Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
lunedì 2 luglio 2007
un finale diverso!
Tempo fa - era il Dicembre 2000 - mi capitò di leggere sul sito di "Repubblica" un pezzo di Gabriele Romagnoli. Scritto nell'ambito della sua Rubrica, Navi in Bottiglia, parlava di un ex-cantautore e ... della fine che aveva fatto!
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Se scegli Sabrina
Il professor Fiorenzo Bandi è stato un cantautore fino a dieci anni fa. Di quelli arrabbiati. Ora insegna italiano alle magistrali. Alcune sue canzoni sono stati inni della rivolta studentesca: "Animali di vita" e, soprattutto, "Società malata". Con quel ritornello: "Società malata, guarisci o muori, sulla tua tomba non porterò fiori". Adesso passa un'ora intera a esaminare un canto del "Paradiso" cercando di attirare l'attenzione di allievi distratti. Come Sabrina Mariani, primo banco, lunghe gambe, scarpe senza tacco. Ha scelto lui di cambiare vita, di dire basta a un mondo in cui non si riconosceva più. Per restare avrebbe dovuto accettare compromessi, cantare magari di nuovi eroi cresciuti sulle ceneri della rivoluzione mancata. Un taglio netto e via, la chitarra nell'armadio, fuori i libri. È più contento così, più sereno. Di nuovo padrone di se stesso.
È arrivato a scuola tardi stamattina. Vede i manifesti sul portone. I bidelli e i professori agitati. Segue la corrente degli sguardi e arriva alla palestra. Ci sono almeno trecento studenti, radunati in assemblea, in un goffo tentativo di occupazione. Scandiscono nuovi slogan, sollevano nuovi problemi. Li guarda con un sorriso di nostalgia. Resta aggrappato allo stipite ad ascoltarli. Poi dal gruppo si alza una ragazza dalle gambe lunghe, scarpe senza tacco. Gli passa accanto. "Torno in classe, professore", dice "questi raccontano scemenze vecchie come il cucco". Il professor Bandi la segue con lo sguardo, poi anche con il corpo. È sulle scale, a pochi gradini da lei, quando dalla palestra si alza il coro:
"Società malata, guarisci o muori, sulla tua tomba non porterò fiori".
La canta fra sé fino alla cattedra. Poi apre la Divina Commedia.
di G. Romagnoli, dal sito della Repubblica
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Ora, la foto di Travis Bickle/Robert de Niro, messa qua sopra, ha un suo senso. Forse perché ritengo che in tutti ci possa essere un Travis Bickle che preme per uscire, ogni tanto. Oppure anche perché mi piace pensare a Travis Bickle come il personaggio di una canzone. Chissà ....
Forse come il "finale diverso" che mi è piaciuto immaginare.
Perché c'è sempre un finale diverso!
Bandolo Fiorenzi si svegliò presto, quella mattina. Ci si sveglia presto, la mattina, quando si è maturata la convinzione che è giunto il momento di mettere in atto un piano per troppo lungo tempo meditato.
Ripensò al fatto che avrebbe dovuto svegliarsi presto anche quella mattina, trent'anni prima, e mettere in atto la sua decisione; e invece aveva rinunciato alla sua scelta, con troppa eccessiva facilità. Era stato molto più comodo dare retta alle parole di sua madre, dettate dal buon senso! Continuare gli studi e rinunciare a cantare. E così, quasi senza accorgersene, aveva rinunciato a molte altre cose. Aveva rinunciato alle sue proprie parole, più che altro!
E alla sua generazione, ed alla sconfitta di quella generazione.
In cambio aveva ricevuto quella tranquillità che gli derivava da altre parole, non sue, che andava ripetendo, ogni mattina, ora dopo ora, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Parole senza forza. Ombre pallide e fantasmi inconsistenti delle parole che avrebbe messo, con rabbia, dentro le sue canzoni mai scritte.
Viveva da trent'anni con un piede piantato sulla sua propria gola!
Si era adeguato a quel mondo, esangue, ricevendone in cambio la tranquillità di una vita spesa senza mai alzare la voce.
Mentre le prime luci del giorno cominciavano a strisciare dentro la cucina, attraverso i vetri della finestra, accese il gas sotto la "moka", prudentemente riempita la sera prima.
Le piccole abitudini che scandivano la sua vita! Prepararsi il caffé, sedersi al tavolo della cucina con la tazza fumante davanti e gli appunti sparsi, a rimettere insieme la lezione da tenere a quelle persone di cui non aveva incontrato mai gli occhi.
Scacciare via l'idea, la certezza, che non aveva loro niente da dire. Niente da insegnare a quelle povere marionette con le loro facce usate dal buon senso.
Incapaci di giocarsi un qualsiasi sogno che non fosse un futuro di lavoro e di guadagno.
Infilò la mano nella borsa di cuoio, scansò la piccola risma di fogli e strinse l'impugnatura della P38! Un piccolo cambiamento nel programma didattico. Avrebbe tenuto una lezione non prevista, quel giorno; avvalendosi di uno strumento d'insegnamento inconsueto, sebbene non inedito.
Sentì il sorriso forzargli i muscoli della faccia, e se ne sorprese.
Piacevolmente.
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