giovedì 26 ottobre 2006

questioni fiscali



Conversazione con l'ispettore delle imposte intorno alla poesia
di VLADIMIR MAJAKOVSKIJ


Cittadino ispettore delle imposte! Scusate il disturbo
Grazie...non v'incomodate...starò in piedi
Ho per voi una questione di natura delicata:
sul posto del poeta nell'ordine operaio.
Fra quelli che posseggono botteghe e tenute
sono tassato anch'io e devo essere punito.
Esigete da me cinquecento al semestre
e venticinque per mancata dichiarazione.
Il mio lavoro è affine a qualunque lavoro.
Considerate quante perdite, che spese nella mia produzione
e quanto spreco di materiale.
V'è certamente noto il fatto della "rima".
Poniamo che un verso finisca con "papà".
Allora dopo un verso, ripetendo le sillabe,
metteremo un qualsiasi "trallaralla-là".
Parlando al modo vostro, la rima è una cambiale.
Da scontare dopo un verso! Ecco la regola.
E cerchi spiccioli di suffissi e flessioni
nella cassa che si vuota dei verbi e delle declinazioni.
Incominci a cacciare nel verso quella parola,
che non entra, e tu premi e spezzi.

Cittadino ispettore delle imposte, mi devi credere,
costano le parole al poeta.
Parlando al modo nostro, la rima è una botte.
Carica di dinamite. Il verso la miccia.
Bruciata tutta la riga, il verso esplode,
e una città salta in aria con la strofa.

Dove troverai, in quale tariffario,
le rime, che, puntate, accoppino d'un colpo?
Forse una cinquina di rime inconsuete
è rimasta soltanto nel Venezuela.
E ai freddi e alla calura mi trascinano.
Mi slancio, ingolfato in prestiti e anticipi.
Cittadino, nel conto aggiungete il biglietto!
La poesia - tutta! - è un viaggio nell'ignoto.

La poesia è l'estrazione del radio.
Per ogni grammo estratto, un anno di fatica.
Sprechi, per una sola parola,
migliaia di tonnellate di minerale verbale.
Ma com'è rovente il fuoco di queste parole
di fronte al tepore della parola grezza!
Queste parole mettono in movimento
migliaia d'anni, milioni di cuori.
S'intende che vi sono poeti di specie diverse.
Quanti di loro hanno la mano facile!
Estraggono un verso dalla bocca propria
e altrui, come giocolieri.
Che dire poi dei castrati lirici?!
Basta loro disporre un verso altrui.
Questo è comune furto e peculato,
fra i peculati di cui il paese è preda.
Queste poesie e queste odi che oggi
vengono singhiozzate tra gli applausi,
entreranno nella storia come spese accessorie
di ciò ch'è stato fatto da due o tre di noi.
Consumerai, come si dice, un quintale di sale
e fumo di cento e cento sigarette,
per estrarre una preziosa parola
dalle artesiane profondità dell'uomo.
E subito s'abbassa l'ammontare dell'imposta.

Togliete alla tassa la ruota d'uno zero!
Un rublo e novanta, cento sigarette,
un rublo e sessanta, il sale fino.
Nel vostro modulo c'è un mucchio di domande:
"Avete fatto viaggi? Oppure no?".
Ma come! Se io di Pegasi una decina
ne ho stracciati negli ultimi 15 anni?!
Mi chiedete - addentrandovi nella mia condizione -
se ho domestici e anche proprietà.
Ma come! Se io sono guida del popolo
e al tempo stesso suo servitore?
La classe parla con la nostra parola,
e noi, proletari, siamo i motori della penna.
La macchina dell'anima logori con gli anni.
Ti dicono: "In archivio, sei esaurito, ormai!".
Sempre meno si ama, sempre meno si ardisce,
e la mia fronte il tempo devasta di gran corsa.
Sopravviene il più tremendo degli ammortamenti,
l'ammortamento del cuore e dell'anima.
E quando questo sole, verro ingrassato,
si leverà su un futuro senza poveri né storpi,
io ormai marcirò dentro uno steccato,
accanto a una decina di miei colleghi.

Preparate il mio bilancio postumo!
Io affermo, e so di non mentire,
che sullo sfondo degli odierni affaristi e intriganti
io - solo! - avrò un debito insolvibile.
E' nostro debito ruggire come una sirena dalla gola di rame
nella nebbia dei filistei, nel ribollire delle bufere.
Il poeta è sempre un debitore dell'universo,
che paga sul dolore percentuali e ammende.

Io sono in debito coi lampioni di Broadway,
con voi, cieli di Bagdad,
con l'esercito rosso, coi ciliegi del Giappone,
con tutto ciò, su cui non ho avuto il tempo di scrivere.
Ma perchè, in genere, è questo il berretto che gli s'adatta?
Per prendere di mira con la rima e infuriare col ritmo?
La parola del poeta è la vostra resurrezione,
la vostra immortalità, cittadino contabile.
Dopo secoli in una cornice di carta
prendi il verso e volgi indietro il tempo!
E sorgerà questo giorno insieme agli ispettori delle imposte,
con lo splendore dei prodigi e il lezzo degli inchiostri.
Cittadino convinto dei giorni nostri,
procuratevi all'Enkapees un biglietto per l'immortalità
e, calcolata l'azione dei versi, ripartite
il mio guadagno per trecento anni.

Ma la forza del poeta non è solo nel fatto
che, ricordandolo, i posteri avranno il singhiozzo.
No! Anche oggi la rima del poeta
è carezza e parola d'ordine e baionetta e frusta.
Cittadino ispettore delle imposte, cinque pagherò,
raschiando tutti gli zeri dal totale!
A buon diritto esigo d'esser posto
fra le file dei più poveri contadini e operai.

Ma se a voi pare che tutto consista
nel servirsi di parole altrui,
eccovi allora, compagni, la mia stilografica,
ché scrivere potete voi stessi!


- VLADIMIR MAJAKOVSKIJ -

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