Negli anni 1881 - 1882, Marx intraprese degli ampi studi storici che coprivano gran parte di quella che era allora nota col nome di "storia mondiale". I quattro grossi quaderni in cui erano riportati estratti dalle opere (principalmente) di due storici di punta di quel tempo, Schlosser e Botta, sono rimasti quasi del tutto inediti. Qui si cerca di contestualizzare quelli che sono gli ultimi studi di Marx relativamente al corso della storia mondiale, rispetto agli studi storici precedenti, ma incompiuti, riguardo la critica dell'economia politica.
Sia la portata che lo scopo di queste sue note sono sorprendentemente ampie, e vanno ben al di là della storia europea, coprendo in realtà molte altre parti del mondo. L'interpretazione che ne viene qui data si basa sull'attenzione espressa dallo stesso Marx: l'autore del "Capitale" era affascinato dal lungo processo di costruzione degli Stati moderni e del sistema statale europeo, uno dei prerequisiti fondamentali dell'ascesa del capitalismo moderno in Europa.
- Michael R. Krätke - (2018) Department of Sociology, Bowland North, Lancaster University, Lancaster, UK LA1 4YN -
Marx e la Storia Mondiale
- di Michael R. Krätke -
«Tutta la storia dev'essere studiata nuovamente!» (Lettera di Engels a Conrad Schmidt, 5 Agosto 1890)
Marx viene considerato il (co-)fondatore della cosiddetta "concezione materialista della storia"; ma egli non ha mai usato il termine «materialismo storico». È impossibile delineare una simile "teoria della storia" - o, per essere più precisi, una teoria del "processo storico mondiale" - senza uno studio dettagliato della storia, senza una conoscenza precisa dell'immensa, caotica massa dei "fatti", dei documenti, di ogni genere di materiali perduti e poi riscoperti, delle tradizioni, dei testi (e quindi che sono già delle interpretazioni) della storia scritta.
Per le scienze sociali, l'intera storia dell'umanità è oggetto - ed è allo stesso tempo soggetto. Quindi, ogni scienza sociale è scienza "storica e sociale". Nel manoscritto frammentario de "L'Ideologia Tedesca", si afferma, brevemente, in maniera programmatica (ed ambigua) quanto segue: «Noi conosciamo solo un'unica scienza, la scienza della storia». Né Marx, né Engels «si sono mai allontanati [...] in sostanza» [Alfred Schmidt, Geschichte und Struktur. Fragen einer marxistischen Historik, (München 1971)], da questa loro prima posizione.
Nuovamente, nel 1880, Marx formulò quella che era la sua intenzione teorica: voleva «preparare la strada al socialismo critico e materialista, che è il solo a poter rendere comprensibile il reale sviluppo storico della produzione sociale». Marx non si è mai allontanato da quest'idea. Il suo obiettivo era, ed era sempre rimasto, quello di dare al movimento socialista una solida base sociale-scientifica, piuttosto che una filosofia politica.
Poco tempo dopo, durante il periodo 1881-1882, Marx ha riempito quattro quaderni pieni di estratti a proposito del corso della storia mondiale. Si tratta di quattro quaderni, in formato A5, rilegati e con delle copertine in tela nera, le cui pagine sono segnate da strette linee blu. Engels ha provveduto a fornire loro dei titoli scritti a mano sopra delle etichette rettangolari.
Conservati nel Marx-Engels-Nachlass dell'Amsterdam International Institute of Social History, i quattro quaderni sono nella grafia di Marx (scritti con una penna d'oca appuntita [Feder] e quindi relativamente leggibili). Gli estratti ed i commenti occasionali sono caratteristici del modo di lavorare di Marx. Scritti facendo uso di una miscela di lingue, i quaderni consistono prevalentemente di tedesco mischiato all'inglese, di latino, italiano, francese, spagnolo, e perfino di un po' di russo. La maggior parte degli estratti e delle note rimangono inediti, ma sono stati destinati a comparire nella IV sezione del Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA 2) (Volume IV/29).
