lunedì 11 aprile 2011

L’odio

PaulPreston


Cadice. Luglio 1936. Sono trascorse solo poche ore da quando una parte dell'esercito si è ribellato contro la repubblica. Un gruppo di guardie civili falangiste attraversano la città e fermano  60 persone, fra liberali e di sinistra. Non ci sono accuse, nessun processo, nessuna difesa. Vengono tutti torturati e poi fucilati. Agli assassinati vengono mozzate le orecchie - non sappiamo se prima o dopo la loro morte - e mostrate pubblicamente come trofei. Settimane più tardi, a Barbastro (Huesca), gruppi di incontrollati mettono il clero nel mirino. L'accusa è generica, ed è quella di essere a favore dei ribelli, però né il vescovo né i 105 sacerdoti che vengono uccisi nella piccola diocesi vengono processati, non viene loro riconosciuto alcun diritto.
Questi sono solo due esempi delle atrocità commesse durante la guerra civile, lontano dal fronte. Paul Preston, uno degli storici e ricercatori che ha più esplorato la storia recente della Spagna, scrive un libro che aiuta a capire un secolo ricco di sangue e di vergogna. 'L'Olocausto spagnolo. Odio e sterminio nella guerra civile e dopo '(Ed. Debate).
Quante persone sono state uccise tra il luglio del 1936 e l'aprile del 1939 al di fuori del campo di battaglia? Preston ha stimato circa 200.000. Ogni quattro morti, uno per mano dei repubblicani e tre per quella dei ribelli. E' la prima conclusione importante del libro: ci furono crimini da entrambe le parti, sì, però furono quantitativamente e qualitativamente diversi, in quanto, mentre la fazione ribelle agiva in modo organizzato e sistematico, cercando di annientare tutti coloro che avevano difeso la Repubblica, o, addirittura, si erano mostrati tiepidi verso l'alzamiento, nel bando repubblicano sono stati dei gruppi isolati a rendersi responsabili delle violenze, nella maggior parte dei casi. Preston documenta anche gli sforzi, seri ma spesso inutili, compiuti delle autorità repubblicane per fermare le uccisioni.
Gli anni precedenti alla rivolta militare erano stati il tempo della semina: avevano piantato la sfiducia, la vendetta, l'odio, contro chi la pensava diversamente. Gli scontri tra contadini e proprietari terrieri, le chiese incendiate, gli scioperi rivoluzionari, le continue minacce da parte dell'esercito, il boicottaggio della Repubblica e delle sue leggi, avevano creato in molte zone un clima semibellico. Preston spiega anche come l'esperienza militare in Marocco aveva "indurito" tanto gli ufficiali quanto i soldati che avevano dimenticato il significato della parola "umanità".
Le atrocità iniziano da subito, allo scattare della rivolta. Nella notte fra il 17 e il 18 aprile, in Marocco, i ribelli passano per le armi 228 persone: tutti quelli che si opponevano al colpo di stato. Nei giorni successivi, l'Andalusia Occidentale si trasforma in un inferno. Viene decretata la fucilazione immediata di tutti coloro che si opponevano alla rivolta. Falangisti e militari, comandati da Queipo de Llano, applicano l'ordine alla lettera: molti anziani muoiono perché hanno dei figli repubblicani, centinaia di adolescenti e giovani pagano con la vita per avere un padre di sinistra che è fuggito, molti bambini vengono condannati a morire di fame a causa dell'ideologia dei loro genitori.
Nel quartiere Triana, a Siviglia, in rappresaglia per la morte di due falangisti, nel mese di agosto 1936, vengono arrestati ed uccisi 70 abitanti in quanto avevano commesso il 'reato' di essere passati per strada nel momento in cui i soldati ribelli erano in cerca di vendetta. Il giorno dopo, tra coloro che aspettavano di essere fucilati, contro un muro, c'era una donna anche stava per partorire. Il plotone aspettò che il bambino vedesse la luce, poi spararono alla madre e quindi uccisero la creatura a colpi di calcio di fucile.
In molti luoghi, i militari ribelli proibirono alle famiglie il lutto per i morti. Si trattava di negare il diritto al dolore. Sulla strada da Malaga ad Almeria, la marina e l'aviazione ribelle mitragliarono senza pietà i civili in fuga. Fuggivano dalla repressione messa in atto a Malaga, dove Queipo de Llano aveva riempito le carceri fino a scoppiare ed aveva organizzato processi sommari in serie. Uno dei giudici più propensi a firmare condanne a morte fu Carlos Arias Navarro.
