Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
mercoledì 25 giugno 2008
Succede
Un film, a volte, andrebbe guardato così come si legge un libro. Sfogliando le pagine, e tornando indietro a rileggere un dettaglio, a cercare un particolare che non si era ben fissato nella memoria. E poi andando di nuovo avanti. Inseguendo la trama. E la trama di "... e venne il giorno" ("The Happening") di M. Night Shyamalan comincia a muoversi fra le nuvole dei titoli iniziali, poi si sposta fra le panchine del Central Park e finisce sotto gli alberi degli Champs Elisées, tutto mettendo in comunicazione fra loro, così come realmente avviene, a dirci che non c'è, non ci sarà più, più un margine da oltrepassare, un posto dove rifugiarsi. Al sicuro.
Comincia un po' come "The Cell" di Stephen King, ma poi se ne va da un'altra parte, girando in tondo. E la salvezza, come nei versi di Holderlin, può essere solo proprio lì dove maggiore è il pericolo. L'unico modo per sconfiggere la morte consiste nello smettere di averne paura. Semplicemente. La casa, come in ogni film horror che si rispetti, è il luogo dell'orrore. Tale si rivela sempre, alla fine. E' come la morte, congela il tempo e lo costringe a scorrere in una spirale continua. Tutto precipita, nello spazio di pochissimo tempo, e non ci si salva insieme agli altri, ma non ci si salva nemmeno da soli. La morte si vince solo scegliendo e accettando di morire. Venendo fuori, dritti, in piedi contro il vento. Quasi tutta la retorica (buona?) del romanticismo. Morire per rinascere, come l'eroe dai mille volti.
"Perché nessuno vuole darmi un attimo per concentrarmi?" - urla Wahlberg ad un certo punto, in un certo spazio dove non c'è più dove andare. La comunità si consuma, si disgrega, da sola. Cerca di ridursi al minimo per interferire il meno possibile, per non interferire più. Ma non è possibile. Bisogna tornare indietro, smettere di scappare. Tornare a comunicare, alla comunicazione elementare. Dopo tutti i dialoghi da teatro dell'assurdo che scandiscono tutta la pellicola.
Non c'è più "campo", nel film, né in senso cinematografico né in senso telematico!
E il tempo, è il tempo, questo nostro tempo dove la morte sembra essere l'unica forma di vita.
Solo una dichiarazione di vita, di amore supremo, può sconfiggerla.
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