Gli estratti riguardano le opere di due storici contemporanei: la "Storia dei popoli d'Italia" di Carlo Giuseppe Guglielmo Botta, pubblicato a Parigi in tre volumi nel 1825, e "Weltgeschichte für das deutsche Volk" di Friedrich Christoph Schlosser, inizialmente pubblicato il sei volumi, e infine in 18 volumi fra il 1844 ed il 1857 a Francoforte sul Meno. Il primo quaderno contiene estratti dal libro di Botta, gli altre quaderni contengono estratti dall'opera di Schlosser. Autore di grande successo, fra gli storici tedeschi, Schlosser insegnò dal 1817 all'Università di Heidelberg. Con il suo libro diede inizio al suo ambizioso tentativo di ottenere una panoramica completa di tutti i fatti storici noti. La versione in diciotto volumi della sua storia del mondo, disponibile fino a poco tempo dopo la Prima Guerra mondiale, ebbe un totale di ventisette edizioni ed era stata redatta, per la più parte, dal suo studente Georg Ludwig Kriegk.
Negli anni '50, Wolfgang Harich creò un'antologia di testi classici sulla storia tedesca - Marx, Engels, Lenin, e Stalin erano i classici. Il quarto volume dell'edizione di Harich contiene delle pagine scelte dagli estratti di Schlosser di Marx, soprattutto tratti dal quarto quaderno che si concentrava sulla "Storia Tedesca". Queste pagine scelte, che a volte contenevano meno di un sesto dell'originale, riguardavano eventi e personaggi della storia tedesca del XVI e della prima metà del XVII secolo. Riguardavano la politica e le lotte di potere, l'ascesa e la caduta di sovrani più e meno importanti, così come atti politici maggiori o minori.
Marx ripercorre la diplomazia, i trattati, i documenti chiave, la religione e soprattutto la Chiesa, in quanto potenza politica mondiale, la Riforma e la Controriforma. Nelle parole di Marx, i passaggi selezionati riguardano la «lotta fra il capitale ed il re». Insomma, riguardano il lungo ed intricato processo della formazione dello Stato in Europa. Anche se occasionalmente Marx, per mezzo di riferimenti e di parentesi, indica degli sviluppi successivi o precedenti, questi estratti sono chiaramente strutturati ed ordinati cronologicamente. Nelle parti pubblicate dall'edizione di Harich, invece ci sono solo pochi commenti scritti dalla mano di Marx. Marx corregge occasionalmente qualche errore fattuale di Schlosser. Dove Marx commenta, lo fa o per riassumere dei lunghi complessi sviluppi (per esempio dei fatti economici che considera come delle presupposizioni per ulteriori sviluppi politici, o dei conflitti politici che si trovano sullo sfondo) o per sottolineare dei singoli eventi, evidenziali ed interpretandoli a modo suo.
In una lunga lista di studi preliminari e di studi sul corso della storia mondiale, che Marx ha inseguito a partire dal 1843 fino agli ultimi anni della sua vita, gli estratti di Schlosser sono solo gli ultimi. Questi studi - che in mancanza di meglio chiamiamo "storici" - sono strettamente connessi allo sviluppo dei suoi studi economici. Gli studi globali, fatti da Marx, della storia europea e di quella non europea. e perciò della storia nel suo complesso - da quella politica, legale, economica e sociale fino alla storia culturale, così come a quella della tecnologia e della scienza - costituiscono la base su cui egli ha costruito la sua analisi politico-economica del capitalismo moderno.
Al Gymnasium, a Treviri, Marx aveva seguito delle buone lezioni di storia. A Bonn ed a Berlino, aveva studiato giurisprudenza ed aveva seguito numerose conferenze sulla storia giuridica romana, medievale e moderna. Come giovane giornalista, aveva capito rapidamente che la conoscenza che aveva dei fatti sociali ed economici non era sufficiente a farlo partecipare a dibatti seri sui problemi economici attuali. Tentò di porre rimediato a tale mancanza, studiando avidamente. Marx è stato autodidatta in storia sociale ed in storia economica, ed anche in economia politica. Per quanto atteneva alla storia giuridica, ad ogni modo, non era così. Gli studi universitari di Marx sono documentati solo in maniera frammentaria - sono arrivati a noi solo pochi testi prodotti durante il suo periodo studentesco. Mentre quelli sulla storia si sono conservati, quelli sulla storia giuridica e su altri argomenti sono andati perduti. Marx aveva cominciato a studiare economia politica nell'inverno 1843/1844, affrontando per primi grandi teorici della scuola francese e della scuola inglese. Fino ad allora li conosceva solo a partire dagli scritti di Hegel, o solo per nome: Say, Smith, Ricardo, MacCulloch, e, last but not least, Friedrich Engels. Nel mese di settembre 1846, cominciò poi a studiare e ad annotare, trascrivendo degli estratti dalla monumentale storia economica di Gustav von Gülich, pubblicata in cinque volumi, dal 1830 al 1845, a Jena. Ai tempi di Marx, il libro di Gülich era un lavoro standard, tutte le persone istruite lo leggevano e lo usavano - ivi compreso il consigliere imperiale a Weimer, Goethe.
