venerdì 31 dicembre 2010

brindisi di fine anno

battisti-cesare

"Sarà di nuovo a Parigi. Gli avevano detto che mettersi a ballare la notte sotto la torre Eiffel l'avrebbe proiettato nello spazio. Ma non era tornato per questo, benché la voglia di sparire fosse tanta. Torna solo perché non c'è altro posto al mondo disposto a riconoscergli il diritto all'esistenza."

- Cesare Battisti - da "Il Cargo Sentimentale"

giovedì 30 dicembre 2010

vocabolari

schiavi in mano

“Nella loro mediocrità spirituale e morale essi non sono in grado di cogliere sé stessi e il momento della loro azione come momento della totalità del processo: la ‘sconfitta’ come via necessaria verso la vittoria” - Gyorgy Lukacs – da “Storia e Coscienza di Classe” -

Ci sono parole che solo parole non sono, sono termometri, cartine al tornasole. Indicano la predisposizione di chi le adopera, e accomuna, in qualche modo, coloro che ne fanno uso, a volte scialo, persino.
Sconfittismo, è la parola. O meglio, la categorizzazione! Per esempio, leggo che ne ha appena fatto uso Fassino, a proposito della fiom e della vertenza con la fiat. Praticamente, sembra che per non avere un atteggiamento votato alla sconfitta ... bisogna unirsi a coloro che si ritiene di non riuscire a battere, detto in soldoni! Per inciso, ammetto che non mi riesce ancora di capire se l'appello forcaiolo che lo stesso Fassino ha rivolto, a nome del pd, al presidente uscente Lula, lo renda un vittorista o un pareggista, o se, più realisticamente, lo precipiti nel ridicolo insieme ai La Russa che minacciano boicottaggi ed embarghi ... di pietra pomice e di acqua minerale. Ma tant'è! Oramai il termine, la categorizzazione, ha preso piede. In alcuni ambiti, è diventato l'insulto peggiore, e lo sconfittista quasi (?) un nemico, da fermare con ogni mezzo, dal momento che si ostina a perseguire atteggiamenti ... sconfittisti, per l'appunto. Va bene anche un bel colpo dato, con un casco da motociclista, sul muso.
Viene quasi da pensare che certi termini, come lo sconfittismo e gli sconfittisti, siano solo un tentativo di dare una nuova aggettivazione a quello che, una volta, veniva chiamato diversamente, ma con identico livore.

mercoledì 29 dicembre 2010

eppure …

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Poeti. Ce ne sono stati, di poeti, che hanno partecipato alla guerra civile spagnola. Spagnoli e non. Inglesi, poeti riconosciuti, del calibro di Auden e di Spender. Ma non c'è niente di memorabile, fra le poesie. Solo una, fa eccezione. E, per ironia, non l'ha scritta un poeta. George Orwell non era certamente quello che viene comunemente definito un poeta. Del resto, quella di cui parlo, sembra sia proprio l'unica poesia - Spagna o non Spagna - che abbia mai scritto. Credo dovesse farlo. E infatti la scrive un paio d'anni dopo che la guerra era oramai persa. Ne aveva già accennato, brevemente, all'inizio di "Omaggio alla Catalogna", all'uomo, italiano, che aveva incontrato al corpo di guardia, al suo arrivo, mentre stava per arruolarsi in un sogno. Di quell'uomo non seppe mai il nome e - aggiungerà nelle sue memorie - "con gli strani tempi che correvano, era facile che uno così, se non lo avesse ammazzato la gestapo, lo avrebbe sicuramente fatto fuori la ghepeù!" Ma forse no, forse era il fior fiore della classe operaia  europea, perseguitata da tutte le polizie. Forse è ancora vivo!

The Italian soldier shook my hand
Beside the guard-room table;
The strong hand and the subtle hand
Whose palms are only able

To meet within the sound of guns,
But oh! what peace I knew then
In gazing on his battered face
Purer than any woman's!

For the flyblown words that make me spew
Still in his ears were holy,
And he was born knowing what I had learned
Out of books and slowly.

The treacherous guns had told their tale
And we both had bought it,
But my gold brick was made of gold--
Oh! who ever would have thought it?

Good luck go with you, Italian soldier!
But luck is not for the brave;
What would the world give back to you?
Always less than you gave.

Between the shadow and the ghost,
Between the white and the red,
Between the bullet and the lie,
Where would you hide your head?

For where is Manuel Gonzalez,
And where is Pedro Aguilar,
And where is Ramon Fenellosa?
The earthworms know where they are.

Your name and your deeds were forgotten
Before your bones were dry,
And the lie that slew you is buried
Under a deeper lie;

But the thing that I saw in your face
No power can disinherit:
No bomb that ever burst
Shatters the crystal spirit.

martedì 28 dicembre 2010

la paura di ridere

miedo

C'era una volta un paese dove l'insalata russa si chiamava "insalata imperiale", dove le montagne russe si chiamavano "montagne svizzere", i deputati si chiamavano procuratori, il primo maggio si celebrava la festa di San Giuseppe Artesano e i giornali avevano aggiunto "spagnolo", alla testata, affinché nessuno mettesse in dubbio la loro adesione al regime.
"Quando ridevamo per la paura", è il libro appena uscito in Spagna, in cui lo storico Gabriel Cardona recupera la memoria del "lato umoristico" dei 40 anni grigi e feroci della dittatura franchista, attraverso eventi, programmi satirici e film comici di quel periodo. E così ci offre un quadro da cui emerge sia la mancanza di senso dell'umorismo del regime che la voglia di ridere di un popolo che soffre la miseria economica del dopo-guerra e la miseria morale della classe che lo governa.
"Il Caudillo è uno di quei doni che la Provvidenza fa, ogni tre o quattro secoli, ad un popolo, per ricompensarlo dei sacrifici che esso ha fatto per Dio", una frase detta da qualcuno che non aveva alcuna voglia di ridere. Pronunciata, con la solennità del caso, da un primo ministro, Luis Carrero Blanco, che ascese al cielo nel 1973.
Cardona, nel suo libro, racconta la necessità da parte della gente di condannare la stupidità e la brutalità dei tempi del franchismo, insieme alla voglia di evadere dalle difficoltà e dalle angosce. Ma anche di far politica per mezzo dell'umorismo. I messaggi sovversivi, veicolati dalle barzellette , e alla fine delle risate si avvertiva di non raccontarle fuori di casa!
Francisco Franco aveva cercato di trasformare la Spagna in un posto metà caserma e metà sagrestia. Non si può comprendere quel periodo senza ricordare la complicità attiva della chiesa, quel fondamentalismo che porta il gesuita Angelo Ayala a tuonare, senza nessun umorismo: "Il cinema è la più grande calamità che ha colpito il mondo, dai tempi di Adamo. Più grande del diluvio universale, più grande della guerra mondiale e della bomba atomica.".
Cardona, per far meglio comprendere, infarcisce il libro di pubblicità del tempo, di barzellette, di canzoni e dialoghi rubati da riunioni e feste, estratti da giornali, riviste e trasmissioni radiofoniche. E' allegato anche un DVD di 44 minuti di frammenti di pellicole, notiziari e programmi televisivi.

lunedì 27 dicembre 2010

definizione

marxism

La politica è l'arte di cercare problemi, trovarli dovunque, diagnosticarli in modo non corretto ed applicare ad essi i rimedi sbagliati.

- Groucho Marx -

giovedì 23 dicembre 2010

rabbia antica

Euno

La statua, della foto, rappresenta Euno, e si trova ad Enna.
Era il 132, avanti Cristo, e la guerra, per gli schiavi che si erano rivoltati in Sicilia, era oramai persa. Chiusi nella morsa dell'assedio di Enna, Euno, lo schiavo siriano che li comandava, fece rappresentare azioni sceniche con cui gli schiavi rappresentavano la ribellione contro i padroni, rinfacciando loro l'arroganza e la violenza che, alla fine, li aveva portati alla rovina. Questa forma singolare, forse unica, nel mondo antico, di "teatro rivoluzionario" aveva un valore assai speciale. E di "pedagogia", imposta ai padroni-spettatori, e, soprattutto, di una sorta di "memento", quando la certezza della sconfitta imminente avrebbe potuto indurli ad un cedimento. Euno, così, riattizzava, mediante lo strumento efficacissimo del teatro, quell'odio di classe che Posidonio, nel raccontare tutta la vicenda, additerà come sintomo della "malattia rivoluzionaria". L'odio degli oppressi che legittima la violenza, viene messo in scena, forse per la prima volta, più di duemila e cento anni fa.

