martedì 11 giugno 2013

complotto

conspiracy

Il contesto in cui compare il cospirazionismo ci rivela la sua essenza e la sua ragion d'essere, il suo scopo. Nel 1798, l'abate Augustin Barruel denuncia un complotto anti-cristiano ad opera del movimento rivoluzionario francese. E' la prima forma della teoria del complotto, ed emerge proprio quando e laddove si dà inizio a quella dinamica per cui il complotto, in senso tradizionale, diviene impossibile. In quella fine del secolo, sul piano politico trionfa l'universalismo formale a favore di un nuova struttura giuridica socio-economica che si fonda sull'astrazione del valore, sulla spersonalizzazione del mercato e su una neutralità assiologica, in opposizione alla precedente personalizzazione concreta, e teologicamente orientata, in atto nei rapporti feudali. Allorché la politica sostiene una sorta di opacità inedita, inerente ai rapporti di classe, in cui i dominanti sono essi stessi dominati da delle vuote astrazioni sulle quali non esercitano alcun controllo, ed essa politica non ha quindi alcuna influenza reale sulla società che dovrebbe disciplinare; è in questo contesto che paradossalmente hanno luogo i primi tentativi di spiegare il sociale, facendo leva su una presunta onnipotenza iper-cosciente dietro la quale si muove una minoranza ben identificata. Tale contraddizione apparente chiarisce perfettamente la funzione del cospirazionismo, che è un modo propriamente moderno di considerare l'umanità: esso tende a reimmettere la soggettività, la responsabilità, la personalità; tende a reimmettere un progetto laddove tale progetto manca sempre più.
Il cospirazionismo compare proprio nel momento in cui il potere si disumanizza. L'abate Barruel, incapace di riconoscere le premesse di una de-soggettivizzazione del potere, deve affermare con forza, ed in un modo perfino caricaturale, come una volontà umana, all'occorrenza anti-cristiana, sia al lavoro dentro il movimento rivoluzionario francese; cosa che gli permette di spiegare la totalità degli sconvolgimenti in atto. (...) Così, tutte le teorie del complotto che hanno continuato a fiorire fino ai nostri giorni sono portatrici della medesima illusione (e l'illusione ha sempre a che fare col desiderio). Come la teoria anti-semita del complotto che, inizialmente, voleva denunciare l'impurità del capitale finanziario, il quale, in quanto tale, è una categoria astratta risultante dalla logica impersonale del capitale. Ma non si limita a denunciare un semplice meccanismo impersonale. Associa, invece, la speculazione finanziaria ad una qualche immaginaria volontà di potenza (in realtà, la valorizzazione del denaro conferisce qualche potere alla comunità astratta del valore; non certo, alla comunità umana reale), e si basa su delle discutibili stime statistiche (i grandi banchieri sarebbero per lo più ebrei; questo a partire dalla loro marginalizzazione, in quanto il lavoro del denaro sarebbe tradizionalmente empio), per arrivare ad una sorta di "essensializzazione" del "tipo ebreo", determinandone una psicologia, una morale ed un progetto di dominio assai preciso. Si parte da un puro automatismo disumanizzato (il capitale finanziario), affermandone il carattere antistorico e la sua estraneità rispetto a qualsiasi cultura, per arrivare ad una comunità storica, le cui intenzioni sarebbero consapevoli, legata ad una cultura, anzi ad una "razza" (nel peggiore dei casi), dai tratti marcati e riconoscibili.

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