[...]
Per Marx, il concetto di storia mondiale non è solamente una categoria storiografica, ma è anche storica. L'ascesa del capitalismo moderno, la sua diffusione in tutta l'Europa e nelle regioni adiacenti di tutto il mondo ha fatto sì che questa fosse una "epoca" nella storia mondiale. E lo ha fatto nel senso enfatico della tesi che Marx ed Engels stabiliscono inizialmente, prima nelle bozze dell'Ideologia Tedesca, e poi nel Manifesto Comunista: solo con il capitalismo moderno, può esserci realmente una storia mondiale. Ciò perché solo il capitalismo moderno crea le basi materiali per una società mondiale con il mercato mondiale, il commerci mondiale, e la finanza mondiale, e con le nuove divisioni internazionali del lavoro che gradualmente inglobano tutti i paesi, le regioni, ed i continenti. Economia mondiale e politica mondiale sono chiaramente combinate nella teoria politica di Marx ed Engels, in cui il capitalismo viene considerato come un sistema economico intrinsecamente espansivo, soprattutto senza confini, quindi come un sistema mondiale. Le sue forme politiche, a partire da una scala e da uno scopo locale e regionale, si espandono fino ad assumere quelle di grandi Stati territoriali dotati di sistemi giuridici unificati e di infrastrutture materiali, fino ad andare oltre il contesto dello Stato nazionale ed il sistema statale basato sulla nazione, nella misura in cui tutti gli Stati "capitalisti" vengono trasformati in degli ibridi, fra Stati nazionali ed imperi (multinazionali, coloniali).
La prima crisi economica mondiale moderna, la crisi del 1857/1858, aveva incoraggiato in Marx ed Engels la convinzione che il mercato mondiale, l'economia mondiale dominata da capitalismo, fosse già diventata una realtà. Il modo di produzione capitalista stava permeando il mondo intero, soddisfacendo in tal modo alla sua missione storica. Ma lo sviluppo del mercato mondiale ed un'economia capitalista mondiale procedevano in maniera assai disuguale: c'era una parte del mondo in cui il capitalismo moderno poteva essere studiato nella sua maturità, mentre in un'altra parte del mondo esso stava ancora appena emergendo, e cominciava a crescere. «Non possiamo negare», scrivevano Marx ad Engels nell'ottobre del 1858, «che la società borghese ha sperimentato per la seconda volta il suo sedicesimo secolo, un XVI secolo che sperò suonerà la sua campana a morto, proprio come fece la prima volta quando la introdusse nel mondo. L'autentico compito della società borghese è quello di dover creare il mercato mondiale, quanto meno a grandi linee, e la produzione basata su tale mercato. Dal momento che il mondo è rotondo, la colonizzazione della California e dell'Australia e l'apertura della Cina e del Giappone sembrerebbero aver completato questo processo».
Tuttavia, sorge la seguente «difficile domanda»: se il modo di produzione capitalista e la società borghese in Europa sono sufficientemente maturi per poter essere superati, forse che una rivoluzione socialista «in questo piccolo angolo della terra» forse non «verrà necessariamente schiacciata [...] dal momento che il movimento della società borghese si trova ancora in una fase ascendente in tutta un'area assai più grande»?