mercoledì 22 dicembre 2010

una brutta storia

landandfreedom

Servizi d'ordine. Si chiamavano così, una volta. E forse bisognerebbe scriverla, una storia dei servizi d'ordine. Ma anche raccontarle, le storie dei servizi d'ordine. Magari, ciascuno la propria; il proprio "affaire" coi servizi d'ordine.
"Il servizio d'ordine aveva il compito di far rispettare ai cortei i limiti di percorso imposti dalla Questura o dalla Prefettura e di sorvegliare lo svolgersi delle manifestazioni, bloccando sul nascere eventuali azioni violente di qualche esagitato o difendendo i partecipanti ai cortei da aggressioni esterne", così c'è scritto su wikipedia, a proposito del servizio d'ordine del movimento studentesco della "statale" di Milano. E così, ai tempi, venne scritto, a colpi di spranga, sulla pelle, e sulle teste, dei tanti compagni che con le imposizioni non andavano troppo d'accordo. Cicatrici, da servizio d'ordine. E ciascuno aveva il proprio. Cordoni, li chiamavano, ed erano proprio una sorta di cordone sanitario. C'erano quelli con la fascia stretta al braccio, ognuno di loro condivideva con un altro un bastone, e tutti i bastoni avvolgevano i loro pezzi di corteo. Qualcuno, sempre ai tempi, ritenendo che anche gli "esagitati" meritavano qualcosa di più, pensò bene che, anziché simili strutture poliziesche, forse era meglio che il "servizio d'ordine" si muovesse senza fascette al braccio e pronto a non farsi sprangare dai solerti protettori dei cortei. Questo era il clima, più o meno. Stranamente, nessuno mise mai in discussione la denominazione. In qualche modo ce la tenemmo, ché forse era un modo per giocare, l'uno contro l'altro. Il servizio d'ordine della Galileo, che poi in pratica era il servizio d'ordine sindacale della cgil, ci aveva "spiegato" come stavano le cose, secondo loro. Non eravamo d'accordo, e rimanemmo della nostra idea. Così, poi ci provò il servizio d'ordine del pci: una delegazione ci venne a trovare alla mensa universitaria, in pompa magna, guidata nientedimeno che da quel "bambino" che poi sarebbe diventato guardia del corpo di Enrico Berlinguer; solo che quella volta gli andò male, cadde e si ruppe un braccio, “bambino”. Cose che capitano, si vince e si perde! Ricordo che alla fine (di lc), fu il servizio d'ordine di lotta continua, proprio durante un corteo, ad aprire un contenzioso in quanto disturbati da una richiesta di libertà per Renato Curcio. La gazzarra fu indecorosa, ma necessaria al fine della comprensione. Almeno, credo.
Per tutti questi motivi, pensavo ed ero convinto che oggi a nessuno sarebbe venuto in mente di rimettere in campo un vecchio arnese come quello del servizio d'ordine, poliziesco e repressivo, in grado di imporre una presunta strategia, a tutti, e "per il loro bene". E invece, la storia torna a ripetersi. Mentre dalle colonne del Corriere, un vecchio collega di Capanna, di Gino Strada e di Cofferati, propone agli studenti il modello "gruppo Stalin", dall'altra parte, i responsabili della scelta politica che ha portato al ferimento di un quindicenne che non si lasciava irreggimentare fanno di tutto ed il contrario di tutto. Quelli di “esc”, tumultuosamente, prima negano, poi provano a liquidare il "colpevole" (singolarmente difeso da Tommaso Mancini, avvocato di Toni Negri) dicendo che era solo un cane sciolto che si limitava a partecipare alle feste e ai cortei ( e cos'altro avrebbe dovuto fare??). Poi, vanno in delegazione al liceo frequentato dal ragazzo ferito per fornire giustificazioni, più che spiegazioni, politiche, alla dinamica dei fatti. Tragedia che scolora in farsa, e mette in scena l'assenza di qualsiasi senso del ridicolo.
Sì, è proprio una brutta faccenda, con l'aggravante di una pessima regia da parte di chi si gloria di essere esperto di tecniche mediali.
Vorrebbero riscrivere la storia - dicono - ma hanno ri-scritto solo una sporca vecchia brutta storia, di servizi d'ordine!

martedì 21 dicembre 2010

il cibo degli dei

eracle

"(...) Per esempio Ercole, il grande eroe, una figura mitica che fa da sfondo a gran parte del nostro senso di potere maschile, muscoloso, infaticabile, massacratore, vigoroso, aveva come classico appellativo 'il mangiatore di manzo'. Per contro, nei giardini di Adone, il giovane amante dalla pelle liscia e dalle carni morbide, coltiva la lattuga, e la lattuga era considerata sgradevole e negativa per la virilità, perché appassiva e in poco tempo si afflosciava. Quest'accoppiata di manzo e di lattuga offre uno sfondo mitico ad un cambiamento culturale che si sta verificando nei 'fast food': gli enormi hamburger stanno cedendo il posto al banco delle insalate. Questa accoppiata compare anche, comicamente rovesciata, nel contrasto fra Bracciodiferro, che per essere forte mangia spinaci, e l'imponente Poldo che vive di hamburger."

- James Hillman -

lunedì 20 dicembre 2010

La rossa primavera vs. l’italica bandiera

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"Abbiamo letto con attenzione la canzone dei partigiani che ci avete mandato. Il suo contenuto ci porta a fare considerazioni politiche. Eccole:
Abbiamo discusso a lungo la linea politica dei Partigiani e ci siamo trovati tutti d'accordo. Da tutti noi è stata apprezzata l'importanza della lotta del nostro Partito per mobilitare il popolo italiano nella lotta per cacciare il tedesco.
E 'all'unità di tutti gli italiani che vanno i nostri sforzi. Ne è prova l'iniziativa e la partecipazione al Governo dove, si spera, tutti i partiti rappresentati daranno prova della loro capacità per liberare il nostro paese dai banditi nazifascisti. La nostra lotta è l'espressione più genuina che noi vogliamo in nome della libertà e della democrazia lottare per battere i tedeschi. La vostra canzone dice invece che i partigiani marciano 'per conquistare la rossa primavera, dove sorge il sol dell'avvenir' e conclude dicendo che i partigiani torneranno a casa vittoriosi 'sventolando la rossa bandiera'.
Politicamente è un errore di sinistra fare di tale inno la canzone dei partigiani della vostra valle.
Indirettamente si favorisce la propaganda nemica che da anni va dicendo che il comunismo fregherà tutti se le nazioni democratiche vincono la guerra.
E' un errore politico perché il partito lo ha detto più volte che noi combattiamo la lotta per l'indipendenza a fianco di tutti. E' nocivo alla comprensione di cosa sono le brigate Garibaldi, dove noi vogliamo che ci sia posto per tutti i sinceri patrioti. Noi non vogliamo affatto impedire che i partigiani comunisti cantino gli inni rivoluzionari. Fare delle canzoni per tutti i partigiani vuol dire capire che cosa è la politica del Partito.
Non si è d'accordo con il Partito e poi si fa cose che possono nuocere e non aiutare. Non basta dire ' i combattenti preferiscono mettere il fazzoletto rosso alla coccarda tricolore '. Occorre rendersi conto che ciò è sinistrismo pericoloso; si deve saper convincere dell'errore chi crede di essere più 'rivoluzionario' con tali esteriorità. Noi lottiamo nelle file del Corpo di Liberazione Nazionale. Le formazioni garibaldine sono al servizio della Patria e quindi i nostri distintivi e le nostre canzoni sono e devono essere nazionali.
Vi mandiamo la vostra canzonetta corretta come deve essere cantata.
A coloro che non si rendono conto di che cosa è la nostra posizione politica parleremo a lungo personalmente presto.
F.to La Delegazione"

(emanato dal Comando Brigate d'assalto Garibaldi, Delegazione Piemontese, in data 24 aprile 1944)

venerdì 17 dicembre 2010

Urbanistica

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"L'architettura è l'espressione della vera anima della società, proprio come la fisionomia è l'espressione dell'anima individuale. Tuttavia, tale comparazione pertiene particolarmente alle fisionomie dei personaggi ufficiali (prelati, magistrati, ammiragli). Infatti è solo l'anima ideale della società, quella che ha il potere di comandare e di vietare, quella che si è espressa in composizioni architettoniche, propriamente parlando. Così i grandi monumenti sono stati eretti come dighe, opponendo la logica e la maestà dell'autorità contro tutti gli elementi di disturbo: è in forma di cattedrale o di palazzo che la Chiesa o lo Stato parlano alla folla e impongono il silenzio su di loro. E' infatti evidente che i monumenti ispirano prudenza sociale e spesso anche vera e propria paura.
La presa della Bastiglia simboleggia questo stato di cose: è difficile da spiegare se non facendo ricorso alla categoria dell'animosità del popolo contro i monumenti, che esprimono il dominio reale."

Georges Bataille

giovedì 16 dicembre 2010

Blake Edwards

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Addio, e grazie di tutto. Delle risate, e delle lacrime.

costruire …il futuro

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Li chiamavamo "Tiznaos", ed erano quei "veicoli modificati" per essere utilizzati in combattimento durante la guerra civile spagnola.
Autobus, trattori, camion, tutto quello che dava l'idea di poter esser trasformato in un veicolo corazzato. Bastava qualche lastra di metallo, a volte una torretta messa in cima, e il gioco era fatto.
Cominciarono a sbucare come funghi, fin da subito, e poi se ne costruirono una gran quantità. La diversità di tipo e di modello era enorme, ed ogni partito, sindacato ed organizzazione,ogni gruppo politico, ogni colonna, si costruiva i propri. Le sigle, ben distinte, disegnate sulle fiancate, sui musi, ché farsi un po' di propaganda, male non faceva! Vi si scrivevano sopra anche slogan politici.
Costruiti più col cuore, che con la testa, di aspetto imponente, incutevano timore, ma l'efficacia in battaglia si avvicinava allo zero. Peso, volume, poca mobilità e scarso armamento li rendevano vulnerabili. Troppo. La maggior parte di essi non passò il battesimo del fuoco; eppure, alcuni riuscirono a durare per tutti i tre anni della guerra.

fonte: http://historiasconhistoria.es

martedì 14 dicembre 2010

Brindisi alla salute dei rivoltosi

roma

E’ tornato il Novecento. Era ora!