La repressione imposta dalle autorità ribelli fu durissima anche in località che si erano schierate con i falangisti fin dal primo momento. Posti come Valladolid - dove la gente veniva arrestata solo perché correva voce che ascoltasse le trasmissioni radio di Madrid - Salamanca e Zamora. In quest'ultima città, venne arrestato e incarcerato Amparo Barayón, moglie dello scrittore Ramón J. Sender e madre di una bambina di sette mesi, che andò in prigione con lei. Tre mesi dopo, nel novembre del 1936, venne giustiziata. Non era impegnata in politica, ma era solo colpevole di essere sposata civilmente con uno scrittore repubblicano e di aver criticato pesantemente l'ambiente reazionario della sua città. Preston racconta che l'unica ragione per molte denunce - che a seconda di chi giudicava si risolvevano in una sentenza di morte - era l'avidità per i beni o per le mogli.
Qualcosa di simile accadde a Leopoldo Alas, figlio di 'Clarín', che era stato rettore dell'Università di Oviedo. Molti nella capitale asturiana pensavano che, uccidendo il figlio, alcune famiglie di rango stavano saldando un debito al padre, per fargli pagare il ritratto che di loro aveva fatto su 'La Regenta'. In altri casi, come il bombardamento di Durango e Gernika, la brutale repressione in Santander o l'accanito furore messo in atto nel saccheggio di Badajoz da parte del generale Yagüe e dalle sue truppe - fucilazioni di massa nelle arene, stupri e rapine a man bassa - non facevano nemmeno distinzioni ideologiche. Anche se i crimini più brutali erano riservati a casi particolari, ad esempio una miliziana catturata nei pressi di Santa Olalla (Toledo), che era stata chiusa a chiave in una stanza con 50 soldati mori.
E sul lato repubblicano? Il verificarsi di brutalità di massa durò solo pochi mesi, poi il governo riuscì in qualche modo a controllare i gruppi che avevano deciso di vendicarsi di mano propria. Si riportano diverso episodi di sangue. Le due città che registrarono la più alta pressione da parte di gruppi estremisti nei confronti di fascisti e preti furono Madrid e Barcellona. Nella capitale, la più grande atrocità, secondo Preston, avvenne a Paracuellos, uno degli episodi più enigmatici della guerra. L'ordine di uccidere i prigionieri di un convoglio militare diretto a Madrid venne dato da Carrillo, come dicono alcuni accusatori?  Preston impiega più di venti pagine per concludere che il futuro segretario generale del PCE non dette quell'ordine, ma non è nemmeno esente da ogni responsabilità, quantomeno per omissione.
A parte questo episodio è ben documentato che circa 8.000 persone vennero uccise, vittime della violenza politica nella capitale, nella seconda metà del 1936. In una sola notte, dopo la pubblicazione di un articolo, firmato dalla Pasionaria, che metteva in guardia contro la 'quinta colonna', 200 persone vennero passate per le armi. Ad Alicante, anche la CNT denunciò coloro che approfittavano della guerra per risolvere delle vendette personali. A Cartagena, 200 prigionieri militari furono gettati in mare e così condannati ad una morte certa.
In Euskadi e Catalogna, le autorità cercarono con ogni mezzo di fermare la violenza e in parte vi riuscirono. Il governo cercò di impedire l'incendio delle chiese, ma c'erano talmente tante persone armate per le strade che era impossibile controllarle tutte. Per impedire ulteriori uccisioni, riuscì a fornire passaporti a più di 10.000 cittadini, che poterono così evitare la morte, lasciando la città a bordo di navi battenti bandiera straniera. Monaci e sacerdoti formarono uno dei gruppi più numerosi fra le vittime, dal momento che centinaia di miliziani pattugliarono le strade per settimane alla ricerca di chi era vestito di un abito talare o di una tonaca. Col passare dei mesi, le vittime non furono più solo le persone di ideologia conservatrice, i comunisti si rivolsero contro gli anti-stalinisti e gli anarchici. Dietro molti di questi omicidi, stava un personaggio sinistro venuto dalla Russia e conosciuto col nome di Alexander Orlov. Non si preoccupò mai per la minaccia dei ribelli: era molto più interessato ad eliminare i critici del comunismo ortodosso.
In questo scenario, ci furono eroi, persone che rischiarono la vita per fermare quest'orgia di sangue. Manuel de Irujo, nazionalista basco e ministro del governo repubblicano, sconvolto da tanta crudeltà, cercò più volte di fermare le violenze. "Si perde di più a causa di un crimine che per una sconfitta", disse.

"Spero che il libro riesca a mostrare l'entità della sofferenza scatenata sui propri concittadini dall'arroganza e dalla brutalità degli ufficiali che si sollevarono il 17 luglio 1936. Essi provocarono la guerra, una guerra che non era necessaria, e le cui conseguenze si ripercuotono ancora oggi in Spagna." (Paul Preston)

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