"Il grande imbroglio", è la traduzione del titolo originale ("The Big Fix") di "Moses Wine Detective". Piccolo grande film, quasi misconosciuto, che si opponeva, a modo suo e a partire dal titolo, a quel "Il Grande Freddo" (The Big Chill) che da subito risultava troppo algido (per l'appunto!), e "costruito" come macchina per far soldi sul cadavere (che non si vede mai) di Kevin Costner.
Richard Dreyfuss si muove perfettamente a suo agio nei panni di un ex-sovversivo americano, mai pentito, finito per qualche strano scherzo del destino a fare l'investigatore privato. Sarà proprio il suo passato a strapparlo ad un destino di indagini su tradimenti e corna e lo costringerà a guardare negli occhi una realtà che non è quella che si vorrebbe essersi ... realizzata!
Il "situazionismo" fa capolino nella pellicola. Uno dei leader della rivolta studentesca, entrato in clandestinità e ricercato dall'FBI, è diventato ricco e lavora, sotto falsa identità, come dirigente di una delle maggiori società pubblicitarie americane. Era successo che, da latitante, vivacchiava lavorando nei bar. Consegnava panini e bibite negli uffici. Entrato in quest'ufficio, aveva visto i vari lavori appesi alla parete, i tentativi di creare degli slogan convincenti per vendere questo o quel prodotto. Qualcuno la aveva visto ridacchiare divertito dalla pochezza delle formule e gli aveva chiesto se lui sapeva fare di meglio. Sapeva farlo, ovviamente!
C'è una scena molto commovente che, a pare mio, vale da sola tutto il film. Il protagonista, per districarsi e cercare una traccia che possa condurlo alla verità, è costretto a visionare dei vecchi filmati in bianco e nero della rivolta di Berkley e, guardandoli, l'emozione cresce in lui, finché non riesce più a trattenere le lacrime. No, non era uno dei leader della rivolta il "piccolo" Richard Dreyfuss, ma in quella scena, in un attimo, entra nella schiera dei "grandi".
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