è la stampa, baby!

canalejasportada

Era il 12 Novembre del 1912, e a Madrid Manuel Pardiñas uccideva, per strada, Don José Canalejas Mendez, presidente di Spagna. Il giorno dopo, il "Diario ABC", pubblicava in prima pagina la foto dove si poteva vedere il momento preciso in cui il presidente veniva abbattuto per mano dell'anarchico che di lì a poco dopo si sarebbe suicidato con la stessa arma usata per l'esecuzione. Certo, un bel colpo di fortuna - per il reporter - essere stato presente, e in condizioni di scattare la foto, in un'epoca in cui non era certamente comodo andare in giro con una macchina fotografica compresa di treppiede! Senonché, l'immagine ha una storia assai curiosa. Visto che di quei tempi, ottenere uno scoop di tale portata era praticamente impossibile, la foto venne creata ricorrendo a degli attori, al fine di ricostruire il fatto. E ci sarebbe anche da aggiungere che la storia non finì lì!
Venne girato perfino un breve film che ricostruì tutto l'attentato, in cui il ruolo dell'anarchico venne consegnato a Pepe Isbert, attore spagnolo di cinema che - a 26 anni - interpretò la sua prima parte.
Nel film in cui viene messo in scena prima l'omicidio e poi il funerale, si può vedere, nelle prime scene, che l'attore, dopo essersi sparato, si alza senza aspettare la fine dell'inquadratura. Era alle prime armi...

fonte: http://historiasconhistoria.es

lunedì 13 dicembre 2010

morti, e sepolti!

saltarelli

Il 12 dicembre - si sa - oramai è celebrazione, ed è costume, qua e là, celebrarlo, per l'appunto.
C'è una canzone, dal titolo e dal testo altisonante. Si intitola "Katanga", dal nome del servizio d'ordine del movimento studentesco della "statale" di Milano, delle cui capacità "militari fa - come dire - una celebrazione. Di autore sconosciuto, ne circolano diverse versioni (più o meno censurate dei versi ritenuti più truculenti) e qualcuna viene perfino attribuita a Pino Masi.
Il testo, facilmente rintracciabile sulla rete, confeziona una narrazione degli avvenimenti che definire fantasiosa costituisce un eufemismo. I fatti sono più o meno noti: il 12 dicembre del 1970, ad un anno dalla strage di Piazza Fontana, durante una manifestazione indetta dagli anarchici per la liberazione di Valpreda, un candelotto, sparato ad altezza d'uomo da pochi metri, colpisce Saverio Saltarelli e gli spacca il cuore. Saltarelli, aderente ad un'organizzazione bordighista, il Partito Comunista Internazionalista (Rivoluzione Comunista), cade a pochi passi dall'Università Statale. E' il 12 Dicembre 1970. Già, il 12 dicembre. E' già passato un anno da quando il Movimento Studentesco della Statale, celebrato in questa canzone, ha cominciato, insieme al Partito Comunista Italiano, a gettare fango sugli anarchici e ad organizzare manifestazioni in difesa della democrazia. E infatti, un anno dopo, quel 12 dicembre 1970, la polizia vieta la manifestazione degli anarchici, cui aderisce anche il Partito Comunista Internazionalista di Saverio Saltarelli, ed autorizza, contemporaneamente, un corteo antifranchista indetto da PCI, PSI, DC e sindacati. Viene anche autorizzato un presidio antifascista del Movimento Studentesco davanti alla Statale. Ed è proprio nei pressi della Statale che il corteo anarchico viene caricato dalla polizia, mentre il Sevizio d'ordine del MS (quei Katanga che si distingueranno sempre più nella pratica briosa di spaccare le teste dei rivoluzionari, al ritmo dello slogan "Leone, Leone, ricordati il piccone") impedisce ai compagni di rifugiarsi all'interno dell'ateneo. Sono passati 40 anni, e Saverio Saltarelli giace, ben sepolto, sotto un cumulo di lapidi e di canzoni!

venerdì 10 dicembre 2010

in girum imus nocte et consumimur igni

avventura

 

"Il mio ottimismo si fonda sulla certezza che questa civiltà crollerà.
Il mio pessimismo su tutto ciò che essa farà per trascinarci nella sua caduta."

- Guy Debord -

giovedì 9 dicembre 2010

la capra

HeroicaAbuela

Il soldato francese - la mitragliatrice in primo piano - non sembra intendere ragione. La nonna non può passare la frontiera francese, almeno finché si ostina a voler portare la capra con sé. E' il 1939, Barcellona è già caduta. Un popolo sconfitto si ammassa alle frontiere, di terra e di mare. Fra loro, anche questa donna, con la sua capra. Niente bauli con sé, niente bagagli, solo la sua capra. Il soldato ha tutta l'aria di stare perdendo la pazienza, ma la donna non demorde.
Sembra chiedere: "Ma voi, non ce l'avete le capre, in Francia???"

mercoledì 8 dicembre 2010

ancora sull’ora legale

karlo-marx

Lo "sciopero delle lancette" viene organizzato dai Consigli di Torino nell’aprile del 1920: il governo aveva fissato per il 18 marzo l’entrata in vigore dell’ora legale, come si era fatto durante la guerra. Gli operai non la tollerano, poiché li obbliga ad entrare in fabbrica al buio anche in primavera e in estate. Per protesta, il Consiglio di fabbrica della Fiat Brevetti decide di spostare le lancette degli orologi dello stabilimento sull’ora solare. La Fiat risponde licenziando tutta la commissione interna (egemonizzata dal consiglio di fabbrica).
La FIOM di Torino risponde dando il via a uno sciopero che dura quasi 20 giorni e che si estenderà a mezzo milione di lavoratori in tutto il Piemonte, braccianti inclusi. L’AMMA percepisce chiaramente la portata nazionale dello scontro coi Consigli di fabbrica ed è determinata a distruggere il movimento dei consigli prima che contagino tutto il paese. I lavoratori dei Genova e di molte città liguri sono sul piede di guerra ma i loro dirigenti approfittano del congresso della Fiom per condannare il movimento dei Consigli.
Turati propone di superare la crisi accettando l’invito del primo ministro a entrare nel governo liberale, mentre Bordiga sbarrella e si perde in una ridda di obiezioni dottrinarie ai consigli operai e sui pericoli nascosti in questa novità: afferma che i consigli sarebbero un’arma in mano al padrone per controllare i lavoratori. I lavoratori di Torino chiamano alla lotta la classe operaia di tutto il paese. Lo sciopero delle lancette diventa politico già dal secondo giorno. I padroni non cedono di un millimetro. Buozzi, segretario della Fiom, discute più con Agnelli che con gli operai e personalmente accetta la proposta padronale di dimissioni di tutta la Commissione interna. D’Aragona, segretario della CGL è determinato a recuperare a tutti i costi il controllo della situazione e a distruggere il movimento dei consigli. Tratta con l’AMMA senza consultare gli scioperanti e baratta il riconoscimento formale dei Consigli in cambio dell'accettazione della proibizione di qualunque ingerenza di questi organi nel controllo della produzione e delle condizioni di lavoro nelle fabbriche. I dirigenti dichiarano chiusa la vertenza e la Fiom nazionale dichiara finito lo sciopero.

martedì 7 dicembre 2010

fra sindacati e ora legale

occupazione

L'anno 1920 cominciò con gli scioperi degli operai statali delle poste e telegrafi e delle ferrovie; i dirigenti della C.G.I.L. dovettero fare opera di convincimento presso molti dei sindacati aderenti perché non scendessero in sciopero di solidarietà con i ferrovieri. A febbraio scioperarono i tessili, i metalmeccanici e gli operai dello zolfo. A marzo vi fu uno sciopero generale di protesta a Milano per l'uccisione di un tramviere. A Torino, in aprile, ci fu uno sciopero generale provocato dal conflitto sull'ora legale. Nell'agosto del '20 le richieste salariali del sindacato metalmeccanico vennero respinte. I sindacati non avevano fondi e non erano disposti a rischiare uno sciopero protratto, per cui proclamarono in pratica un rallentamento della produzione. Gli imprenditori cominciarono a rispondere con le serrate, e il sindacato chiamò all'occupazione preventiva delle fabbriche. Il 5 settembre, la C.G.I.L. indicò le tre strade percorribili: a) circoscrivere il movimento ai soli metalmeccanici, b) estenderlo a tutta Italia, c) trasformare in rivoluzione l'occupazione delle fabbriche. I sindacati si opposero alla rivoluzione immediata. Il Partito Socialista si offrì di assumere la responsabilità del movimento, ma invece di scegliere una delle tre strade indicate richiese semplicemente la convocazione del parlamento, che in quel momento non era al lavoro. A questo puntò, l'iniziativa operai cessò ed il primo ministro, che conosceva troppo bene i socialisti per temere una rivoluzione ad opera loro, attese fino a che il movimento perdette forza e poi negoziò un accordo basato su aumenti salariali, festività e liquidazioni. Le occupazioni cessarono fra il 25 e il 30 settembre.

lunedì 6 dicembre 2010

topografia

paris

France-Soir - 13 Giugno 1968

1h.30:
Porta Saint-Denis, scene di violenza. Alcuni saccheggiatori stanno sventrando un chiosco. Boulevard de la Chapelle, lato Barbès, alcuni manifestanti, per la più parte nordafricani, attaccano la polizia.
Boulevard Bonne-Nouvelle, una barricata formata da alberi segati e posti di traverso sulla carreggiata, insieme a qualche griglia di ferro, ostruiscono la strada tutt'intorno al teatro des Noveautés.
Una barricata simile è stata eretta cento metri più avanti, nei pressi della sede del quotidiano L'Humanité.

1h.45:
Alcuni giovani hanno ripiegato su avenue du Maine, dove hanno continuato ad erigere barricate su barricate. La loro tattica è stata facilitata dall'arrivo di un piccolo bulldozer giallo che un manifestante ha trovato in un cantiere di Montparnasse.

4h.30:
Dopo che erano stati dispersi in diverse strade del 15° arrondissement, 80 manifestanti si sono raggruppati in rue d'Alésia. "Al Quartiere Latino!", urla un fanatico sulla quarantina. Nelle mani guantate stringe un segnale stradale di senso vietato. La stazione di polizia del quartiere di Montparnasse, al 19 di rue de la Galté, che era già stata saccheggiata una volta, durante la serata è stata di nuovo assaltata ed occupata. C'erano rimaste alcune finestre da infrangere.
Nello stesso momento, il Centro di Informazione U.D.R., al 248 di rue de Vaugirard, dove si trovavano una trentina di persone, veniva assalito da 500 manifestanti che sventolavano una bandiera nera. Sono state lanciate bottiglie molotov. Dappertutto saccheggio.

venerdì 3 dicembre 2010

La libertà NON è partecipazione!

dustin

"La politica non riguarda solo i politici. I politicanti fanno leva sulla tendenza intrinseca all’uomo contemporaneo, all’uomo del capitale, a cercare la verità e la soluzione della sua condizione in un altrove, al di là dei rapporti sociali. Non è per una coincidenza storica che la religione, la filosofia e la politica sono state criticate da Marx simultaneamente o, più precisamente, in un medesimo movimento critico; in ciascuno dei tre casi, ci si trasferisce a un altro livello: invece di trasformare la realtà, la si disloca. I politici servono solo da mediatori tra i rapporti sociali e questa realtà altra che è la regolazione delle contraddizioni. Si costituiscono come gestori della mediazione. Se la gestione operaia è conservatrice perché fa partecipare il salariato al proprio sfruttamento, l’autogestione della politica da parte di tutti è un asservimento ben più profondo."

