mercoledì 11 ottobre 2006

Film di un impiegato



"Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra
persone, mediato da immagini".
Guy Debord - La società dello Spettacolo - Parigi 1967


Il cinema è quanto di più adatto ci sia, a mio avviso, per una storia di bombe...e di sogni! Il cinema, con i suoi venticinque fotogrammi al secondo, è in grado di far saltare per aria questo nostro vecchio mondo, con la forza devastante della dinamite, con l'enorme calore del plastico, come nel finale di "Zabriskie Point".
Le miccie corte di Sean Mallory e i camions carichi di nitroglicerina di "Vite Vendute"; quelle di Clouzot, e quelle di Friedkin! Negli occhi e nella mente "il Rivoluzionario" John Voight che va all'appuntamento con sé stesso, stringendo spasmodicamente nelle mani una bomba, magari datagli in consegna dal David Carradine di "America 1929, sterminateli senza pietà!", o, ancora più indietro, dallo Sean Connery "Cospiratore" dei Molly Maguires.
Quanta strada, e quante bombe, per arrivare al sogno. Il sogno di quei ragazzi chiusi in una palestra, a battere con le mani, ritmicamente, sull'impiantito, "give peace a chance"; mentre le fragole si colorano di sangue, e niente sarà più come prima!
L'impossibilità di essere normali!


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Cominciamo dalla fine. Cominciamo dal carcere e, per tornare indietro, sfruttiamo la tecnica del flashback. Per i sogni, eventuali, non c'è problema. I sogni sono il pane del cinema!
Un lungo piano sequenza all'interno di un carcere. Un carcere senza secondini. Ovunque tracce di una rivolta. Brande capovolte, materassi sventrati. Le porte delle celle sono tutte spalancate. Un uomo è seduto al tavolo nella sua cella. Sta scrivendo. E fuma. Il fumo della sigaretta si mischia al fumo degli incendi, che vanno via via spegnendosi. Lentamente. Dietro le sbarre della finestra, la luce del giorno è grigia.

"Cosa facciamo, ora?" - un ragazzo è entrato, precedendo di poco la domanda. L'uomo distoglie la sua attenzione, dal foglio di carta che gli sta davanti, per rivolgerla al giovane. Posa la penna, si toglie gli occhiali e, stropicciandosi la radice del naso fra il pollice e l'indice, conclude - "non lo so!" "Non l'ho saputo mai" - aggiunge. "Non guardarmi come se fossi un dio in terra. E' passato un bel po' di tempo da quando ho sentito, per la prima volta, quella canzone. Era una canzone che parlava di cuccioli, cuccioli come te e come quelli che erano con te in quella scuola a Genova! Ero già vecchio allora. Figuriamoci adesso! No. Non so cosa fare. Non lo sapevo prima e non lo so ora". "Ma come?" - obietta il ragazzo -"Me l'hanno raccontato quello che hai fatto!" "Ah sì?" - domanda l'uomo, con ironia.
Improvvisamente, si sentono delle esplosioni, in lontananza. Fuori dalla cella si sente gridare. Urla, imprecazioni. Ancora colpi. Si comincia a sentire un odore acre di fumo. Ma non si tratta di tabacco, e neppure del crine bruciato dei materassi. Lacrimogeni! Da dentro il carcere, una voce comincia a cantare. Poi un'altra, e un'altra ancora.

"Anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio .............................................................."

Dissolvenza.

Il colore dell'interno della cella sfuma nel grigio del selciato di una strada. Una qualsiasi strada di una qualsiasi città. Le macchine parcheggiate si riconoscono chiaramente. Cinquecento, seicento, millecento. Qualche 850! Le targhe sono illeggibili a causa del fumo che impregna l'aria, impenetrabile anche alla luce dei lampioni. "La barricata chiude la strada ma apre la via", legifera una scritta su un muro! Un gruppo di ragazzi, metodicamente, comincia a prendere le automobili parcheggiate e a spostarle in modo da ostruire la strada. Un, due e tre. Afferrano tutti insieme i paraurti delle "fiat", le scuotono e, al "tre", le fanno ruotare. Via via che retrocedono, le automobili vengono date alle fiamme, per cercare di rallentare l'avanzata dello schieramento vestito in grigioverde. Un ragazzo armeggia, con un attrezzo, sul selciato. Sudato e ansimante, alla fine, si alza in piedi col suo trofeo: un sampietrino! Subito gli altri, sfruttando la chiave di volta, cominciano a divellere il fondo stradale. I sampietrini vengono ammucchiati agli angoli della strada.
Il ragazzo di prima, con pochi passi decisi, si stacca dal gruppo, verso lo schieramento in grigioverde che avanza, e scaglia il sampietrino. Nel farlo, gli scivola giù il fazzoletto che gli copriva la faccia: il viso è lo stesso del ragazzo che, in carcere, è entrato nella cella dell'uomo!
L'inquadratura fa una carrellata sulla strada. Si vede un poliziotto, col casco fracassato, per terra. Altri poliziotti lo soccorrono! Poi l'inquadratura torna sui dimostranti che esultano. Esultano e cantano!

"Anche se il nostro maggio ha fatto a meno del vostro coraggio
.............................................................."

L'inquadratura si sposta ancora, fino ad un portone. Sale, scorrendo, una ad una, tutte le finestre del palazzo. Le luci sono spente in tutti gli appartamenti. In tutti tranne uno! Nella stanza un uomo. Seduto al suo tavolo. Si alza. Va alla finestra. Torna a sedere. Si alza ancora. Torna a sedere. La luce della lampada gli illumina il viso: la faccia è la stessa dell'uomo in cella, solo più giovane!

(continua....oppure no)

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