Nei manoscritti de "L'Ideologia Tedesca", il discorso sulla storia mondiale assume - in connessione con Hegel e contro gli hegeliani di sinistra - una nuova forma, assolutamente "materialista":
«Più le sfere separate, che interagiscono l'una con l'altra, si ampliano nel corso del loro sviluppo, e più l'isolamento originale delle nazionalità separate viene distrutto dal modo avanzato di produzione, a causa delle relazioni e dalla conseguente naturale divisione del lavoro tra le varie nazioni, più la storia diventa storia del mondo. Così, ad esempio, se in Inghilterra viene inventata una macchina che priva del pane numerosi lavoratori in India e in Cina, capovolgendo l'intera forma di esistenza di questi imperi, ecco che quest'invenzione diventa un fatto storico mondiale.»
[...]
Ancora una volta, Marx incidentalmente enfatizza questa concezione in una frettolosa nota alla fine della sua Introduzione dell'agosto 1857, sotto forma di nota a margine da elaborare in seguito: «(Influenza dei mezzi di comunicazione. La storia mondiale non esiste sempre: la storia in quanto storia mondiale è un risultato).» Il riferimento ai mezzi di comunicazione qui di fatto non è incidentale: il primo cavo sottomarino era stato posato nel 1851. Nel 1857, l'anno della crisi, venne fatto il primo tentativo di posare un cavo transatlantico per le comunicazioni telegrafiche fra Londra e New York. Questo è accaduto un anno dopo. Inizialmente, il modo di produzione capitalistico nella sua forma pienamente sviluppata - vale a dire, quella del capitalismo industriale - crea un mercato mondiale ed un'economia mondiale; permette, e richiede, una storia mondiale: cioè, azione politica su scala mondiale. A tal fine, i manoscritti del 1857/1858 contengono solo poche tesi potentemente abbozzate: «La tendenza a creare il mercato mondiale è direttamente inerente al concetto stesso di capitale»; inizialmente, il capitale persegue la tendenza ad espandere il mercato su tutti, e attraverso tutti, i confini, per creare nuovi mercati, e «per propagare» ovunque il suo proprio modo di produzione. Solo il capitale «crea la società borghese e l'appropriazione universale della natura e lo stesso nesso sociale da parte dei membri della società».
«Da qui la grande influenza civilizzatrice del capitale; e quindi la sua produzione di una tappa della società al cui confronto tutte le fasi precedenti appaiono essere solamente sviluppi locali dell'umanità ed idolatria della natura. [...] Si tratta della medesima tendenza che porta il capitale ad andare oltre i confini nazionali ed i pregiudizi [...], così come oltre il tradizionale soddisfacimento dei bisogni esistenti e la riproduzione dei vecchi modi di vivere confinati all'interno di una società consolidata e compiaciuta dell'accettazione dei propri limiti. Il capitale è distruttivo nei confronti di tutto questo, e lo rivoluzionalizza continuamente, abbattendo tutte le barriere che impediscono lo sviluppo delle forze produttive, l'estensione della gamma dei bisogni, la differenziazione della produzione, e lo sfruttamento e lo scambio di tutte le forze naturali e spirituali».
[...]
Nei suoi studi storico-politici, così come nei suoi studi storico-economici, Marx diventa sempre più consapevole delle connessioni esistenti fra lo sviluppo dello Stato moderno - anche nel sistema di Stati europei - e lo sviluppo del capitalismo moderno. Il potere statale non solo è la "leva" che ha accelerato l'emergere e lo sviluppo del moderno capitalismo, ma senza una statualità sviluppata il modo di produzione capitalista non può nemmeno essere immaginato. Senza lo Stato non ci sarebbe alcun mercato, non ci sarebbe commercio, né sistema monetario, o creditizio. Senza lo Stato non ci sarebbe nessun sistema della fabbrica, nessun moderno lavoro salariato (e di certo nessuna moderna schiavitù). Qui di seguito c'è uno degli esempi meno noti tratto dai manoscritti economici di Marx; si tratta di un frammento della prima stesura di "Un Contributo alla Critica dell'Economia Politica" (il testo originale, oggi noto come "Urtext"), in cui Marx ha sottolineato la connessione fra lo Stato moderno e lo sviluppo del sistema monetario moderno:
«La monarchia assoluta, che è già essa stessa un prodotto dello sviluppo della ricchezza borghese ad un livello che è incompatibile con le precedenti condizioni feudali, richiede come leva materiale l'esistenza di un equivalente generale - in accordo con il potere generale uniforme che dev'essere in grado di esercitare sé stesso su tutti i punti della periferia - un equivalente della ricchezza nella sua forma sempre-pronta assolutamente indipendente di quelle che sono relazioni individuali, locali, naturali. Serve ricchezza sotto forma di moneta. Pertanto, la monarchia assoluta sta lavorando alla conversione della moneta in un mezzo universale di scambio e di pagamento. Questo può essere stabilito solo per mezzo della circolazione forzata, che fa sì che i prodotti circolino sotto il loro valore».