Jean Barrot

giovedì 2 dicembre 2010

studenti

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(...) Lo studente é un essere diviso tra una condizione presente e una condizione futura nettamente distinte, il cui limite sarà superato meccanicamente. La sua coscienza schizofrenica gli permette di isolarsi in una “società di iniziazione”, mistifica il suo avvenire e si incanta davanti all’unità mistica che gli offre un presente al riparo dalla storia. (...)
Poiché raccoglie qualche briciola del prestigio dell’università lo studente é ancora contento di farne parte. Troppo tardi. L’insegnamento meccanico e specializzato che riceve é così profondamente degradato (rispetto al vecchio livello della cultura generale borghese) quanto il suo livello intellettuale al momento in cui vi accede, perché le forze dominanti, cioè il sistema economico, esigono una fabbricazione massiccia di studenti incolti e incapaci di pensare. Che l’università sia diventata un’organizzazione  - istituzionale  - dell'ignoranza, che la cosiddetta “alta cultura” si vada decomponendo al ritmo della produzione in serie dei professori, che tutti questi professori siano degli imbecilli, la maggior parte dei quali susciterebbe le risa di scherno di qualsiasi pubblico di liceo, lo studente lo ignora e continua ad  ascoltare rispettosamente i suoi maestri, con la volontà cosciente di perdere ogni spirito critico per meglio piombare nell’illusione mistica di essere diventato uno “studente”, uno che si dedica con serietà a farsi un’istruzione con la speranza che gli saranno rivelate le verità  supreme. 
E’ la menopausa dell’intelligenza.   (...)
Non si rende neanche conto che la  storia trasforma il suo ridicolo mondo chiuso. La famosa “crisi dell’università”, aspetto di una crisi più generale del capitalismo moderno, rimane oggetto di un dialogo tra sordi di differenti specializzazioni. Essa traduce soltanto le difficoltà di un  adeguamento tardivo di questo settore particolare della produzione a una trasformazione generale dell’apparato produttivo. I residui delle vecchie ideologie dell’università liberale borghese si banalizzano nel momento in cui scompare la sua base sociale. E’ stato possibile per l’università considerarsi autonoma nell’epoca del capitalismo liberoscambista e del suo stato liberale che le lasciava una certa libertà marginale. Ma di fatto dipendeva strettamente dai bisogni di quel tipo di società: dare a una  minoranza privilegiata, quella che studiava, la cultura generale appropriata prima che tornasse a far parte della classe dirigente da cui proveniva. (...)

da "Della Miseria dell'Ambiente Studentesco" - Strasburgo 1966

mercoledì 1 dicembre 2010

internazionale

cassibile

Durante la seconda guerra mondiale, certamente gli americani non furono , poi, quei "liberatori" di cui si disse, e si continua a dire. Ma - come sempre - c'è un però. C'è sempre un'altra faccia della medaglia, e c'è sempre un modo per cui, la classe operaia, riesce a mettere un'ipoteca sulla storia, e sulle storie.
Mentre lo stato maggiore americano faceva uso della mafia siciliana, fra le altre forze, per i propri fini di conquista, il movimento operaio riusciva, a volte e spesso con difficoltà a intrecciare e ristabilire rapporti autonomi.
E così avvenne che i figli degli anarchici italiani, i militanti di quella sezione della IV Internazionale che sul suolo americano era stata preceduta dall'opposizione bordighiana, tutti questi irregolari riuscirono ad aiutare materialmente, con mezzi e armi, soprattutto nel sud dell'Italia, e a contribuire alla ricostruzione di nuclei rivoluzionari.

(cfr.: James P. Cannon - The History of American Trotskyism - Pioneer Pubblishers)

martedì 30 novembre 2010

al mercato

locompagni

Aveva la faccia e l'atteggiamento di quel genere di persona, avanti negli anni, che incontri al mercato e con cui scambi quattro chiacchiere, a proposito del tempo, della città, del quartiere -peraltro senza magari averlo mai incontrato prima. Come dire, era il conforto della vita che si oppone allo spettacolo.
Le ultime sue parole pubbliche, curiosamente, sono state contro la speranza; assai più di quanto possano sembrare incentrate su quella domanda di "rivoluzione", che tanto più scalpore ha destato. La speranza, già. Quella speranza che - normalmente - fa sì che i novantenni e i centenari, in questa società non vadano in giro a suicidarsi o a rapinare le banche. Ci si attacca di più, alla vita, man mano che diventa sempre più flebile. Ci si attacca alla speranza, di continuare. E invece, Mario Monicelli aveva tuonato contro la speranza, e mi aveva ricordato il grido - più di maniera -  di Bunuel, contro la libertà. Meccanismi e dispositivi che ci intrappolano, invece di ... liberarci. Questo voleva dire, credo, senza troppi sproloqui, quel vecchio che avrei amato incontrare al mercato - come dicevo prima. Questo ha fatto, senza biglietti e senza infiorettature, quel vecchio che usava parlare fuori dai denti, come quando a suo tempo aveva dato di idiota - a lui e alle sue domande - al tizio che ieri sera, dall'alto del suo "share", intratteneva gli italiani che "sperano".
Del resto,in altri tempi forse migliori, l'aveva fatto dire a Mastroianni, nel suo film più bello e più ignorato, quando alla domanda "che paese è questo?", sentiva rispondere: "è un paese di merda".

lunedì 29 novembre 2010

Che cos’è?

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“Avevamo parlato del mondo, e del tempo, delle idee, mentre i nostri bicchieri tintinnavano col sottofondo del rumore del mare. Il treno non aspetta nessuno, e la notte si può quasi toccare.
Poi, al di là e al di sopra del confuso balbettio e fuori dal peso dell'età e della storia, oltre le chiacchiere del giorno e le immagini della sera, dalla mia mente emerse una domanda circa la legge finale dell'esistenza, a proposito della quale avrei voluto una risposta da quel saggio.
Tuffandomi già, fino allo sprofondo del linguaggio, e risalendo fino all'enfasi più alta, dopo un lungo interminabile silenzio, posi la domanda al rivoluzionario e al filosofo, con le fatidiche parole: "Che cos'è?".
Per un momento, sembrò come se la sua mente fosse altrove, mentre si lasciava andare a guardare l'oceano che ruggiva - prima - e la moltitudine inquieta, sulla spiaggia - poi.
"Che cos'è?", era stata la mia domanda, alla quale con un tono profondo e solenne rispose: "Lotta!"

Dapprima, mi parve come se avessi sentito l'eco della disperazione; ma, probabilmente, era la legge della vita. “

- John Swinton: Intervista a Karl Marx - Sun 6 settembre 1880

venerdì 26 novembre 2010

Cose che non dimentico

evaristo

Si faceva chiamare Evaristo, ma il suo vero nome era Nestor, Nestor Cerpa Cartolini, per esser precisi. Non è passato molto tempo dalla sua morte.
Il comandante Evaristo venne ucciso insieme ai suoi compagni il 22 Aprile del 1997 da unità speciali del governo peruviano.
Con un gruppo di fidati compagni, il 17 dicembre 1996, alle 20,25 ora locale, il combattente del Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru, MRTA, aveva assaltato la residenza dell’ambasciatore giapponese a Lima durante una sontuosa festa affollata di personalità locali ed internazionali: politici, diplomatici accreditati in Perù, militari, imprenditori. Aveva alcune richieste!
Il commando di “Tupamaros” venne massacrato praticamente a sangue freddo, come testimoniarono alcuni degli ostaggi che assistettero al massacro. Le “teste di cuoio” spararono su alcuni membri del commando che avevano deposto le armi e avevano le braccia alzate, mentre altri miracolosamente sopravvissuti furono trucidati poco più tardi ed i loro corpi massacrati.

giovedì 25 novembre 2010

L’assedio

taibo

"Una città assediata è diversa.
La signora del quarto piano scende nel seminterrato e mostra la sua collezione di francobolli giapponesi.
'Signora Ramona, non sapevamo...'
'Li avevo fin da bambina...'
La portiera, che era odiata da tutti, accoglie nella sua cucina i ragazzi e gli prepara un caffè prelibato.
'Ma come lo fa?'
'E chi lo sa, perché di caffè non ne ha.'
Nel palazzo, la porta che dà sulla strada si chiude alle tre del pomeriggio e gli inquilini si riuniscono sulle scale, alla luce delle candele, e si parla di tutto, anche della guerra.
'Parliamo d'altro, rispettiamo le convinzioni di tutti.'
Un bimbo piccolo bacia, uno per uno, tutti gli inquilini prima di andare a letto, che è il pavimento.
E, d'improvviso, comincia il bombardamento e la magia si spezza, ognuno sprofonda nella sua casa e nella sua paura.
Una città assediata ha buoni e cattivi, e ore in cui tutto si mescola.
Poi, quando tutto sarà soltanto un ricordo molto vago, ci sarà chi mischierà cose strane.
'Io ho imparato a giocare a scacchi durante l'assedio.'
'Io ho fatto per la prima volta l'amore durante un bombardamento, ma una cannonata mi ha interrotto l'orgasmo.'
'A me sono passati i reumatismi alla gamba sinistra.'
'Nei giorni di calma studiavo latino in trincea.'
'Io non ricordo niente: avevo tanta paura!'
Una citta assediata potrebbe essere il più bell'esperimento umano, senza la guerra."

Paco Ignacio Taibo
PER FERMARE LE ACQUE DELL'OBLIO
Tropea - 17 euri

mercoledì 24 novembre 2010

Proibizionismo

schooner

 

New Orleans, 1929 - Nella foto, l'equipaggio della goletta "I'm Alone" dietro le sbarre a New Orleans, in Louisiana, dopo che l'affondamento della loro barca che trasportava rum ed il loro arresto in mare. La Goletta venne affondata quando il capitano John Randall rifiutò di arrendersi.
Ecco la storia di questi uomini dietro le sbarre, la storia in una canzone. Come usava una volta.

