arrivare al semplice mercato del lavoro. Infatti, la nostra epoca è riuscita a produrre il nuovo lavoro di creatore di profili su Internet. Questo nuovo esperto vi offre i suoi servizi per promuovere il vostro brand sul web, rimuovendo, ove possibile, fotografie e messaggi che degradano la vostra personalità per ricreare un nuovo avatar di voi stessi, in modo da poter presentare un'immagine vendibile al vostro futuro datore di lavoro o al cacciatore di teste che fa i suoi acquisti in capitale umano su Internet.
Tutti hanno imparato a vendere se stessi attraverso la distinzione culturale.
Ma non è tutto. Uno dei codici impliciti è quello di saper usare perfettamente la dissonanza culturale. Infatti, dopo aver citato il meglio del buon gusto, si consiglia di confessare il proprio debole per un cantante che tutti riconoscono come l'apice della mediocrità. Tutto sta nel saper definire il dosaggio.
Ancora una volta, è sotto il pretesto della libertà personale che l'auto-presentazione viene offerta all'occhio, mentre invece obbedisce ad una serie di codici. I gusti personali non sono altro che una media di gusti in cui prevale il gusto dominante.
Nel 1968, Warhol profetizzò che "in futuro, ciascuno avrebbe avuto diritto a quindici minuti di fama mondiale." Se la realtà della sua affermazione è discutibile, bisogna constatare che il desiderio del quarto d'ora di fama è ben reale. I blog personali che proliferano su Internet, forniscono una presentazione di sé prefabbricata, e la crescita esponenziale dei social network sono una conferma. In tal senso, si può parlare del completamento di una logica che ha cominciato a prendere piede a partire dai primi anni del secolo scorso.
Un cambiamento in questa situazione non passerà attraverso l'educazione a Internet, così come sostengono i ministri, o da una politica di maggior riservatezza dei dati, ma da un cambiamento consapevole delle condizioni dell'esistenza, cosa che non può avvenire senza che, allo stesso tempo, il mondo attuale venga distrutto.
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