Qui, Marx descrive una forma storica dello Stato moderno, la monarchia assoluta, il cui modo di esistenza economico, la dipendenza dalle tasse, e l'azione politica richiede la trasformazione di tutte le tasse in tasse monetarie, come leva per lo sviluppo di un moderno sistema monetario, che è il solo ad essere adeguato ad un modo capitalistico di produzione. È l'«epoca dell'emergere della monarchia assoluta» nella quale l'arte della finanza consiste nel trasformare tutti i prodotti in merci e tutte le merci in denaro e, in effetti, "per forza" attraverso il pieno impegno del potere statale. Con il pieno utilizzo del potere dello Stato, tutte le tasse possono essere trasformate, e possono essere imposte, in tasse monetarie. Ed è questa forma di Stato nella sua epoca particolare quella che inizialmente determina una delle precondizioni del capitalismo - una circolazione generale funzionante di beni e denaro, ed una moneta che adempie a tutte le funzioni necessarie dovunque e in ogni momento.
Per cogliere in maniera adeguata questa connessione fra Stato e sviluppo capitalistico, Marx prende in considerazione quello che è il punto più difficile. Ne "Il Capitale" ne considera la fondazione, la "quintessenza" della sua teoria critica: lo "sviluppo del sequel" potrebbe "essere facilmente perseguito da altri, sulle basi fin qui fornite" - ma con la sola eccezione «della relazione fra le varie forme di Stato e le varie strutture economiche della società».
[...]
Al centro si trova lo sviluppo dello Stato moderno, ma considerato (nel senso della concezione storica di Marx ed Engels) come un processo riferito allo sviluppo del commercio, dell'agricoltura, dell'estrazione mineraria, del fiscalismo, e delle infrastrutture spaziali. Molta attenzione viene data alla connessione esistente fra Stato e Legge ed organizzazione amministrativa, così come alla connessione (materialista-storica) fra lo Stato e la guerra o fra l'organizzazione militare e la tecnologia.
Si può solo intuire che cosa avrebbe potuto significare una possibile riformulazione della "linea guida" o "guida allo studio" della concezione "materialista" della storia, così come è stata esposta nel 1859 da Marx (nella prefazione al "Contributo alla Critica dell'Economia Politica"). È chiaro: alla fine del suo lungo processo di ricerca - che era cominciato nel 1844 - ora Marx, nel 1881/1882, sa benissimo che né lo sviluppo del capitalismo, né lo sviluppo dello Stato moderno che ad esso è connesso e che da esso è condizionato, sono unilineari - e quindi non portano sempre allo stesso risultato.
La conseguenza, per il capitale rozzo ed incompiuto, è che diventa assai più difficile riuscire a cogliere che cosa sia tipico di quello che riguarda il "caso generale" o che riguarda la "concezione" generale del capitalismo, o dello sviluppo capitalista, «nella sua media ideale, per così dire»; come ancora formulava in maniera rassicurante Marx nel suo manoscritto del terzo Libro del 1864/1865.
Il caso generale e la media ideale qui si basano sul capitalismo dell'Europa occidentale, come ha ammesso Marx negli anni 1870. Ma una simile comprensione non era la soluzione, bensì era solamente il problema che era nuovamente diventato chiaro: in che modo la teoria generale dev'essere connessa con una «storia ragionata» del capitalismo moderno?
Engels, che sosteneva di non avere alcuna massima, ne aveva enunciata una che lui e Marx seguirono nel momento in cui tracciarono il programma di ricerca
per la «concezione materialista della storia»: «Tutta la storia dev'essere studiata nuovamente». Questo vale anche per tutta la lunga e complicata storia del capitalismo, contro il quale la teoria generale di Marx deve ancora essere dimostrata.
- Michael R. Krätke - Pubblicato il 7/4/2018 su communists in situ -
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