Il naufragio della "I'm Alone"
scritta da Wade Hemsworth, 1929

Ricordi? Sì, mi ricordo bene,
Il più famoso contrabbandiere di rum;
Ricordi? Sì, mi ricordo bene,
Il più famoso contrabbandiere di rum,
La goletta proveniente da Lunenberg,la "I'm Alone";
Nel Golfo del Messico venne attaccata,
Da un cutter yankee in alto mare, fuori delle acque territoriali.

   Oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.

E 'stato nel 1929,
Quando il contrabbando di liquori era un passatempo redditizio;
Molti marinai non vedevano perché,
Non ci dovessero guadagnare; Zio Sam era a secco,
Per molte famiglie divenne un affare;
Il proibizionismo fece sì che valesse la pena,
Di diventare un buon samaritano per gli americani assetati.


   Oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.


E il capitano della goletta era un selvaggio abitante di Terranova,
Un duro di nome John Thomas Randall;
Un veterano decorato della prima guerra mondiale,
E un gentiluomo di fortuna che correva i mari;
E dal Belize portava la "I'm Alone",
Verso la costa della Louisiana per andare all'ancora a sud di Trinity Shoal;
Dove avrebbe incontrato il suo uomo per scaricare la merce secondo i piani.


   Oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.

Il viaggio era andato liscio per la I'm Alone,
Aveva giò incassato i profitti di sei o sette viaggi;
La Guardia Costiera aveva rotto i coglioni un paio di volte,
Ma il capitano John se li era lasciati alle spalle;
Una mattina di marzo nel vento e nelle onde,
Stava raggiungendo la sua meta, a vele spiegate
Quando il cutter Dexter comparve a dritta della I'm Alone.

   Oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.

Il comandante della Dexter era un uomo rude,
Aveva giurato che non si sarebbe fatto scappare la I'm Alone di nuovo;
Fece una serie di segnali, dicendo: "Come va?
Sapete che aprirò il fuoco se non vi arrendete".
Il capitano John replicò immediatamente,
"Sono in alto mare, non avete alcuna giurisdizione su di me!"
Il capitano del Dexter lasciò partire diverse raffiche lacerando le
vele della I'm Alone.

   Oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.

I proiettili strapparono le bome, le vele, le rande,
Fecero un buco nella bandiera canadese;
Quando il capitano John lo vide cominciò ad incazzarsi,
Per questa mancanza di rispetto per il suo orgoglio nazionale;
L'equipaggio disse: "Signore, non perdiamo la calma,
Andremo tutti giù insieme con la vecchia bandiera che sventola! "
E segnalò alle Dexter: "Spara che tu sia dannato io non mi arrenderò mai!"

   oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.

Così, il Dexter aprì il fuoco e non ci volle molto tempo,
Prima che i suoi cannoni ritagliassero una cicatrice lungo la linea di
galleggiamento dell' I'm Alone;
Capitan John ordinò agli uomini di saltare in mare,
C'era acqua sul ponte quando alla fine saltò anche lui;
La poppa in aria, la I'm Alone andò giù,
Il mare era grosso, fu una fortuna che annegasse solo un uomo;
Il sottoufficiale fu l'unico ad essere tratto già morto a bordo del cutter.

   oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.

Ed è così che è andata, non c'è molto di più da dire,
La I'm Alone divenne un affare internazionale;
Capitan John e i suoi marinai vennero tutti rilasciati,
Il governo americano non poteva farne un caso;
Questo tipo di violenza è destinata a succedere,
Quando una legge, come il proibizionismo chiede solo di essere violata;
E noi ancora ricordiamo la storia dell' I'm Alone e di Capitan John Randall.

   oh, I'm Alone,
   Aveva fatto molte miglia da Lunenberg;
   Perché John Randall si arrendesse,
   Sulla I'm Alone.

martedì 23 novembre 2010

La prima volta

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Parigi, Belleville, 1935 - Guido Beiso spara al dirigente del Partito Comunista Camillo Montanari,dopo che questi - avendo accusato Beiso, sul giornale "Azione Popolare", di essere un agente provocatore –si era rifiutato di smentire, o di fornire le prove, le sue accuse.
Nell'articolo, Beiso, membro del partito ed attivista a tutti gli effetti del "gruppo delle Alpi Marittime", veniva descritto come un "provocatore trotzkista-bordighista", quindi "fascista" a tutti gli effetti. "Colpevole" di aver criticato l'ingresso dell'Unione Sovietica" in quella Società delle Nazioni che Lenin aveva definito "rifugio dei briganti imperialisti", dove era stato approvato, con le felicitazioni dell'emissario sovietico, il compromesso che sanzionava lo sviluppo degli armamenti fascisti diretti a sostituirsi al regime del Negus nello sfruttamento dell'Abissinia. Così, mentre il Partito Comunista celebrava come un eroe Camillo Montanari caduto "vittima di un feroce assassinio, preparato alla sua missione omicida nei gruppetti trotzkisti e bordighisti emigrati, agenti della reazione fascista, che cerca con tutti i mezzi di pugnalare il partito comunista che lotta eroicamente per salvare l'Italia dalla catastrofe a cui la porta il fascismo particolarmente in questo momento con la guerra in Abissinia”, allo stesso tempo l'Unione Sovietica foraggiava di benzina le truppe fasciste impegnate in quella guerra di conquista!
Giova ricordare che il Partito Comunista - rompendo, per la prima volta, con l'estraneità proletaria ai meccanismi della giustizia borghese - ha deciso di costituirsi parte civile nel processo contro Guido Beiso. Comincia da qui il lungo percorso che doveva permettere loro di calunniare e trattare da provocatore ogni proletario che si opponeva alla loro politica.

lunedì 22 novembre 2010

Chiarezza

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Francia, 1939. Le autorità francesi offrivano, ai soldati repubblicani spagnoli che lo desideravano, la possibilità di ritornare in Spagna. Il cartello esplicativo, collocato dai gendarmi e dalle guardie di frontiera della Francia, indica semplicemente "FRANCO". Non "Spagna", e neppure "Nacionales",  solo "FRANCO". Più chiari di così...

venerdì 19 novembre 2010

Freud voleva comprare il Messico?!!?

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Strano tipo Lazaro Cardenas, presidente del Messico dal 1934 al 1940! Fu l'unico capo di stato democratico ad opporsi al non-interventismo nella guerra civile spagnola, sostenendo che andasse appoggiata la causa lealista; del resto, aveva armato i contadini del suo paese al fine di attuare la riforma agraria! Cardenas, dopo la sconfitta della repubblica spagnola, trasformò il Messico in un rifugio per tutti i perseguitati, aprendo le porte ad un'impressionante lista di dissidenti e rifugiati provenienti dalla Spagna, dalla Francia, dalla Germania e dall'Austria. Leon Trotsky arrivò in Messico su invito del Cárdenas nel 1937. Grazie al suo amico ed emissario in Europa, Gilberto Bosques, nominato console a Marsiglia, vennero rilasciati più di 40 000 visti a famiglie ebraiche e a rifugiati della guerra civile spagnola.
il Messico fu l'unico paese ad emettere una denuncia formale davanti al plenum delle Nazioni Unite, quando avvenne l'Anschluss, cioè, quando la Germania nazista si annesse l'Austria nel marzo del 1938 . E da parte dell'Austria ci sarà un riconoscimento per la protesta del generale Lazaro Cardenas quando, a guerra finita, intitolerà una piazza sulle rive del Danubio al Messico (Mexikoplatz).
Ma c'è una storia di un Ebreo particolare, e del suo rapporto con il Messico, che è molto meno nota: nella primavera del 1938 la Gestapo nazista condusse un raid in cerca di intellettuali ebrei noti a Vienna. Fecero irruzione nella casa editrice di letteratura psicoanalitica e da lì andarono a cercare Sigmund Freud nel suo appartamento al n.19 di Berggasse, dove arestarono la figlia Anna.
Freud, che era stato riluttante a lasciare Vienna, si trovò in cattive acque: i visti per l'emigrazione degli ebrei da Vienna erano quasi impossibili da ottenere. Una campagna orchestrata da potenti amici, studenti e pazienti, come Ernest Jones, che portò la petizione davanti al Parlamento inglese, l'intervento dell'ambasciatore statunitense in Francia, William Bullitt, e gli sforzi di un'amica di Franklin D. Roosevelt, la principessa Marie Bonaparte, riuscirono a  mettere finalmente al sicuro Freud e la sua famiglia a Londra.
Anche in Messico, nel frattempo, si compivano grandi sforzi per fare uscire da Vienna Freud e la sua famiglia. L'organizzazione conosciuta come "Soccorso Rosso Internazionale" aveva inviato un telegramma al generale Lazaro Cardenas per richiedere il suo intervento affinché venisse offerto asilo al pensatore descritto come "il più grande ricercatore delle varie manifestazioni dello spirito, colui che demolito i pregiudizi per la costruzione di nuova morale universale".
Durante le tre settimane successive a questo telegramma, Lazaro Cardenas aveva ricevuto chiamate simili da parte del Sindicato de Trabajadores de Artes Gráficas, dal Sindicato de Trabajadores de la Industria Azucarera y Similares, dal Sindicato de Maestros e dal Sindicato de Mineros y Metalúrgicos, così come dal Sindicato de Electricistas che sollecitavano il governo messicano a concedere l'asilo a Sigmund Freud. Eduardo Hay, Ministro degli Affari Esteri, davanti ad una simile mobilitazione "rossa", rispose spiegando che il presidente Cárdenas aveva già impartito istruzioni alll'Ambasciata del Messico a Vienna per offrire asilo ai rifugiati politici che richiedevano la protezione del Messico, e che le loro richieste sarebbero state analizzate dal Ministero degli Interni.
Freud non chiese mai asilo al Messico; nel novembre del 1938 partì con la sua famiglia diretto a Londra. La parte attiva che il Messico aveva assunto in difesa degli ebrei, con il progredire della guerra dei nazisti in Europa ispirò, però, la principessa Marie Bonaparte a proporre all'ambasciatore Bullitt un piano che avrebbe permesso di salvare il numero più alto possibile di ebrei: lo spiega in una lettera in cui suggerisce al governo americano di acquistare la BaJa California (Bassa California) in Messico, al fine di creare uno Stato ebreo. Quando Bullitt tentò di dissuaderla, spiegando che il suo piano non era fattibile, la principessa inviò la sua richiesta direttamente al presidente Roosevelt.
Freud era a conoscenza di questi sforzi, che classificò come "fantasiosi", e assicurò la principessa circa il fatto che era impossibile prenderli sul serio.
Più tardi, nacque Una leggenda ,tuttavia, che attribuisce a Freud stesso il progetto di acquistare dal Messico la Baja California, al fine di fondarvi lo stato di Israele.
Freud parlava correntemente lo spagnolo e conosceva la cultura mesoamericana, ma non è mai andato in Messico!

