Alcune note su “Everything Must Go! The abolition of Value” di Bruno Astarian e Gilles Dauve
- di Jehu -
Il libro "Everything Must Go! The abolition of Value” di Bruno Astarian e Gilles Dauve fa un'interessante osservazione:
«La nozione di società di transizione, se mai è stata valida, ora è obsoleta e reazionaria»
Quest'asserzione appare come un rifiuto di quella che era una delle proposte più significative di Marx, riguardo al problema pratico di una società nel periodo di transizione dal capitalismo al comunismo. Nella sua "Critica del Programma di Gotha”, Marx affermava:
«Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico transitorio, il cui Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato.»
In un primo momento, sembrerebbe che Astarian e Dauve stiano rifiutando questa formulazione di Marx, e che quindi si stiano ponendo al di fuori di quello che è stato il discorso marxista convenzionale sull'argomento. Tuttavia, il problema con la parafrasi della critica di Marx svolta da Astarian e Dauve consiste - per quel che posso dire - che da nessuna parte Marx parla di una "società di transizione". Marx, piuttosto, parla di un «periodo di transizione politica».
Posso anche sbagliarmi, ma mi sembra che Marx stesse parlando di un qualche periodo di tempo necessario a rifare la società, secondo delle linee diverse da quelle esistenti sotto il modo di produzione capitalista. Questo periodo corrisponde forse ad una "società di transizione"? Oppure corrisponde piuttosto ad una "società in transizione"? E per di più, fra le due formulazioni, sono io che sto forse ponendo una distinzione troppo sottile?
Certo, il testo di Astarian e Dauve lo sto leggendo in inglese. E in inglese c'è una significativa differenza fra una «transitional society» ed una «society in transition». Forse il testo, nella sua lingua originale, chiarisce meglio questa problema. In ogni caso, almeno nel testo inglese, Marx parlava di una «society in transition», e non di una «transitional society». Il periodo di tempo che si richiede per questa transizione può essere lungo o breve, ma si tratta della sua durata, e non dell'edificazione di una diversa società, di transizione, precedente al comunismo.
Dico questo solo perché, se è valido il testo della "Critica del Programma di Gotha", la tesi di Astarian e Dauve è fondamentalmente corretta: «La nozione di società di transizione, se mai è stata valida, ora è obsoleta e reazionaria».
Non solo una simile nozione è «obsoleta e reazionaria», ma è l'idea stessa di una tale nozione che non può essere trovata in nessun testo di Marx ed Engels, né direttamente né indirettamente. Così come è avvenuto per un discreto numero di altre idee diventate popolari fra i marxisti, l'idea di "società di transizione" è stata inventata dai marxisti, dopo la morte di Marx e di Engels. Marx ed Engels hanno parlato di un periodo di transizione, non di una società di transizione. E questo periodo di transizione avrebbe avuto anche uno Stato, ma si sarebbe trattato di una dittatura del proletariato, vale a dire, il proletariato organizzato come classe dominante.
Voglio dire, con franchezza, che ho sollevato questo argomento perché voglio che l'argomento centrale della cosiddetta "tendenza della comunizzazione" sia il più coerente possibile con gli argomenti di Marx. Astarian e Dauve lo fanno nel seguente modo: «Oggi, la rivoluzione comunista definisce sé stessa come abolizione simultanea delle due classi da parte del proletariato comunizzante. Perciò, è l'immediata trasformazione radicale dell'attività, a costituire il superamento di ogni separazione».
In questa tesi, non c'è niente che implichi la formazione/creazione di una nuova società di transizione. Piuttosto, la tesi suggerisce esplicitamente un periodo di transizione, durante il quale le esistenti relazioni sociali capitalistiche vengono comunizzate.
Qui, tuttavia, l'argomentazione logica contenuta nella tesi, comincia ad andare in pezzi, quando gli autori affermano:
«Sono pronto ad ammettere che si richiede una qualche ingenuità per affermare che la comunizzazione non sia poi quel problema così insuperabile».
La rottura che qui emerge non è il risultato di un difetto concettuale, bensì risulta dal tradurre il concetto di comunizzazione in un programma pratico: «Innanzitutto, un'analisi di tutto il movimento della lotta di classe non può fare a meno di comprendere che cosa significhi superare la contraddizione tra le classi».
Come dire che Dauve ammette di non avere la minima idea di cosa significhi praticamente «l'immediata trasformazione dell'attività». Ragion per cui abbiamo il problema di definire il punto finale della transizione:
«In secondo luogo, la contiguità e l'intrico fra rivoluzione e controrivoluzione richiedono che si distingua il più chiaramente possibile quello che fa parte dell'attività di crisi del proletariato, verso il comunismo, e cosa fa parte di ciò che fa retrocedere verso la restaurazione del capitale».
Quindi, il problema affrontato da Astarian e Dauve, vale a dire, i problemi che vogliono affrontare nel nel libro, sono duplici:
- Che diavolo stiamo cercando fi fare? E
- A cosa assomiglierà la società, quando avremo finito di fare quello che stiamo cercando di fare?
Qui, il problema non riguarda solo la scuola della comunizzazione. Sono disposto a scommettere che 999 comunisti su 1.000 non sarebbero in grado di fare il loro "Elevator Pitch". Che cos’é un "elevator pitch”? È qualcosa che riguarda il linguaggio imprenditoriale borghese ed è:
«[Un] breve discorso di vendita; cioè, una sintesi utilizzata per descrivere in maniera semplice e veloce un processo, un prodotto, un servizio, un'organizzazione, o un evento ed il giudizio sul suo valore».
Un buon "elevator pitch" dura circa quanto dura un giro in ascensore. Dev'essere una sintesi del tuo programma che definisca in maniera rapida e semplice che cosa sia il comunismo, e perché il comunismo abbia valore per la persona con cui stai parlando. E una summa succinta degli scopi del comunismo e del perché il comunismo abbia un reale valore sociale per il lavoratore medio. L'elevator pitch di Astarian e Dauve è lungo 222 pagine - decisamente troppo lungo per la corsa media di un ascensore!
La lunghezza del libro in sé non è un grosso problema. Può anche non essere adatto per fare un giro in ascensore, ma il libro può sempre servire ad altri scopi. Il problema è che, dopo 222 pagine, otteniamo questo:
«La teoria della rivoluzione assume una comprensione di quella che è la contraddizione fondamentale della società capitalista. Questa contraddizione ha luogo all'interno della relazione di classe, la quale contiene da sé sola in sé il potenziale per superare il capitale ed abolire le classi, il lavoro, lo sfruttamento, ed il valore. Come abbiamo visto, il prerequisito è la relazione sociale insurrezionale. Rimane ancora molto da fare per poter capire perché ed in che modo la comunizzazione riavvierà la produzione senza che vi siano più misure produttivistiche. Queste domande vanno al di là dello scopo di questo testo».
In questo modo, anche 125 pagine dopo, Astaria e Dauve non riescono ancora a dirci che cosa praticamente significhi la loro concezione di comunizzazione. Né ci possono spiegare perché la comunizzazione offra una qualche speranza per una strategia realistica rispetto alle precedenti strategie, quella leninista e quella socialdemocratica.
- Jehu – Pubblica su The Real Movement -
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