giovedì 18 novembre 2010

Debiti

nap

Era una giornata grigia, come oggi, quel 29 ottobre di 36 anni fa; lo ricordo bene. La ricordo bene quella giornata maledetta! Ne ricordo gli attimi e lo stato d'animo, dopo niente sarebbe più stato come prima. Ricordo che ero con Daniele, sul suo "galletto" della guzzi, e passavamo proprio per Via Lungo l'Affrico, dalle parti di Piazza Alberti, quella maledetta piazza. Poi, le notizie, concitate, le ore, i giorni e le notti senza sonno.
Mille e mille volte, e più, mi sono chiesto come sarebbe stato se ... Domande inutili, sul filo del dolore e dello scoramento, che continui a farti anche adesso che il dolore si è attenuato, fino ad ottundersi, e lo scoramento indugia alla disillusione, senza però risolversi.
Non so perché, ma l'aver ritrovato le stesse mie domande dentro il libro di Valerio è stato per me motivo di conforto. "Vorrei che il futuro fosse oggi", già! L'ho letto in meno di tre ore, il libro che Valerio ci ha messo tre anni, a scrivere. E per tre ore. e anche dopo, è stato come se ... il passato fosse oggi! Prima come stupito, per il fatto che qualcuno che "non c'era" potesse essere riuscito ad entrare fino in fondo, con tutte le scarpe, dentro a quel tempo, ed "ai suoi dei" - mi vien da dire - come potesse partecipare fino in fondo di un dolore, e di un amore, che non dovrebbe esser suo. E invece, è anche suo. Se l'è - come dire - guadagnato, e poi ce lo ha regalato. E ho continuato a leggere, sempre più rassicurato dallo scorrere dei ricordi che si mischiano con la sete, e la volontà, di sapere, di sentire. E così, ho potuto rivederli. Mi sono potuto rivedere. E, di questi tempi strani e difficili, è già qualcosa. E' molto. Non so raccontarlo, il libro. Non so raccontare la storia quando le storie mi distraggono. E sono stato felice nel leggere che, dentro, c'era qualcuna delle mie storie, insieme alle storie di altri. Alle persone, alle persone che eravamo, alle persone che siamo. Claudio, Tonino, Luca, Anna Maria. Tutti insieme tornano a muoversi per quelle strade di questa mia città che sempre più spesso non so più, e le storie si intrecciano, carne viva e sangue, riacquistano sguardi e voci. Scrivo, il giorno dopo, con gli occhi ancora pieni delle immagini, per un lungo momento senza più domande, e senza risposte. Tutto è tornato intatto, come deve essere. Grazie a questo libro che ha pagato un debito, quanto meno una parte.


Valerio Lucarelli - Vorrei che il futuro fosse oggi - Nap: ribellione, rivolta e lotta armata -        edizioni l'ancora del mediterraneo - 16 euri

Qui si possono leggere le prime ventisei pagine!

mercoledì 17 novembre 2010

Il potere della televisione (ovvero, trovate le differenze)!

Supercortemaggiore_manifesto

La Televisione, in Italia, comincerà le sue trasmissioni nel Gennaio del 1954.

7 Giugno 1953 - Risultati delle Elezioni alla Camera dei Deputati:
Elettori 30.272.236
Votanti 28.406.479 (93,84%)
Schede bianche 421.381
Schede non valide (Schede bianche incluse) 1.318.778

Voti:
Democrazia Cristiana: 40,10%
Partito Cominista Italiano: 22,60%
Partito Socialista Italiano: 12,70%
Partito Nazionale Monarchico: 6,85%
Movimento Sociale Italiano: 5,84%
Partito SocialDemocratico Italiano:  4,51%
Partito Liberale Italiano:  3,01%
Partito Repubblicano Italiano:  1,62%

Nel 2008, la televisione impera (così dicono)


13 Aprile 2008 - Risultati delle elezioni alla Camera dei Deputati
(esclusa la Val d'Aosta)

Elettori 47.041.814
Votanti 37.874.569 80,51%
Schede bianche 485.870
Schede non valide (Schede bianche incluse) 1.417.315


Voti:
Il Popolo della Libertà                 37,38
Lega Nord                        8,29
Movimento per l'Autonomia        1,12
Partito Democratico             33,17
Italia dei Valori                4,37
Unione di Centro                        5,62
La Sinistra - L'Arcobaleno      3,08
La Destra-Fiamma Tricolore      2,42

martedì 16 novembre 2010

L’orologio del filosofo

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Kant dava la supremazia alla ragion pura, tanto che sentiva poco il bisogno dell'esperienza personale per risolvere i problemi della conoscenza. Di conseguenza non si avventurò mai fuori Konigsberg, la sua città, e visse un'esistenza solitaria fatta di abitudini estremamente regolari, come la quotidiana passeggiata dopo pranzo. Si dice che gli abitanti di Konigsberg regolassero gli orologi sul passaggio del professor Kant, all'andata o al ritorno della passeggiata quotidiana. La strada era sempre la stessa (più tardi divenne nota come Philosophengang, o "Passeggiata del filosofo").
Molto meno noto (probabilmente perché potrebbe non essere vero) è il particolare che anche il sagrestano della cattedrale di Konigsberg regolava l'orologio del campanile controllando quando Kant faceva la passeggiata quotidiana, e Kant, dal canto suo, programmava la passeggiata regolandosi sull'orologio del campanile della cattedrale. A proposito della confusione fra analitico e sintetico! Kant e il sagrestano pensavano entrambi di acquisire nuove informazioni osservando il comportamento dell'altro. Kant pensava che osservando l'orologio del campanile della cattedrale venisse a conoscenza dell'ora esatta, che, a sua volta, era stata stabilita osservando la rotazione terrestre. Il sagrestano pensava che osservando la passeggiata quotidiana di Kant potesse rimettere l'orologio all'ora esatta, perché credeva nell'innata puntualità di Kant. Di fatto, ognuno dei due giungeva semplicemente a una conclusione analitica: vera per definizione. La conclusione di Kant "Faccio la mia passeggiata alle 15:30" si riduce davvero ad una affermazione analitica: "Faccio la mia passeggiata quando faccio la mia passeggiata", perché il modo in cui Kant determina il suo 15:30 è osservando un orologio tarato sulla sua passeggiata. La conclusione del sagrestano: "Il mio orologio è giusto" si riduce a: "Il mio orologio dice quello che dice il mio orologio", perché il criterio su cui si basa la precisione del suo orologio è la passeggiata di Kant, che a sua volta era basata su quello che dice l'orologio della cattedrale.

- Thomas Cathcart e Daniel Klein - Platone e l'Ornitorinco

lunedì 15 novembre 2010

Genealogia

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La moderna distinzione fra "destra" e "sinistra" (che nasce come trasposizione francese della suddivisione, avvenuta in Inghilterra, fra Tories e Whigs) corrisponde, per tutto il Diciannovesimo secolo, al conflitto in atto fra i difensori dell'Ancien Régime (ossia, una società agraria e teologico-militare), da un lato, ed i partigiani del cosiddetto "Progresso", per i quali la rivoluzione industriale e scientifica (la forma pratica del trionfo della "dea" Ragione) avrebbe fatto sì che l'umanità si riconciliasse con sé stessa, dall’altro.
C'è da dire che, diversamente, il socialismo delle origini è del tutto estraneo a questa contrapposizione e cerca, innanzitutto, di tradurre in un programma quelle che sono le prime proteste proletarie (Luddisti e Cartisti Inglesi, operai della seta di Lione, tessitori della Slesia) contro i disastrosi effetti, umani ed ecologici, provocati dall'industrializzazione liberale. Per cui non troviamo, né in Fourier né in Marx, appelli vibranti per unificare un misterioso "popolo di sinistra" contro quell'insieme di forze che si suppone ostile al cambiamento.
Per tutto il Diciannovesimo secolo, i socialisti più radicali sono assai attenti a cercare di non mettere a repentaglio la preziosa autonomia dei lavoratori per delle alleanze effimere che si vorrebbero costruire - da parte di alcuni -  ora contro i poteri dell'Ancien Régime, ora contro gli industriali liberali.
Sarà solo dopo il cosiddetto "Affaire Dreyfus" - e non senza accese discussioni - che avverrà l'arruolamento in massa, del movimento socialista, nel campo della Sinistra, e delle forze del Progresso. Per validare una simile operazione storica, si renderà necessaria una messa a punto della genealogia del progetto socialista (e qui giocherà un ruolo importante Durkheim). Si sceglierà di guardare meno al prodotto della creatività operaia, e più allo sviluppo "scientifico" della filosofia dei Lumi; il tutto reso possibile dall'opera del Conte di Saint-Simon, e successivamente importandola  all'interno della classe operaia.

venerdì 12 novembre 2010

Dottore in niente

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«Così fu tracciato il programma che meglio poteva colpire di suspicione completa l’insieme della vita sociale: classi e specializzazioni, lavoro e divertimento, merce e urbanismo, ideologia e Stato, noi  abbiamo dimostrato che tutto era da buttare. E un simile programma non conteneva nessun’altra promessa che quella di un’autonomia senza freni e senza regole. (...) Esisteva sì allora qualche  individuo che si trovava d’accordo con maggiore e minor conseguenza, sull’una o sull’altra di queste critiche, ma per riconoscerle tutte non c’era nessuno; e tanto meno per saperle formulare, e  aggiornare. È per questo che nessun altro tentativo rivoluzionario di questo periodo ha avuto la minima influenza sulla trasformazione del mondo.»
Guy Debord

Nota: La foto ha a che fare col titolo ed è un quiz!

giovedì 11 novembre 2010

Guerre. Fredde e non.

truman

Washington, 1950, 1 Novembre - Il presidente degli Stati Uniti, Harry Truman risiede in questi giorni alla Casa Blair, poco distante dalla Casa Bianca dove sono in corso dei lavori di ristrutturazione. Negli stessi giorni, A Portorico, è scoppiata un'insurrezione. Griselio Torresola e Oscar Collazzo, due separatisti portoricani, aprono il fuoco sulle tre guardie private in servizio alla residenza presidenziale. Cercano di aprirsi la strada per poter arrivare negli alloggi del presidente. Contro di loro un inferno di fuoco; poliziotti e agenti segreti sparano, senza risparmio alcuno. Il presidente, svegliato dal trambusto, si alza, si affaccia alla finestra del secondo piano e i suoi occhi incontrano gli occhi di Torresola. Quando Leslie Coffelt, in fin di vita (nella foto), riesce a colpirlo a morte.

mercoledì 10 novembre 2010

Armeria

Bisogna sapere di cosa si scrive! E questa è' la miglior guida che abbia mai letto, a proposito di armi, pistole, fucili, calibri, silenziatori ecc. L'ha scritta Jean-Patrick Manchette ed è una delle ultime cose, se non l'ultima, che ha scritto. Bella come un racconto intrigante. Magari non serve a niente, a chi legge gialli e/o noir, ma l'ha scritta Manchette ed è stupenda, fino all'ironica chiosa finale.

Manchette1963

Kanonensong
di Jean-Patrick Manchette

Leggendo un bel noir, peraltro tradotto molto bene, sono rimasto di stucco perché il bravo traduttore è inciampato in un dettaglio di balistica. Per un fucile da caccia a canna liscia, calibro 12 (o calibro 16, non ricordo più con precisione) ha scritto una cifra preceduta da un punto, come si fa quando si parla di un'arma a canna rigata (un .42, un .22). E' un errore. Ho fatto lo stesso, e anche di peggio, nel 1971, in un romanzo che avevo scritto, ma resta un errore. Per spiegarmi, dedicherò un intero paragrafo alla balistica, chi pensa di annoiarsi può passare subito al paragrafo seguente, ma credo che una spiegazione possa tornare utile anche ai lettori di noir, sicuramente ai traduttori, e forse a qualche autore. Ci sono tre sistemi per misurare i calibri. Il sistema metrico si applica, con l'eccezione dei paesi anglofoni, alle armi a canna rigata (le armi moderne che sparano pallottole hanno una canna rigata per guidare il proiettile). Si dice e si scrive un calibro 9mm, 7,65mm, 11,43mm eccetera. Spesso si abbrevia in 7,65 o 11,43, ma non si dice né si scrive "un 9", risulterebbe oscuro, si dice un 9mm. Nei paesi anglofoni, il calibro delle armi rigate è espresso in decimali di pollice preceduti da un punto. Un calibro di quarantacinque centesimi di pollice si scrive .45, lo stesso vale nel caso di .22 o .32 o .38 eccetera. Se non siamo puristi, siamo autorizzati a non mettere il punto davanti al numero. Ma la grafia purista, con il punto davanti, possiede una certa forza espressiva, ha l'aria estremamente tecnica, dà al lettore la gradevole impressione che lo scrittore sappia di cosa parla, il che non è sempre vero. Vi faccio notare che un calibro .380 non è affatto più grosso di un .38, perché si tratta di decimali; i due calibri sono in teoria assolutamente uguali. Allo stesso modo, un .455 differisce pochissimo da un .45. Sto parlando dei calibri. Le munizioni sono un'altra cosa. Per esempio, .380 ACP significa .380 Automatico Colt Pistol, ossia una munizione precisa, con una propria lunghezza e potenza, che potete sparare con armi differenti (compresa la Beretta 9mm, modello 1934), ma non con altre armi calibro .38 (altrimenti ci rimettete l'avanbraccio). La celebre Parabellum è solo una delle due pistole che sparano la cartuccia 9mm Parabellum della Luger, e il nomignolo indica la Luger P 08 rivestita a 9mm, ma la munizione può essere sparata, per esempio, anche dalla non meno celebre Walther P38.
Fra parentesi, ricordo che una volta un traduttore, peraltro decente, ha affibbiato agli sbirri dell'87° distretto di Ed McBain la P 38. Il Nostro aveva letto ".38", conosceva la P 38 perchè è un'arma famosa e ha freddamente equipaggiato Carella e colleghi di pistole automatiche tedesche (semiautomatiche!, strillano i puristi in fondo all'aula). E' chiaro che McBain aveva in mente i solidi e banali revolver della polizia calibro .38. Quanto alle denominazioni P 08 e P38 (senza contare la miserevole P 35, di cui dotai una volta uno dei miei personaggi), indicano la data di fabbricazione dei modelli: la Luger è una pistola del 1908, quindi è una P 08. E così via.
Quanto al terzo sistema per misurare i calibri, è stranissimo. Riguarda le armi a canna liscia e risale al tempo in cui queste armi sparavano pallottole (adesso sparano pallini di piombo). Si ritiene che indichi quante pallottole di questo calibro vi vogliono per fare una libbra. Il calibro 12 e il calibro 16 (i soli che siano diffusi per i fucili da caccia) hanno quindi, in teoria, dimensioni tali che se le pallottole di piombo avessero quel diametro, ce ne vorrebbero rispettivamente dodici o sedici per fare una libbra. Notate che, di conseguenza, il calibro 12 è più grosso del calibro 16. E di certo non si mettono i punti davanti ai numeri 12 e 16. Se non si è ignoranti, come lo ero io nel 1971, non si immagina che un calibro 12 sia più piccolo di un .22. Né che un omicida, come ho letto su un giornale, ha commesso il proprio delitto con un'arma di 38mm. Ma non voglio che vi perdiate.
Visto che ci siamo, bivacchiamo ancora un altro po' in armeria. Oso sperare che forse sarò utile ai lettori, a qualche collega traduttore e anche a uno o due autori (penso a un giovanotto che l'anno scorso aveva fatto brandire "un 45 di calibro 11,45", che è come dire una libbra di cinquecento grammi). Ricordiamo, ma rapidamente, che un revolver una pistola automatica non sono la stessa cosa (semiautomatica!, strillano di nuovo i puristi). Il revolver è l'arma a tamburo che si vede nei film western. Non s'inceppa. Non getta i bossoli. Non dispiaccia ai trovarobe di cinema e televisione – per esempio a quelli di Contratto per uccidere di Don Siegel – ma un riduttore di suono (un silenziatore) non serve a niente su un revolver, perché c'è uno spazio tra il tamburo e il corpo dell'arma: il rumore esce da lì (anche James Ellroy ha commesso questo errore, ma non ricordo dove).
La pistola a ripetizione semiautomatica (ah!, finalmente, sbottano i puristi) è l'arma senza tamburo. Il caricatore è nell'impugnatura (le armi tascabili non hanno calcio. Se picchiate qualcuno con il calcio della pistola, è un errore grammaticale, ma è tollerabile: la cosa migliore è picchiare con la canna, perchè "Lo stordii con un colpo d'impugnatura" suona in effetti un po' strano). Dopo aver caricato il primo colpo, ogni sparo espelle il bossolo, fa salire una nuova cartuccia nella camera d'esplosione e riarma il cane, basta premere di nuovo. Il titolo di Albert Simonin Une balle dans le canon (più espressivo e meno enigmatico che une balle dans la chambre) fa venire in mente una pistola armata. La pistola può accogliere un silenziatore. Può incepparsi, in particolare se il bossolo non viene espulso.
La semplicità e la robustezza del revolver sono i suoi punti di forza. La pistola ha dalla sua la superiore capacità del caricatore (alcune armi recenti sparano 17 colpi, e anche di più) e la maggiore velocità di tiro.
Nella storia delle armi è stato fatto anche il tentativo di mettere a punto una pistola a ripetizione interamente automatica, che si riarmi e faccia fuoco incessantemente finché si tiene il dito sul grilletto (la coda del grilletto!, rettificano i puristi, la voce inizia ad arrochirsi. Cosa sarebbe successo se avessi parlato di "cane"!). Per le armi tascabili il risultato non è stato soddisfacente, per via del rinculo. Sparare una raffica con una pistola lunga venticinque centimetri vi permetterà al massimo di ferire mortalmente il lampadario. Si è cercato di rettificare il tiro (è la parola giusta) dotando la pistola interamente automatica di prolunghe pieghevoli (calcio, impugnatura). Ma ci si è avvicinati alla pistola mitragliatrice, volgarmente detta mitraglietta, che analizzeremo un'altra volta se ne avremo davvero bisogno. Prima di concludere, bisogna considerare, in maniera sommaria, la differenza tra un fucile e una carabina, perché anche in questo caso i traduttori (e non solo) le sparano grosse. Ne ho conosciuto uno (traduttore, s'intende) che aveva impunemente smontato la parola buckshot, che significa pallettoni e nient'altro, e, a partire da buck (capriolo) e shot (pallini di piombo, sorsata, sparo eccetera), aveva trionfalmente sventolata "un colpo di carabina da capriolo". Non so dove avesse preso la carabina. Senza dubbio nella stessa rastrelliera dove brucava il capriolo.
Bene. Fusil indica in francese due cose, per le quali l'inglese utilizza due termini: rifle e shotgun. Il primo è un fucile a canna rigata che spara pallottole. Il corrispondente francese corretto è fusil de guerre. La seconda accezione (shotgun) è il fucile a canna liscia che spara pallini di piombo ed è solitamente un fucile da caccia, benché possa essere anche un'arma per il mantenimento dell'ordine, per esempio un fucile antisommossa (riotgun).
Da alcuni si è diffuso la nozione di "fucile d'assalto". Corrisponde semplicemente a fucili da guerra con notevole potenza di fuoco come il kalashnikov, l'M16 americano, il Famas francese e altri aggeggi delicati.
Quanto alla carabina, se mi permette di schematizzare un po' (mai e poi mai!, tuonano i puristi), è un fucile rigato alleggerito. Guardate i film di guerra americani degli anni Quaranta e Cinquanta. Vedrete la truppa portare in spalla il pesante e potente fucile garand, mentre John Wayne o Errol Flynn hanno una graziosa arma leggera: è la carabina M1, non c'è un solo film in cui sia assente. Prima della M1, si chiamano carabine le armi a canna lunga e rigata facilmente trasportabili, per esempio da uomo a cavallo, di nuovo John Wayne o forse James Stewart. Dubito che qualcuno di voi sia cresciuto senza aver visto aver visto sullo schermo un Winchester. Spara pallottole. Nel mondo di cui ci parla il noir, avremo fatto un grande passo avanti quando non confonderemo più le armi a canna lunga che sparano pallottole con le armi a canna lunga e liscia che sparano pallini di piombo, ossia le carabine e i fucili da caccia.
La prossima volta studieremo le concrezioni di ossido di ferro nelle falesie calcaree diclasiate.

Jean-Patrick Manchette

martedì 9 novembre 2010

Odio

ScanGCe

Era il marzo del 1937, quando a Guadalajara ebbe inizio quella che, a ben vedere, fu la prima battaglia di un'altra guerra civile che di lì a poco più di un lustro avrebbe avuto inizio ufficiale in territorio italiano. Era un conto quasi privato quello che c'era da regolare fra gli uomini delle brigate internazionali e le truppe di Mussolini che affiancavano i franchisti. Per ben quindici giorni, i miliziani si scontrarono con le truppe ben armate e ben equipaggiate, meccanizzate e motorizzate, di fascisti e franchisti. Gli scontri, anche all'arma bianca, si risolsero in una completa disfatta e con l'abbandono, da parte dei fascisti italiani, di mezzi, armi e munizioni. La foto mostra una lunga teoria di motociclette italiane. Per qualche motivo, i fascisti ritenevano che si scappasse meglio a piedi!

lunedì 8 novembre 2010

Luci e Ombre

columnafantasma

L'intento doveva essere - credo - quello di sembrare dei ... bolscevichi! E, in effetti, avevano un'aria a metà fra cosacchi e bolscevichi, anche un po' ... turchi, a dire il vero. A conti fatti, però, si dimostrarono sostanzialmente una burla. La sedicente "Columna Fantasma", comandata da uno dei capi della Guardia Civil, Manuel Uribarri Baturell, era ben equipaggiata e ben armata, ma si dimostrò un totale fallimento dal punto di vista del combattimento. L'aria fiera, tutta tesa ad incutere timore, che tanto successo aveva avuto nelle retroguardie, servì a ben poco nella battaglia di Guadalupe, dove Urribarri e i suoi uomini presero una bella batosta, e questo nonostante fossero superiori in numero e in armamento.

venerdì 5 novembre 2010

Sciopero

cleveland

Cleveland, Ohio, Stati Uniti d'America, 1954 - Una linea di picchetto di tremila uomini, membri del CIO, "United Auto Workers", ha impedito ai crumiri di entrare in fabbrica. Arriva la polizia a cavallo. Uno scioperante, finito fra gli zoccoli dei cavalli della polizia, cerca di proteggersi come può.

giovedì 4 novembre 2010

Nemici 2

Albero y Segovia. AGA-54176

Ha tutta l'aria di essere una scatola di sardine, quella cui la Guardia Civile attinge per sfamarsi, l'espressione soddisfatta, quasi felice, e lo sguardo ancora incredulo per lo strano convitto. Siamo da qualche parte sulla Sierra, nei pressi di Madrid, sempre nel luglio del 1936. La Guardia Civile ha difeso il villaggio dai franchisti, ha aiutato a difenderlo. E ora riscuote la sua lealtà. L'immagine appare strana e inquietante, eppure essenziale.
E' il proletario senza divisa quello che ha vinto, questa volta. L'uomo in uniforme rimane estraneo a questa vittoria, non riesce ad afferrarne la solennità, a parteciparne. E' abituato a stare dalla parte dei vincitori, e starà con i vincitori finché vinceranno; si accorge solo che questi vincitori sono differenti. Basta guardare come beve il vino, l'uomo con il basco, una mano sempre sul fucile: come se fosse la cosa più importante, come se fosse la cosa più naturale, il vino e il fucile.

mercoledì 3 novembre 2010

Nemici

AGA 53950

Nella foto, una miliziana mentre lega uno straccio rosso al braccio di una guardia civile in uniforme. Siamo all'inizio, sono le giornate del luglio 1936, e lo straccio serve a segnalare ad eventuali tiratori scelti che la guardia civile in questione ha combattuto, e combatte, contro i franchisti. Così i nemici giurati, inconciliabili da sempre, adesso diventano compagni di trincea contro il golpe fascista. Ma nessuno sembra fidarsi degli altri. C'è qualcosa di strano e di inquietante negli occhi, di ciascuno. Non sembra una riconciliazione destinata a durare!
E mentre scrivo questa breve nota, a commento di un'immagine così insolita ed efficace, mi ritrovo a leggere, segnalatomi dal "reader", che oggi 3 novembre 2010, da qualche parte in Spagna ... "Una veintena de oficiales de la Guardia Civil han impedido que un centenar de personas acudieran a una misa programada en el templo en honor a los caídos durante la Guerra Civil española." ( http://www.20minutos.es/noticia/862195/0/misa/valle/caidos/ )

martedì 2 novembre 2010

Pentimento

laurelhardy

"vorremmo dire ad ogni persona che ci prenderemo cura di lei", questa - a quanto pare - è stata la minaccia, in puro stile "battiatesco", che Niki Vendola avrebbe rivolto a tutti, senza eccezione alcuna. C'è di che inquietarsi, se non di che rabbrividire! Sono tempi curiosi assai, questi in cui  soltanto il "meno peggio" è auspicabile e da perseguire. E si fa a gara a chi propone il peggior meno  peggio: ché peggio è e più, a loro avviso, diventa realizzabile! Alchimie fatte di niente, dove lo “spacciatore” ideale ha da rivestire un ruolo ... amministrativo, e dove l'amministratore di condominio primeggia - chessoio - sul fabbro. Gli è che questi parlano sempre "da sindaco", "da governatore", e parlano senza mai dire niente se non la propria miseria del proprio "possibile". Fotocopie di niente.
Uno dice, dovresti essere contento - tu che ti opponi - che il governo non governi e che non vari misure cui - per definizione di oppositore - ti dovresti opporre. E invece niente, giù a lamentarsi, come se il capitalismo fosse un modo di gestione, e non già di produzione, per cui tutto si fermerebbe - pensano loro - se il padrone restasse a casa malato, o se il direttore fosse scappato con l'amante. Ma adesso pensano, sono convinti,  che oramai è fatta. Vanno al governo. Hanno fatto tutto e di tutto per riuscirci - sostengono. Sono anche cattolici! Ma non hanno capito - diversamente da mio padre, che era fabbro e non amministratore - che se sei cattolico sei a posto. Puoi fare le peggiori porcate - diceva - poi vai in chiesa ti confessi ti batti il petto e torni come nuovo. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, sei pulito e sei pronto per rifarle tutte, le porcate. Mica come me – concludeva mestamente - che se mai dovessi agire male mi toccherebbe viverci per tutta la vita!

venerdì 29 ottobre 2010

Dei che si comportano male

fmg06

Ci aveva già provato (e ci era anche riuscito!), a livello alto, Heinrich Heine con i suoi "Dei in esilio". Le divinità dell'Olimpo in fuga e travestiti - quei pochi sopravvissuti - a cercare di sbarcare il lunario, al riparo dall'inumanità dei vari monoteismi. Fino allo strazio di uno Zeus, riparato su un'isola (e dove sennò?), l'isola dei conigli, solo, unica compagnia una capra dal nome consueto. Ed ora, forse più vicino al fumetto di Eddie Campbell, "Bacchus", la cui saga, cominciata in coppia con Alan Moore ne "L'immortalità non è per sempre", ancora continua. Dicevo, più commedia che tragedia alla Heine, di questo libro scritto da una libraia inglese di trent'anni. "Gods Behaving Badly", tradotto come "Per amore di un dio", a firma Marie Phillips, racconta di un pugno di divinità greche e della loro vita nella Londra contemporanea. E di come, alla fine, metteranno ancora una volta il mondo sottosopra. Sembra che ci faranno un film, o qualcosa del genere. Vale bene una lettura!

"Una mattina, mentre portava a passeggio i cani, Artemide vide un albero dove non avrebbe dovuto esserci.
L’albero se ne stava solo soletto in un punto riparato del pendio. A un occhio non allenato, a chi non passava spesso di lì, probabilmente sarebbe sembrato un albero normalissimo. Ma l’occhio di Artemide era tutt’altro che non allenato e lei andava a correre in quella zona di Hampstead Heath ogni giorno. L’albero era un nuovo arrivato: il giorno prima non c’era. E le bastò uno sguardo per notare che si trattava pure di una specie sconosciuta, un tipo di eucalipto che fino al giorno prima non si era mai visto. Era un albero, insomma, che non avrebbe proprio dovuto esistere.
Trascinandosi dietro i bastardi, Artemide si avvicinò all’albero. Ne toccò la corteccia e sentì che respirava. Posò l’orecchio sul tronco e ascoltò il battito del cuore. Poi si guardò attorno. Bene: era presto e non c’era nessuno a portata d’orecchi. Ricordò a se stessa di non arrabbiarsi con l’albero perché non era colpa dell’albero. A quel punto parlò.
"Ciao" disse.
Ci fu un lungo silenzio.
"Ciao" ripeté Artemide.
"Stai parlando con me?" chiese l'albero. Aveva un leggero accento australiano.
"Sì" rispose Artemide. "Sono Artemide." Se l'albero la riconobbe, non lo diede a vedere. Perciò Artemide aggiunse "Sono la dea della caccia e della castità".
Ancora silenzio. Poi l'albero disse: "Io sono Kate. Lavoro alla Goldman Sachs, fusioni e acquisizioni".

Gods cover

PER L'AMOR DI UN DIO
Autore: Marie Phillips
Traduzione di Elisa Banfi
Pagg. 294 € 9.50
Guanda Collana: le fenici tascabili